di Ilaria Ester Ramazzotti
Figure femminili uniche, madri e donne dalla tempra d’acciaio. A molte di loro si deve la creazione dell’Europa unita celebrata oggi in una Giornata speciale. La data del 9 maggio segna l’anniversario della dichiarazione in cui l’allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman espose l’idea di una nuova collaborazione politica che avrebbe reso impensabile la guerra tra le Nazioni europee. Ponendo le basi di quella che oggi è l’Unione europea
Provengono da paesi, città, esperienze e ambienti diversi, parlano varie lingue e hanno svolto studi o professioni differenti, ma hanno molto in comune. Sono donne, democratiche, antifasciste, fortemente impegnate nella politica e nel sociale. Sconvolte dalle guerre e dagli anni bui del Novecento, perseguitate perché ebree e oppositrici, spesso colpite in prima persona e nei propri affetti, hanno con convinzione nutrito principi e sogni di democrazia e libertà, anche quando il quadro storico era loro avverso. Ancora, le accomuna l’aver dedicato il loro impegno alla costruzione di una Europa pacifica e “dei cittadini”, unita da valori e diritti sociali prima ancora che da interessi e progetti di tipo economico. Fra le madri dell’Europa unita, a volte in ombra rispetto ai loro colleghi padri fondatori dell’Unione, ci sono anche forti personalità ebraiche. Ne ricordiamo di seguito alcune, con le loro storie e le loro battaglie che hanno contribuito a far nascere e a forgiare un continente nuovo.
Simone Veil, presidente
Come non pensare subito a Simone Veil, nata a Nizza da genitori ebrei parigini nel 1927, la prima donna presidente del Parlamento europeo, dal 1979 al 1982, ma anche il primo Presidente del Parlamento direttamente eletto a suffragio universale, con le prime elezioni internazionali della storia. Sono tre i capisaldi dell’impegno politico e umano che caratterizza tutta la sua vita: la memoria e la didattica della Shoah, l’emancipazione delle donne e la costruzione di un’Europa democratica e pacifica. Un’Europa sognata dalla fine della Seconda guerra mondiale, quando la giovane Simone Jacob, in seguito coniugata Veil, sopravvive ai lager di Auschwitz e Bergen-Belsen ritrovandosi al centro di un continente distrutto. Un sogno che la porta a diventare avvocata, magistrato, segretario del Consiglio superiore della magistratura in Francia, parlamentare e più volte ministro della Repubblica francese, socio fondatore e presidente onorario della Fondation pour la Mémoire de la Shoah e componente della prestigiosa Académie Française. Per il contributo dato all’unità europea, nel 1981 riceve il premio Carlo Magno. Nel 2005 conduce la campagna a favore del trattato che adotta la Costituzione per l’Europa. Dal 2011, la piazza di fronte all’edificio principale del Parlamento europeo a Bruxelles è denominata “Agorà Simone Veil”.
Ursula Hirschmann, a Ventotene
Ci piace poi ricordare Ursula Hirschmann, protagonista di una vita intessuta a livello internazionale e in Italia. Nata nel 1913 a Berlino in una famiglia ebraica e borghese, di formazione antifascista, si oppone fin da giovane prima al nazismo in Germania e poi al fascismo nella Penisola, dove si trasferisce dopo aver sposato Eugenio Colorni, filosofo, antifascista e socialista italiano. Un marito che non esita a seguire anche quando viene arrestato e mandato al confino a Ventotene. Ma è proprio sull’isola ponziana che Eugenio Colorni, insieme a Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, contribuisce alla redazione del Manifesto di Ventotene “per un’Europa libera e unita”, considerato il punto di partenza del federalismo europeo e uno dei testi fondanti dell’Unione Europea. Una dichiarazione politica che, in pieno conflitto mondiale, invita a una rottura con il passato per formare un nuovo sistema politico europeo attraverso la ristrutturazione della politica e una profonda riforma sociale. Ursula Hirschmann, insieme alla partigiana e antifascista italiana Ada Rossi, anch’essa ritenuta una delle madri d’Europa, supporta e favorisce la diffusione del Manifesto. Lasciata Ventotene, le due donne organizzano, nel 1943 a Milano, la prima riunione costitutiva del Movimento Federalista Europeo, a cui partecipano Altiero Spinelli, Nicolò Carandini, Ernesto Rossi e Luciano Bolis. L’anno successivo, Eugenio Colorni viene assassinato dai fascisti a Roma. In seguito, Ursula Hirschmann sposa in seconde nozze Altiero Spinelli in Svizzera, dove collabora a internazionalizzare il movimento, che apre il suo primo congresso a Parigi nel 1945. Ma l’impegno politico di Hirschmann non si conclude col finire della Seconda guerra mondiale. Madre di sei figlie, nel 1975 fonda a Bruxelles l’associazione Donne per l’Europa.
