di Redazione
Personalità multiforme, appassionata, instancabile, contraddistinta da uno stile unico e uno smisurato amore per Milano e la sua storia. Una città che, nel centenario dalla sua nascita, si prepara a celebrarlo. Parliamo dello scrittore e giornalista Guido Lopez Nunes, la cui vita e la cui opera si articola in un caleidoscopio di attività, interessi e passioni che hanno lasciato nel capoluogo meneghino un inconfondibile segno.
La Fondazione CEDEC inaugura l’11 aprile alle 18.30 la mostra ‘Guido Lopez in mano 1924-2024’, curata da Alberto Cavaglion e Fabio Lopez Nunes, sotto le luci dal 12 aprile al 1° maggio al Memoriale della Shoah di Milano.
Sempre al Memoriale in piazza Safra 1 a Milano sarà presentato 15 aprile alle 18.30 il testo Fàlfal (Essere ebrei è difficile, pericoloso, ma stimolante), con l’attore e drammaturgo Rosario Tedesco, un racconto inedito, prodotto da Ugo Mursia Editore proprio per il centenario di Guido Lopez con i carteggi con Edith Bruck e Primo Levi.
Il 12 aprile, alle 15.30 in piazzale Lavater, si scoprirà inoltre la targa dedicata a Gillo Dorfles e Guido Lopez a fianco delle loro abitazioni. L’intera iniziativa è patrocinata da: Fondazione CDEC, Fondazione Museo della Shoah, Università Popolare di Milano, Fondazione Alberto e Arnoldo Mondadori, Mursia, UCEI, Il Nuovo Convegno e Comune di Milano.
Un’iniziativa che non solo celebra la figura di Guido Lopez, ma accompagna lungo un viaggio di scoperta e di riscoperta di tempi e spazi, condivisi o condivisibili attraverso la sua copiosa opera. Scrivono gli organizzatori: “Perché mettersi in mano a Guido Lopez è un’esperienza utile e anche divertente? Affidarsi a lui conviene, innanzitutto, per conoscere Milano. Milano in mano è il titolo della più fortunata delle sue opere, ma non basta a esaurire l’esperienza di altri viaggi che possiamo fare grazie a lui. Viaggi veri e viaggi immaginari tra i libri e le idee del XX secolo. Si riscopre viaggiando sotto la sua guida l’armonia e la saggezza dell’età liberale, per rifesso della memoria del padre, Sabatino Lopez, commediografo coetaneo e per certi versi antagonista di Luigi Pirandello. Il visitatore di questa mostra ha la possibilità di frugare nella cesta di un guardarobiere, «un portaceste» per usare le parole che Lopez adoperò a proposito di Ruggero Ruggeri. Rivivono i tempi gloriosi di Arnoldo Mondadori; la narrativa italiana del secondo dopoguerra (da Buzzati a Calvino, passando per Sciascia); gli esordi difficili di Primo Levi e la difficoltà di essere ebrei anche nel mondo liberato dal nazifascismo; gli albori luccicanti della pubblicità e il mestiere del copywriter; il legame stretto con il sionismo socialista coniugato insieme agli ideali dell’Università Popolare”.
Storia e storie di Guido Lopez Nunes
Guido Lopez nasce il 2 gennaio 1924 a Milano, figlio di Sabatino Lopez, celebre commediografo di origine livornese, e di Sisa Tabet. Fin dalla giovane età la presenza influente del padre e del fratello maggiore Roberto, che sarà un rinomato medievista e professore all’università di Yale, contribuisce a forgiare il suo percorso di vita, arricchendolo di pensiero e ispirazione.
Abita nei suoi primi anni in largo Rio de Janeiro a Milano, dove frequenta il Liceo Ginnasio Parini di via Goito, ma nel 1938 le leggi razziali lo costringono a lasciare l’istituto. Prosegue gli studi grazie alla scuola aperta dalla Comunità ebraica in via Eupili e ottiene la licenza liceale nel 1942. Fondamentale, qui, l’incontro con Eugenio Levi, che vi insegna. Scriverà Guido Lopez: “Da lui ho appreso che la ricerca della verità è più importante che trovarla”.
