di Anna Balestrieri
Rav Alfonso Arbib, Presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana e Rabbino Capo di Milano, e Maurizio Molinari, ex Direttore di Repubblica, hanno offerto, domenica 26 gennaio, una riflessione intensa e coinvolgente sul valore della memoria della Shoah in un mondo martoriato da un antisemitismo trasversale per commemorare, anche quest’anno, l’apertura dei cancelli di Auschwitz.
Il dialogo nella sinagoga centrale di Milano in via Guastalla, organizzato dalla Comunità ebraica di Milano, (trasmesso sulla piattaforma Zoom per essere seguito da più di 80 partecipanti online), arricchito da spunti storici, etici e attualissimi, ha sottolineato l’importanza di preservare il ricordo della Shoah come guida morale per le nuove generazioni. Un’occasione che ha saputo combinare introspezione, confronto e un invito concreto all’azione.
Il ricordo come precetto religioso
Il Giorno della Memoria 2025 ha rappresentato un’occasione unica di riflessione sulla centralità del ricordo nella cultura ebraica e sul significato della Shoah nel contesto della storia universale.
Rav Arbib ha aperto il dibattito ricordando che, nell’ebraismo, la memoria è un precetto religioso. Il ricordo non è un atto passivo, ma una pratica attiva e identitaria che guida il popolo ebraico. Come nell’Haggadah di Pesach, in cui ci si immedesima nella sofferenza degli schiavi in Egitto attraverso simboli come le erbe amare, così il ricordo della Shoah richiede un coinvolgimento emotivo, una partecipazione quasi impossibile ma necessaria. “Rivivere il dolore è un dovere”, ha sottolineato il rabbino.
Collegare passato e futuro
Molinari ha posto una domanda cruciale: come si può mettere in relazione la memoria della Shoah con altre tragedie storiche, come la distruzione dei Templi o la cacciata dalla Spagna? Rav Arbib ha risposto enfatizzando che la Shoah non è un evento isolato, ma parte di una lunga storia di persecuzioni, come i massacri dei cosacchi o le leggi sulla purezza del sangue in Spagna. La prima documentata risale al 1144, alla prima accusa di complotto ai rabbini di Norwich. “Niente si ripete in modo identico, ma i punti comuni aiutano a ricordare,” ha osservato. Collegare il passato al presente è essenziale per costruire il futuro.
Antisemitismo e negazione
Un tema centrale dell’incontro è stato l’antisemitismo recente. Rav Arbib ha messo in guardia contro il pericolo di cancellare la memoria della Shoah, spiegando che ciò aprirebbe la strada alla legittimazione dell’odio antiebraico. L’antisemitismo, ha affermato, non si presenta solo come odio manifesto, ma anche come “antisemitismo dei buoni,” gli intellettuali che si sentono portatori di un’ideologia giusta, che tuttavia nega il legame storico e spirituale degli ebrei con la terra di Israele.
Israele: forza e resilienza
Il ruolo dello Stato di Israele è stato un altro punto focale della discussione. Nella visione di Rav Sachs, pur riconoscendo la tragedia, è fondamentale non cristallizzarsi nel ruolo di vittime. La forza di Israele, come ha sottolineato Molinari, risiede nella capacità di risollevarsi, nell’amore per la vita e nella passione che animano il popolo ebraico.
Relazioni con la Chiesa e il mondo
Si è discusso infine delle reazioni internazionali agli eventi recenti. Rav Arbib ha descritto la reazione della Chiesa al massacro del 7 ottobre come “estremamente prudente”. La posizione del Vaticano nei confronti di Israele e dei suoi ostaggi è stata di “scarsa empatia“, evidenziando la fragilità del dialogo ebraico-cristiano. In questi mesi, la Chiesa ha posto l’accento sulla solidarietà con la popolazione di Gaza, mettendo quella nei confronti di Israele, percepito come forte e sopraffattore, decisamente in secondo piano.
Il clima in città
L’evento ha lasciato una lezione chiara: l’antisemitismo endemico, che sembrava appartenere al passato, può ripresentarsi in forme nuove e subdole. Solo attraverso un ricordo attivo e consapevole possiamo sperare di contrastarlo. È stata ricordata la lezione di Furio Colombo all’indomani degli attacchi di Saddam con i missili Scud: dal lamento del giornalista per l’indifferenza globale verso l’antisemitismo e dalla sua attività politica è nato il Giorno della Memoria in Italia.
L’evento per il Giorno della Memoria 2025 non è stato solo una commemorazione, ma un richiamo potente alla responsabilità collettiva di mantenere viva la memoria per garantire un futuro più giusto.
La Comunità ebraica di Milano ha deciso di non partecipare all’evento organizzato a Palazzo Marino per il Giorno della Memoria, a causa di tensioni con l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia). Il motivo principale del ritiro è attribuito a una percezione di “eccessiva politicizzazione” da parte dell’ANPI e all’uso del termine “genocidio” in riferimento al conflitto Israele-Hamas, considerato inaccettabile dalla Comunità ebraica. A causa di queste polemiche, il presidente dell’ANPI nazionale Roberto Cenati aveva rassegnato l’anno scorso le proprie dimissioni, ricordando che “libertà non significa dire qualsiasi cosa vogliamo.”
Il presidente della Comunità ebraica, Walker Meghnagi, ha ricordato che la memoria della Shoah non dovrebbe essere strumentalizzata o paragonata a eventi contemporanei, come quelli in corso a Gaza. Anche il direttore del Museo della Brigata ebraica, Davide Romano, si asterrà dagli eventi, denunciando un clima antisemita crescente.
L’ANPI respinge le accuse, evidenziando il proprio impegno contro l’antisemitismo durante tutto l’anno e contestando la decisione della Comunità ebraica come divisiva.
Permangono inviti da parte del Comune e del Partito Democratico a mantenere l’unità in occasione del Giorno della Memoria.