Louise Weiss, la pacifista
Sulla scena internazionale, a partire dagli anni Venti, è attiva Louise Weiss, nata ad Arras in Francia il 25 gennaio 1893, la maggiore di sei figli di una famiglia alto-borghese di origine protestante ed ebraica. Politica e giornalista, sconvolta dalla Prima guerra mondiale, dedica la sua vita alla pace scrivendo e lottando a favore del suffragio femminile e dei diritti sociali. Nella Seconda guerra mondiale contribuisce a salvare bambini ebrei dai nazisti e si unisce alla Resistenza francese. Poi viaggia in tutto il mondo e scrive per quotidiani e riviste francesi a proposito del ruolo di primo piano che l’Occidente e l’Europa dovrebbero assumere per promuovere i valori della democrazia a livello globale. Nel 1979 viene eletta al Parlamento europeo. Nel suo discorso inaugurale invita tutti gli europei a unirsi sulla base di una cultura comune e non solo per interessi economici condivisi. Rimane membro del Parlamento europeo fino alla morte nel 1983, diventando l’eurodeputata più anziana. A lei è dedicato l’edificio del Parlamento europeo a Strasburgo, in riconoscimento del suo impegno a favore dei valori europei.
Éliane Vogel-Polsky, avvocata
Figlia di genitori russi ebrei, immigrati in Belgio dopo la Prima guerra mondiale, Éliane Vogel-Polsky è invece una avvocata, giurista e accademica nota per la sentenza favorevole, ottenuta di fronte alla Corte di Giustizia della CEE, per la diretta applicabilità dell’articolo 119 del Trattato di Roma. Il Trattato, firmato nel 1957, è istitutivo della CEE, Comunità Economia Europea, fra Francia, Germania Ovest, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo, mentre l’articolo 19, rimasto inizialmente e a lungo inapplicato, stabilisce la parità salariale fra uomini e donne. La sentenza ottenuta da Vogel-Polsky è alla base dell’orientamento e dell’azione successiva della stessa Corte di Giustizia e di alcuni sviluppi legislativi comunitari, tuttavia ritenuti da lei ancora non sufficienti. Critica infatti l’incompiutezza, in fatto di parità, sia del Trattato di Maastricht del 1992 sia di quello di Amsterdam del 1999, nonostante i notevoli avanzamenti contenuti sul tema e l’indiscutibile contributo che lei stessa ha dato. A partire dagli anni Sessanta e per tutta la sua vita, Éliane Vogel-Polsky lavora affinché la parità dei diritti tra i sessi diventi sostanziale. Collabora infine con la direzione generale per gli Affari sociali della Commissione europea e con il Consiglio d’Europa, occupandosi di diritti sindacali e dell’armonizzazione delle legislazioni sociali nazionali con quelle europee.
Queste sono le donne (ebree) che hanno “fatto” l’Europa. Vogliamo però pensare anche alle tante donne meno conosciute, di cui non conosciamo le biografie, attive nel loro territorio e nel quotidiano senza le stesse opportunità di studio, lavoro e partecipazione alla vita pubblica. Alcune vittime delle Leggi razziali, della Shoah e della repressione politica. Molte ebree sono state, in vari modi, parte dell’antifascismo, dei movimenti di resistenza europei, della Ricostruzione nel Dopoguerra, di lotte, conquiste e vicende dei decenni successivi, fra cui la costituzione dell’Europa unita.
Foto in alto: Louise Weiss