2015: L’anno nero di Israele, luci e ombre di questi 12 mesi

Israele

di Roberto Zadik

 

israeleSiamo ormai agli sgoccioli di questo turbolento e violento 2015 che è stato, fin dai primi di gennaio, con l’assalto al negozio ebraico “Hypercacher”  e le violenze che hanno scosso la scena internazionale, un anno molto pesante. Questo vale anche e soprattutto per Israele con una spirale di attentati scatenatasi specialmente da settembre in poi.

Ma cosa ne pensano gli opinionisti e cosa è successo in questi mesi nello Stato ebraico? A fornirne un quadro esaustivo sono i giornalisti dell’autorevole sito Ynet, che nel silenzio di molti media italiani e europei, ha ricostruito con precisione accadimenti, fenomeni sociali e episodi di cronaca avvenuti in questo periodo. E’ il caso del giornalista e opinionista Sever Plocker, vincitore nel 1998 del prestigioso “Sokolow Award” premio israeliano per il giornalismo investigativo che ha pubblicato un analisi molto pungente e interessante dell’attuale situazione israeliana.

“Israele entra nel 2016 con la stessa sacca di problemi che aveva in passato solo che essa è più pesante” ha subito sottolineato,  indicando per punti alcune delle difficoltà e delle sofferenze che, a suo parere, si sono aggravate in questi mesi.

Ma cosa sta succedendo nello Stato ebraico? Sebbene quest’anno il Paese abbia raggiunto alti livelli tecnologici, a quanto pare il sostegno internazionale si è abbassato mentre il conflitto coi palestinesi, si è inasprito e anche l’economia sta vivendo una battuta d’arresto. Un quadro molto cupo ma purtroppo realistico quello rappresentato da Plocker che ha confermato notevoli difficoltà anche in campo politico come l’inesistenza di un attuale accordo di pace concreto e di qualche possibile tregua parziale all’orizzonte.

Gli accoltellamenti, tremendo fenomeno di quest’anno, sono diventati, secondo il cronista, “una routine” così come ha ironizzato tristemente, la “neutralizzazione, parola chiave di quest’anno, dei terroristi e del terrorismo”. Molto critico il suo punto di vista è sincero e tagliente e parla di una radicalizzazione della violenza palestinese diventata una macabra danza della morte.

Ma quali sono le cause dell’inasprimento delle violenze? Responsabili di questo, a suo avviso, sono i social network che sono diventati dei cancelli aperti, dice Plocker, per la follia, la xenofobia e la pura demagogia. Mai come adesso la gente ha scritto parole tanto velenose, pericolose e folli in questo tipo di mezzo di comunicazione. Da segnalare, a suo parere, anche gli eccessi del mondo musulmano che sta degenerando spesso e volentieri in estremismi, derive  jihadiste e guerrafondaie,  infatti il caos e la brutalità stanno dominando anche nei Paesi arabi, molti dei quali accettando queste idee decadenti sono andate indietro di decenni, se non di secoli e il sangue scorre abbondantemente e inarrestabilmente.

Il pensiero israeliano, sempre secondo il giornalista, tace nello sforzo supremo di seppellire la testa sotto la sabbia scambiando per questioni marginali, problemi fondamentali e spesso i politici. I  commentatori e gli attivisti si sono occupati di questioni di nessuna importanza accantonando ciò che era urgente. Continuando il suo approfondimento, l’opinionista Plocker, ha “bacchettato” anche la Sinistra Sionista sprofondata nel populismo e in una sorta di “silenzio impotente” come l’ha causticamente definito riguardo a questioni delicate a livello morale e nazionale e mai come ora così tanti membri della sinistra israeliana si sono dilungati in discorsi e slogan inutili sul gas e l’ecologia.

L’opinionista non risparmia nessuno, dalla sinistra, ai palestinesi alla destra israeliana che come ha detto “va per conto suo marciando indipendentemente da tutto e il tentativo storico di Ariel Sharon di stabilire un centrodestra moderato è stato completamente accantonato e la tradizione di Menachem Begin è stata completamente schiacciata”. In conclusione, l’editorialista ha espresso la sua preoccupazione anche a livello geopolitico e internazionale sui Isrele e mondo ebraico. Specialmente riguardo  le alleanze dell’Iran con l’Occidente e il Medio Oriente per i quali Israele, invece, “è diventato un nemico”. Il movimento antisionista e l’antisemitismo, si stanno espandendo a livello mondiale e anche negli Stati Uniti che sono sempre stati amici di Israele. A questo, ha concluso l’editorialista di Ynet “si aggiunge che l’economia non cresce, le esportazioni sono crollate e non andremo molto lontano in questo modo”. “Anche un ottimista come me “ ha sottolineato “deve ammettere che il 2015 è stato un anno molto negative per Israele”.