Dopo il diploma lavora per qualche mese alla Sonzogno, ma a seguito dei bombardamenti su Milano sfolla con la famiglia sul Lago Maggiore, ad Arona. Manca solo Roberto, suo fratello maggiore, che sin dal ’38, a seguito dell’emanazione delle leggi razziali, si trasferisce negli Stati Uniti. Nel 1943, per sfuggire alla Shoah, Guido Lopez si rifugia in Svizzera, esperienza che ispirerà il suo primo romanzo, ‘Il Campo’, vincitore del Premio Bagutta nel 1948.
“Nel mio libro intitolato ‘I verdi, i viola e gli arancioni’, del 1972 – scriveva Guido Lopez – si legge che sono venuto al mondo il 2 gennaio del 1924 alla clinica Regina Elena di Milano. E a Milano ho vissuto la mia vita da giovane. Ho avuto grandi soddisfazioni nella città del Manzoni, ma anche ambasce per le vicende politiche fra il 1938 e il 1945, che mi hanno costretto a una drammatica fuga. A Milano ho composto i primi saggi di quella che sarebbe stata la mia passione e direi vizio di scrivere, appreso e assorbito da mio padre, Sabatino Lopez, commediografo molto noto per la sua cinquantina di commedie rappresentate nei maggiori teatri di Milano e di Italia, con attori di larga fama, da Ermete Zacconi a Paola Borboni, da Ruggero Ruggeri alle sorelle Gramatica, da Armando Falconi a Sara Ferrati. Insomma, un uomo celebre. Ne fui praticamente contagiato fin da bambino: il mio debutto di scrittore fu a nove anni ed ebbe come ascoltatore addirittura il grande Eduardo De Filippo! Non mi sarebbe dispiaciuto diventare autore teatrale, ma presto mi sono trovato ad adoprare la penna in una diversa direzione”.
Dopo la guerra, entra nell’ufficio stampa della Mondadori, dirigendolo dal 1948 al 1957. Nel frattempo, scrive il suo primo lavoro teatrale, “Fiducia“, rappresentato nel 1947, interpretato dalla Compagnia di Ruggero Ruggeri. Scriverà una seconda opera teatrale, ‘Il padre della Miss’, in scena a Milano nel 1957. Alla Mondadori ha l’opportunità di incontrare alcuni fra i principali autori del dopoguerra, da Elio Vittorini a Georges Simenon, da Ernest Hemingway a William Faulkner, da Marino Moretti a Italo Calvino. Di quegli incontri pubblicherà nel 1972 il volume di memorie ‘I verdi, i viola, gli arancioni’.
Oltre alla sua carriera nel campo dell’editoria, intraprende anche un’intensa attività giornalistica e letteraria indipendente. Collabora con diverse testate nazionali e internazionali. Dal ’48 al ’51 si reca più volte negli Stati Uniti, da dove invia corrispondenze e articoli. Tra le pubblicazioni che riportano la firma di Lopez ci sono ‘Il Giornale di Napoli’, ‘Il Caffè’, ‘Lo Smeraldo’, ‘Epoca’, ‘Nuova Stampa Sera’ e ‘L’Umanità’, ‘Il Ponte’ e ‘Nuova Antologia’, ‘La Fiera Letteraria’, ‘Vie d’Italia’, ‘La Domenica del Corriere’ e ‘Il Resto del Carlino’, al quale invia corrispondenze da Israele nel 1957.
Nel 1949, sposa Gigliola Colombo, con cui va a vivere in via Pancaldo, in Zona Venezia, e da cui avrà due figli, Irene e Fabio. Nel 1953 esce il suo secondo e ultimo romanzo ‘La prova del nove’, edito da Mondadori, società che lascia nel 1957 per occuparsi di pubblicità per l’azienda dolciaria Motta e l’azienda Walter Thompson.
Nel 1965 pubblica con Mursia uno fra i suoi più noti lavori, ‘Milano in mano’, una guida alla città che amava e conosceva anche in numerosi angoli e dettagli, percorrendola nei suoi antichi e storici vicoli e nei tanti cortili stimolato dal fotografo Piero Castellenghi. Un volume che sarà più volte ripubblicato in edizioni successive e ampliate, fino a quella del 2022, aggiornata dal figlio Fabio alle continue trasformazioni che stanno cambiando il volto della città. Dal 1971 al 2002 è inoltre presidente dell’Università Popolare di Milano (fondata nel 1901).
