di Ilaria Ester Ramazzotti
“Mai più. Gli ex deportati e i partigiani l’hanno giurato”. Queste le parole rivolte agli studenti delle scuole e a tutti i milanesi accolti a Palazzo Marino il 29 gennaio per il Giorno della Memoria 2019. Parole che dato il titolo e titolo alla cerimonia svolta nella sede del Comune di Milano in piazza della Scala, aperta dal sindaco di Milano Beppe Sala. Nel corso della mattinata, a parlare e a portare la loro testimonianza sono intervenuti Carlo Borghetti, vicepresidente del Consiglio Regionale, Giuliano Banfi, vicepresidente di ANED Milano e figlio del deportato Gianluigi Banfi, Gadi Schoenheit, consigliere della Comunità Ebraica di Milano, consigliere della Fondazione Memoriale della Shoah e figlio del deportato Franco Schoenheit, Floriana Maris presidente della fondazione Memoria della Deportazione, che ha coordinato l’evento.
L’iniziativa è stata promossa da Comune di Milano, Comunità Ebraica di Milano, CDEC, Memoriale della Shoah, Fondazione Memoria della Deportazione, Comitato Permanente Antifascista.
Deposizione della corona commemorativa all’ex-Albergo Regina
L’incontro è stato preceduto dalla cerimonia di deposizione delle corone commemorative alla lapide dedicata ai partigiani, ai resistenti e agli ebrei che furono prigionieri o interrogati nelle stanze dove si insediò il quartier generale della Gestapo, nell’ex-Albergo Regina in via Silvio Pellico 7, nel centro cittadino. Sono intervenuti Lamberto Bertolé, presidente del Consiglio comunale di Milano, Roberto Cenati, presidente Anpi Milano, Milo Hasbani, copresidente della Comunità Ebraica di Milano, il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giorgio Mortara, il presidente del Memoriale della Shoah di Milano Roberto Jarach.
Di fronte alla lapide, Roberto Cenati ha detto che: “Per ben sessantacinque anni, Milano, capitale della Resistenza, ha completamente rimosso il fatto che a due passi dal Teatro alla Scala si trovasse un luogo di morte e di sofferenza. Questo significa che si è verificata una pericolosa rimozione delle tragedie del secolo scorso”. “A settantaquattro anni dalla liberazione di Auschiwitz, di Mauthausen, dei lager nazisti, siamo fortemente preoccupati per le recrudescenze neonaziste, antisemite, xenofobe e razziste”.
L’incontro con gli studenti in Sala Alessi a Palazzo Marino
Mantenere sempre il monito dei fatti della Shoah e mai cadere nell’indifferenza che, parafrasando Liliana Segre, “è più colpevole della violenza stessa, è l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte, di fronte alle sofferenze della gente”. Questo il messaggio che ha permeato le testimonianze riportate agli studenti raccoltisi in Sala Alessi.
Beppe Sala ha invitato a riflettere sulla memoria, sul presente e il futuro perché “ricordare è fondamentale e dobbiamo costruire una Milano aperta, democratica e tollerante”, esortando i giovani a “credere nell’Europa unita, sorta dalle ceneri di Auschwitz”. “Milano porta i segni della Shoah. Le pagine buie della nostra storia, come il rastrellamento degli ebrei o il binario 21, sono affiancate da innumerevoli testimonianze di resistenza alla follia nazifascista. Le vite spezzate dei tanti ebrei milanesi sono parte della nostra città, simbolicamente impresse nelle pietre d’inciampo, per ricordarci ogni giorno che tutto questo è successo e che ogni volta abbiamo la possibilità di decidere da che parte stare”, ha sottolineato il sindaco di Milano in un tweet.
Gadi Schoenheit, figlio di Franco Schoenheit, deportato e sopravvissuto a Buchenwald, ha rimarcato la necessità ancora attuale di confrontarsi con la storia, poiché molti italiani diedero il loro consenso al fascismo e a Mussolini. Molto più delle parole del duce, più delle leggi razziali, “devono impressionare il consenso e gli applausi del milione di persone che in piazza a Trieste nel 1938 presenziarono all’annuncio della promulgazione delle leggi razziali. E con questo la storia non ha ancora fatto i conti”. L’Italia fu dunque corresponsabile di quanto accaduto per mano dei nazisti.
A proposito di scelte di non indifferenza e di opposizione politica ha portato la sua testimonianza Giuliano Banfi, figlio dell’architetto milanese Gian Luigi Banfi, che scelse la via dell’antifascismo attorno al 1938, fu uno dei fondatori del Partito d’Azione e partecipò alla Resistenza. Arrestato nel 1944 per una delazione, fu deportato a Mauthausen e poi a Gusen, dove morì nel 1945.
Ha posto l’accento sulla necessità di discernere e agire anche Carlo Borghetti, secondo cui “dobbiamo vigilare perché niente è più scontato ai nostri giorni. L’indifferenza fu il punto di partenza dell’Olocausto. Opponiamoci alle discriminazioni di ogni tipo e di fronte a quanto succede non cadiamo mai nell’indifferenza”.
Floriana Maris ha ricordato come “il messaggio della memoria deve dirci oggi che il presupposto di qualunque pace sono i diritti fondamentali dell’uomo: il riconoscimento e il rispetto delle diversità, l’accoglienza, l’integrazione, il diritto al futuro”.