di Redazione
Ha destato molta indignazione la decisione del noto sito Airbnb di rimuovere le schede di alloggio messe dagli israeliani che vivono in comunità in Giudea e Samaria. La principale app peer-to-peer consente agli utenti di affittare stanze nelle loro abitazioni agli ospiti, utilizzando le loro case come hotel o noleggi a breve termine.
“Abbiamo deciso – era scritto in una nota – di cancellare le offerte che giungono da insediamenti nella Cisgiordania occupata, che si trova al centro della disputa fra israeliani e palestinesi”. “La nostra speranza è che un giorno prima o poi, si crei un quadro in cui l’intera comunità globale è allineata, quindi ci sarà una soluzione a questo conflitto storico e un chiaro percorso da seguire per tutti”, ha aggiunto la società.
Nel suo comunicato, Airbnb ammette che su questa decisione ci sono “opinioni discordi”. “In passato – aggiunge – abbiamo detto che avremmo agito in quella zona solo nei limiti della legge. Lo abbiamo fatto perchè crediamo che i viaggi che mettano in contatto persone abbiano un valore considerevole e noi vogliamo portare persone assieme”. Ma adesso, dopo lunghe consultazioni, Airbnb ha deciso di cancellare le offerte provenienti dalla colonie.
La mossa arriva a soli due anni da quando Airbnb è stato scosso da uno scandalo di razzismo basato su numerose denunce, che sembra essere confermato da uno studio della Harvard Business School che dimostra una discriminazione diffusa da parte di host che prendono di mira individui i cui nomi suggerivano di essere neri.
In risposta alla crisi, che ha raccolto una stampa negativa significativa per Airbnb, l’app ha ingaggiato l’ex procuratore generale Eric Holder per creare una politica anti-discriminazione.
Per quanto riguarda il divieto di Airbnb per gli israeliani che vivono in Giudea e Samaria, un portavoce ha detto che la decisione avrebbe riguardato centinaia di inserzioni.
Il ministro Levin: “Decisione discriminatoria”
Il ministro del turismo israeliano Yariv Levin ha immediatamente chiesto a Airbnb di cancellare la sua “decisione discriminatoria di rimuovere dal proprio sito le inserzioni in Giudea e Samaria”.
Una dichiarazione rilasciata dall’ufficio di Levin ha definito la politica una “resa vergognosa e miserabile” per gli attivisti anti-israeliani.
Levin avrebbe anche ordinato al suo ufficio di formulare misure immediate per limitare l’attività della compagnia in tutta Israele, istruendo il suo ministero di avviare un programma speciale per stimolare il turismo e aumentare la domanda di case vacanze in tutta la Giudea e la Samaria.