di Luciano Bassani, Presidente AME Milano
L’8 maggio scorso, insieme ad un gruppo di medici rappresentanti di varie organizzazioni, fra cui l’Associazione Medica Ebraica di Milano che presiedo, e l’Associazione Monte Sinai, ho raggiunto a Roma la sede del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari. Devo confessare che varcare quel portone, nonostante le molteplici esperienze della mia vita, ha comportato una certa emozione mista a curiosità. A poche centinaia di metri in Piazza S.Pietro una folla gremita aspettava l’uscita del nuovo papa.
Mentre salivo le scale non potevo non pensare che in quei luoghi da 2000 anni si erano tessuti i destini di una gran parte di umanità e che, in particolare, la storia del popolo ebraico, nel bene e nel male ne era stata grandemente condizionata.
Entrati in una grande e sontuosa sala per le riunioni, ci siamo accomodati, ciascuno al proprio posto. Con noi c’era anche l’ambasciatore di Israele presso la santa Sede, Zion Evrony, i rappresentanti della compagnia di bandiera israeliana, El Al e il Presidente dell’organizzazione dei Kibbuzim, Gavri Barghil.
Ad ognuno è stata consegnata una cartelletta con i discorsi del Papa, i programmi dei convegni organizzati dal Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari e un DVD, sempre relativo alle attività del Pontificio Consiglio.
Poi, seguito dai suoi assistenti, ecco l’ingresso di sua Eccellenza l’Arcivescovo Zygmunt Zimowski.
In un ottimo italiano, nonostante la sua origine polacca, l’Arcivescovo ha parlato delle attività del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, del grande interesse che i pontefici, soprattutto l’attuale, Papa Francesco, hanno sempre dimostrato per la cura dei malati e l’entusiasmo mostrato per la proposta avanzata da Enrico Mairov, presidente dell’Associazione Monte Sinai, di nominare il 2016 “Anno della Salute” e connessa ad essa l’idea di organizzare in Israele una serie di eventi.
L’avvicinamento del Vaticano allo Stato d’Israele è emerso anche dal discorso dell’Arcivescovo Zimowski che fra le altre cose ha anche ricordato e ripercorso le tappe del recente incontro fra il presidente di Israele, Shimon Peres e Papa Francesco – un incontro rimasto a lungo segreto e che è stato favorito proprio da Enrico Mairov.
Dopo l’intervento di Zimowski, la parola è passata a ciascuno degli invitati.
In attesa del mio turno pensavo e ripensavo a cosa dovessi o volessi dire; nonostante un breve traccia di presentazione dell’AME che avevo portato con me, avevo da dire e volevo dire tante cose; ma non sapevo cosa potessi dire e cosa no.
Quando è arrivato il mio momento, mi sono presentato, ho spiegato chi ero, quale fosse la mia attività ma poi ho sentito che dovevo dire un’altra cosa: che i medici ebrei in Italia nonostante le avversità hanno saputo lasciare un’impronta in questa società, partendo dalla scuola salernitana per arrivare ai giorni nostri. Ho raccontato, perché bisogna raccontarlo, che a mio padre durante le leggi razziali fu impedito di esercitare la sua professione di medico ma nonostante questo continuò a fare il medico in clandestinità portando aiuto ai più bisognosi. E ho ricordato le letterine, che recentemente ho trovato dentro un cassetto, che le suore e i bambini gli scrissero quando a Fiera di Primiero continuò il suo lavoro in un dispensario per bambini tubercolotici.
E ancora: ho voluto ricordare quanto sia importante per i medici ebrei un rapporto diretto con Israele e quanto la tecnologia avanzata di Israele contribuisca ad aiutare chi soffre menzionando la serata organizzata proprio dall’AME Milano sul Re-Walk, il sistema messo a punto in Israele, che aiuta i paraplegici a camminare.
Ho chiuso il mio discorso con l’auspicio di una durevole collaborazione tra il Pontificio Consiglio, le istituzioni mediche ebraiche e israeliane, e della diffusione del sistema sanitario israeliano (votato dall’OCSE come miglior sistema sanitario al mondo) nei 120.000 ospedali cattolici nel mondo, in un’ottica di razionalizzazione degli attuali sistemi sanitari, a vantaggio del malato e con un notevole risparmio per le finanze degli Stati.
L’interesse dimostrato dal Pontificio Consiglio per la nostra realtà e i nostri progetti fanno ben sperare per il futuro.