“Con gli anni Sessanta il legame con Milano si è fatto primario – ricordava Guido Lopez -: con un lavoro che mi ha sempre più coinvolto, è nato il volume ‘Milano in mano’, una guida che rappresenta e racconta la città da capo a piedi, dalle cose agli uomini, macinando i secoli, attraverso quindici edizioni, via via rivedute e aggiornate. Una splendida recensione di Dino Buzzati sul “Corriere della Sera” ha aperto la strada del mio appassionato coinvolgimento, in particolare per il periodo sforzesco e per i rapporti col genio di Leonardo da Vinci. Tutto questo mi ha portato a ricevere l’Ambrogino d’Oro dell’Assessorato alla Cultura del Comune”.
Immerso nella ricerca delle radici storiche della sua amata Milano, si dedica all’esplorazione del periodo dominato dalle dinastie dei Visconti e degli Sforza. Attraverso una meticolosa indagine, rivela la ricchezza delle vicende legate alle nozze tra Ludovico il Moro e Beatrice d’Este, narrate in forma epica da Tristano Calco e dettagliatamente descritte da Jacopo Trotti, ambasciatore del duca d’Este, nel volume “Festa di nozze per Ludovico il Moro” (De Carlo, 1976). Questa scoperta lo spinge a produrre una serie di opere storiche e narrative incentrate sul Rinascimento milanese, concentrandosi su Ludovico e il suo celebre collaboratore, Leonardo da Vinci. Tra le sue pubblicazioni in questo ambito, spiccano ‘La roba e la libertà’ (Mursia, 1982), ‘Moro! Moro!’(Camunia, 1992), ‘I Signori di Milano’ (Newton & Compton, 2003), ‘Storia e storie di Milano’ (2005) ‘Breve storia di Milano’ (2012). Collabora con Partipilo e Celip per la creazione dei testi dei volumi fotografici dedicati alla città, realizzati da fotografi illustri come Mario De Biasi e Fulvio Roiter, che esplorano i cortili, le chiese, lo stile liberty e i Navigli, offrendo uno sguardo affascinante sulla bellezza e la storia del capoluogo. La sua Milano la racconta anche in vari suoi scritti e corsivi sulle pagine di ‘La Repubblica’ e ‘Il Giorno’.
Attivamente coinvolto anche nella vita della Comunità ebraica milanese, ne diventa consigliere e contribuisce in modo significativo alla promozione della cultura ebraica attraverso le sue numerose pubblicazioni, tra cui spiccano i suoi contributi su ‘Rassegna Mensile di Israel’ e ‘Sorgente di vita’. È un ebreo non religioso, laico, ma “nel senso completo e totale del termine”, come dirà il figlio Fabio.
Per il suo impegno professionale e civico è onorato oltre che con l’Ambrogino d’oro anche dalla Medaglia di riconoscenza della Provincia. La sua scomparsa è avvenuta a Milano il 3 dicembre 2010, lasciando un vuoto significativo nella comunità intellettuale ebraica e nella città stessa. Nel 2013 il Ministero per i Beni Ambientali Culturali e Turismo riconosce l’interesse nazionale del suo archivio, il cui epistolario è conferito e catalogato alla Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori con sede nella sua Milano.
Commenti e omaggi del mondo ebraico e culturale
“Il centenario dalla nascita di Guido Lopez, con la mostra e la pubblicazione a lui dedicata – dice Noemi Di Segni, presidente UCEI – offre l’occasione di immergersi in un mondo scomparso con la seconda guerra mondiale e solo parzialmente ricostruito grazie al tenace impegno di chi ha sempre agito con quel senso di appartenenza identitaria – alla propria città e al popolo ebraico – nella convinzione che comporta anche una responsabilità di contributo culturale concreto e tangibile. Con leggerezza abbinata al rigore, capacità di interazione facile con ambienti e personaggi anche lontani dallo schema culturale italiano ma parte dell’habitat naturale di quell’ebraismo, capace di lanciarsi in avanti e attingere a secoli di saperi. Esempio di un approccio all’ebraismo che non si è mai chiuso in sé anche quando costretto alla segregazione e soggetto a dolorose discriminazioni. Guido Lopez, figura eclettica, di spessore e orgoglio italiano, è l’esempio di quanto sia ampio il contributo ebraico alla cultura e al sapere italiano in diversi ambiti e contesti, da fare conoscere e apprezzare anche a distanza di decenni, mai affievolito. Specialmente oggi in un momento di grave preoccupazione per i rinnovati atteggiamenti discriminatori è da condividere l’impegno profuso dei familiari nel valorizzare il suo lascito di opere e di morale, al quale uniamo il nostro giusto e doveroso impegno di omaggiare la sua memoria”.
