di Pietro Baragiola
Martedì 14 maggio ha avuto ufficialmente inizio la 77° edizione del Festival di Cannes, lo straordinario evento che ogni anno ospita i più grandi artisti dell’industria cinematografica mondiale.
Nonostante il grande clima di anticipazione per i film in gara, la nuova edizione si prospetta particolarmente turbolenta per via del conflitto israelo-palestinese e gli organizzatori del festival prevedono proteste, discorsi a sfondo politico e manifestazioni per le strade della città.
Alla luce delle crescenti minacce contro i rappresentanti di Israele presenti alla competizione, il Comune di Cannes ha preventivamente messo in atto delle misure di sicurezza particolarmente severe: sono state proibite le manifestazioni lungo la Croisette, la strada principale del festival, e una sicurezza privata verrà assegnata come scorta ai giurati.
Inoltre sarà proibito indossare spille in segno di protesta contro la guerra o verso la restituzione degli ostaggi ancora detenuti da Hamas dopo l’attacco del 7 ottobre. La stessa Laura Blajman-Kadar, sopravvissuta al massacro del 7 ottobre, è stata invitata a lasciare velocemente il red carpet dopo aver sfilato con un abito giallo brillante adornato con una fascia con su la scritta “Bring them Home” e le foto dei volti di alcuni dei prigionieri che si trovano a Gaza, tra cui diversi dei suoi amici. Blajman-Kadar si trovava quel giorno al festival musical Nova, riuscendo a fuggire assieme al marito e sette amici, quando hanno sentito gli spari da parte dei terroristi provenienti da Gaza.
Come riporta il Jerusalem Post, al fine di sensibilizzare e aumentare la consapevolezza della gravità dell’attentato terroristico, che in tanti hanno iniziato a dimenticare subito dopo, Laura ha condotto in Francia una campagna mediatica e ha pubblicato un libro, nella speranza che venga pubblicato presto anche in Italia, intitolato Croire en la vie, ‘Credere nella vita’.
“A Cannes la politica dovrebbe essere solo sullo schermo. Per questo motivo abbiamo deciso di bandire questi comportamenti, in modo che l’interesse principale di tutti fosse il cinema” ha dichiarato Thierry Frémaux, direttore del festival, durante una conferenza stampa alla vigilia dell’apertura.
Il segretario generale dell’evento, Francois Desrousseaux, ha voluto ulteriormente rassicurare i partecipanti della conferenza stampa affermando che, per la prima volta, nel Palais des Festivals verranno utilizzate telecamere alimentate dall’intelligenza artificiale e varchi di sicurezza che consentiranno ai partecipanti di passare più velocemente attraverso i controlli senza bisogno di aprire le tasche o le borse.
“Abbiamo avuto 15 briefing sulla sicurezza, rispetto ai soliti quattro o cinque degli anni passati, quindi posso confermare che affrontiamo la questione con grande serietà” ha affermato Desrousseaux, spiegando che un’attenzione ulteriore verrà rivolta al padiglione israeliano.
Il padiglione israeliano
Situato all’interno del Marché du Film, il padiglione israeliano sarà aperto ai visitatori fino al 21 maggio e si dedicherà alla presentazione di progetti dei registi che lavorano nei territori al confine con Gaza.
“L’apertura del padiglione durante questo clima di guerra riflette la resilienza di Israele e il suo impegno nel costruire ponti di cultura e dialogo internazionale anche in tempi difficili” ha affermato il Ministro della Cultura e dello Sport Miki Zohar.
Tra i filmati proiettati vi saranno quelli di alcuni registi del Sapir College di Sderot che si concentrano sugli attacchi missilistici precedenti al 7 ottobre e sui loro effetti nelle vite quotidiane dei residenti della regione.
Uno dei registi presenti al padiglione è Michal Lavi, il cui cognato, Omri Miran, è stato rapito dal Kibbutz Nir Oz ed è uno dei 132 ostaggi ancora trattenuti da Hamas nei tunnel di Gaza.
Per promuovere il dialogo tra le diverse produzioni internazionali, il padiglione israeliano ospiterà anche una cena di Shabbat rivolta a tutti i leader dell’industria cinematografica. Questo evento sarà organizzato come ogni anno da Gadi Wildstron insieme al rabbino Mendel Schwartz e al Chai Center di Los Angeles.
Nonostante nel corso della storia il Festival di Cannes abbia visto numerosi film israeliani ricevere riconoscimenti prestigiosi tra cui il Premio della Giuria 2021 conferito al regista Nadav Lapid per Ahed’s Knee, quest’anno l’unico progetto di Israele ammesso in gara è il cortometraggio It’s not Time for Pop della studentessa Amit Vaknin.
Il cortometraggio di Amit Vaknin
“Sono completamente sopraffatta dall’emozione.” Così ha voluto commentare la 28enne Amit Vaknin ad un’intervista con The Times of Israel, dopo aver scoperto che il suo progetto, It’s not Time for Pop, era stato selezionato al concorso studentesco La Cinef del Festival di Cannes.
Studentessa del terzo anno di cinema della Steve Tisch School of Film and Television dell’Università di Tel Aviv, Vaknin è l’unica israeliana a partecipare all’evento di quest’anno.
Il suo film della durata di 14 minuti segue le vicende di una giovane donna che non vuole celebrare l’annuale commemorazione dello Yom Hazikaron in memoria del padre, ucciso in guerra, ma preferisce trascorrerlo cercando di accaparrarsi un appartamento a Tel Aviv.
Un film che non ha a che fare con i lutti del 7 ottobre ma piuttosto con le proteste contro la revisione giudiziaria che, nel 2023, ha scosso il Paese e, in particolar modo, la città di Tel Aviv.
“Prima di questo scossone non mi ero mai resa conto di quanto amassi Tel Aviv di quanta preoccupazione nutro per lei” ha raccontato la giovane regista.
Il film verrà proiettato il 20 maggio e Vaknin, pur essendo preoccupata per il crescente clima di tensione che circonda il festival, atterrerà a Cannes la sera del 19 maggio per presenziare di persona all’evento.
Per prepararsi ad eventuali proteste, Vaknin ha affermato di aver letto attentamente tutte le regole del festival che condannano il razzismo e i commenti negativi su razza, nazionalità e religione.
“È quello che c’è scritto sul regolamento e spero che tutti lo leggano. Spero di poter tornare da Cannes e dire che nutro ancora speranza nel futuro dell’umanità” ha concluso Vaknin.