di Anna Balestrieri
È di tre morti e cinque feriti il bilancio provvisorio dell’ultimo attacco avvenuto a Ramot, un insediamento ebraico di Gerusalemme est. Il responsabile è Hussein Qaraqa, un trentunenne palestinese di Isawiyah con cittadinanza israeliana che lavorava nelle costruzioni ed era stato recentemente vittima di un incidente sul lavoro. Fonti palestinesi lo definiscono un soggetto disturbato.
L’attacco di venerdì, sferrato alla vigilia dell’entrata dello Shabbat, ha inizialmente ucciso Alter Shlomo Lederman, un giovane ventenne studente di yeshiva appena sposatosi ed un bambino di sei anni residente nel quartiere, Yaakov Paley. Il giorno dopo è morto anche il fratellino di 8 anni, Asher Menahem Paley, che era stato ricoverato in gravi condizioni.
L’attentatore a bordo di una Mazda blu si è schiantato sulle persone che stavano aspettando alla fermata dell’autobus. Tra i feriti un altro bambino, di otto anni, ora ricoverato in condizioni critiche. Gli altri coinvolti, di età compresa tra 10 e 40 anni, erano in condizioni da moderate a gravi. Le vittime sono state portate negli ospedali Shaare Zedek e Hadassah Mount Scopus.
A fermare provvidenzialmente l’attacco un ufficiale armato fuori servizio.
Lo speronamento dell’auto arriva solo due settimane dopo l’attacco palestinese del giorno della memoria, che ha ucciso sette persone fuori da una sinagoga a Gerusalemme.
Le reazioni politiche
L’attentato è l’ultimo episodio di un escalation di violenze tra israeliani e palestinesi, tra l’ascesa del governo più di destra della storia israeliana e un profondo vuoto politico tra i palestinesi nella Cisgiordania.
Parlando sulla scena, il ministro della sicurezza nazionale e leader del partito di estrema destra Otzma Yehudit Itamar Ben Gvir ha detto di aver ordinato alla polizia di istituire posti di blocco intorno a Isawiyah, da dove proveniva il terrorista “come deterrente”.
Ben Gvir ha dichiarato di star lavorando per approvare una legge che chieda la pena di morte per i terroristi e che allarghi le maglie per la detenzione di armi da fuoco ai civili.
Il nuovo governo, guidato da Benjamin Netanyahu, aveva accusato il precedente di inazione di fronte a un’ondata di aggressioni palestinesi l’anno scorso.
La Jihad islamica ed Hamas non hanno rivendicato l’attentato, tuttavia un portavoce di Hamas ha definito l’attacco “una risposta eroica ai crimini dell’occupazione”.
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Gli scenari
L’attacco è avvenuto in un momento di crescente violenza nella regione, con l’esercito israeliano che continua con un’offensiva antiterrorismo in Cisgiordania per affrontare una serie di attacchi che hanno causato la morte di 31 persone in Israele nel 2022 e altre sette in un attacco a Gerusalemme il mese scorso.
Le operazioni dell’IDF sono costate la vita nel 2022 a 171 palestinesi, e a 42 solo dall’inizio di questo anno. Molti dei coinvolti sono stati colpiti mentre attaccavano le forze di sicurezza, ma parte di loro erano civili.
L’ufficio di Netanyahu ha detto di aver inviato più forze di polizia nel quartiere a Gerusalemme est, richiedendo di porre i sigilli alla casa dell’assalitore prima della sua demolizione pianificata.
La pratica di demolire le case dei terroristi è difesa da Israele in qualità di deterrente inteso a prevenire attacchi futuri, ma criticata come punizione collettiva proibita dal diritto internazionale dalle associazioni per i diritti umani, poiché lascia senza casa parenti per nulla compromessi negli attentati.
Ben-Gvir ha poi evocato un’”Operazione Scudo Difensivo 2″, riferendosi all’intervento massiccio dell’IDF in Cisgiordania per contrastare la seconda intifada.
(Foto: Il Fatto Quotidiano)