“Ho conosciuto Guido Lopez quando ero ancora bambino dato che il rapporto tra le nostre famiglie risaliva all’amicizia tra mio nonno Federico ed il papà di Guido, Sabatino – ricorda Roberto Jarach, presidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano -. L’ho sempre considerato come uno di famiglia per i rapporti amichevoli e di reciproca stima con mio papà, ma soprattutto come uomo di grande cultura impegnato nella rinascita della Comunità Ebraica del dopoguerra. Esponente molto conosciuto in città del Consiglio della Comunità con Marcello Cantoni Presidente, sensibile alle esigenze degli ebrei milanesi, di nascita e di adozione, impegnato nel sostegno del neonato Stato di Israele. Ho imparato molto da lui al mio esordio in Consiglio ma ho anche potuto apprezzare e valorizzare aspetti della nostra città che lui ha voluto e saputo descrivere con quella vena letteraria ereditata dal padre”.
“Guido Lopez è stato un raro esempio di intellettuale impegnato su più fronti contemporaneamente, un “battitore libero”, una personalità originale, lontano dagli schemi e dalle costrizioni proprie di istituzioni burocratiche quali le università e altre – scrive Giorgio Sacerdoti, presidente CDEC -. Un laico nella profondità del suo animo. Ne ricordo anzitutto l’impegno ebraico nella miglior tradizione italiana, come animatore culturale, mente critica, brillante conferenziere, capace di dialogare efficacemente con persone lontane dalla nostra esperienza. In secondo luogo, il cultore della città di Milano, delle sue tradizioni e bellezze nascoste, capace di farla amare e diffondere la conoscenza dei suoi tesori, soprattutto quelli nascosti. Il suo “Milano in Mano” resta un esempio insuperabile di una guida diversa, una presentazione arguta ma comunque affidabile, che unisce storia, arte e notazioni di vita quotidiana in un connubio originale improntato di facile e appassionante lettura, prima e dopo di intraprendere una visita”.
“Talvolta la vita ci propone misteriose e articolate connessioni, che ci legano indissolubilmente non solo alle persone, quanto alle famiglie, alle “dinastie” culturali – pubblica Ermanno Arslan, presidente Università Popolare di Milano -. Quando, da studente universitario, negli anni ’60 del secolo scorso, accompagnavo alle riunioni del Comitato Scientifico del CISAM di Spoleto, allora appena fondato, mio Padre Wart Arslan, storico dell’arte, conobbi uno dei suoi più cari colleghi ed amici, Roberto Lopez, figlio di Sabatino, che era già presente nelle mie letture. Roberto, forse anche legato a mio padre dalla naturale solidarietà tra coloro che recano con sé terribili memorie, l’ebreo e l’armeno, mi prese immediatamente a ben volere, divenendomi subito da maestro amico, per quanto era possibile con un gigante della cultura qual era. Lasciandomi mi donò un suo “estratto”, con dedica: “A Ermanno, con amicizia ereditaria”. Non molti mesi dopo, grazie a carissimi amici comuni, conobbi, anzi “riconobbi”, l’altro Lopez, Guido, che mi divenne amico ancor più caro. Il dialogo iniziato con Roberto proseguì con lui, spontaneamente, con naturalezza. Con Guido compresi Milano. Mi fu esempio e modello la sua capacità di muoversi nella quotidianità della grande città del passato così come si muoveva nel presente, a tutti i livelli, forte della sua cultura elegante e raffinata, della sua inesauribile curiosità, della sua straordinaria umanità. La sua amicizia mi fu fondamentale perché riuscissi a fare mia la mia Milano, a sentirmi parte di essa, anche se venivo da mondi lontani. Forse proprio per questo, perché venivo da lontano, più di quanto sospettassi, su una strada parallela alla sua. Mi condusse così a conoscere i milanesi veri, nel luogo meraviglioso creato dai Lopez a loro immagine, l’Università Popolare, dove qualsiasi avventura dello spirito prendeva forma, dove ci si trovava al centro dell’affascinante caleidoscopio della società milanese, sempre in movimento, sempre diversa. Non fu un caso quindi, che Guido, quando percepì avvicinarsi le ombre della sera, mi volle accanto a sé e mi abbia affidata la sua creatura”.