Altri due soldati dell’IDF sono stati uccisi a Gaza. Riflessioni sul trauma e sulla perdita dei giovani caduti per Israele

Israele

di Redazione
Giovedì 20 giugno, altri due soldati di riserva delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) sono stati uccisi in un attacco con mortaio condotto da Hamas nella Striscia di Gaza centrale. L’attacco, come riferiscono i media, ha anche causato gravi ferite ad altri tre militari. È avvenuto mentre le truppe continuavano ad operare a Rafah, nel sud di Gaza, e nel corridoio Netzarim, nel centro della Striscia.

Le vittime sono Omer Smadga, di 25 anni (a sinistra nella foto), e Saadia Yaakov Derai, di 27 anni (a destra). Omer è morto nel giorno del compleanno di suo padre, l’allenatore e medaglia olimpica Oren Smadga; Saadia Yaakov Derai era figlio della giornalista e attivista sociale Laly Derai.

Questo tragico evento si inserisce in un contesto di conflitto che, dal 7 ottobre 2023, ha visto la morte di almeno 664 soldati israeliani e il ferimento di altri 3.866. Solo nel mese di giugno, il numero dei caduti è salito a 20.

Come riporta The Times of Israel, entrambi i soldati combattevano nel 9203° Battaglione della Brigata Alexandroni. Altri tre soldati della brigata sono rimasti gravemente feriti nell’incidente, hanno riferito le Forze di Difesa Israeliane.

Migliaia di israeliani sono venuti a rendere omaggio ai due soldati caduti. Giovedì Hamas ha rivendicato il fuoco di mortaio, affermando di aver preso di mira una postazione militare vicino al quartiere Zeitoun di Gaza City.

Il ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas, afferma che finora più di 37.000 persone nella Striscia sono state uccise o si presume siano decedute nei combattimenti. Morti che sono in più casi il frutto della strategia militare di Hamas, un movimento terroristico che opprime i palestinesi di Gaza e li usa come scudi umani. Si ritiene che il bilancio, che non può essere verificato e non fa distinzione tra civili e combattenti, includa circa 15.000 agenti terroristici che Israele afferma di aver ucciso in battaglia. Israele afferma inoltre di aver ucciso circa 1.000 terroristi in Israele il 7 ottobre (Reuters ha contribuito ad alcune di queste informazioni).

Non ultime le dichiarazioni raccolte in un rapporto del Wall Street Journal che rivela una serie di messaggi del capo di Hamas Yahya Sinwar circa il conflitto in corso a Gaza, in cui giustifica le vittime civili definendole «sacrifici necessari».

Leggi anche Sinwar e la strategia del massacro. «Abbiamo gli israeliani dove li vogliamo». Le vittime civili? «Sacrifici necessari».

Il peso della giovinezza perduta

La perdita di Omer Smadga e Saadia Yaakov Derai non è solo una tragedia personale per le loro famiglie e comunità, ma rappresenta anche una profonda ferita per lo Stato di Israele. Questi giovani uomini, come tante altre vittime del conflitto, hanno dedicato la loro vita alla difesa del loro Paese, un sacrificio che purtroppo si è concluso in modo prematuro e violento. La loro morte è un doloroso promemoria della realtà della guerra e delle sue conseguenze devastanti.

L’attacco feroce del 7 ottobre che Hamas ha lanciato contro Israele, ha ucciso quasi 1.200 israeliani e sequestrando circa 243 ostaggi. La portata dell’attacco era fuori scala per un piccolo Stato – la più grande perdita di vite umane in un giorno dall’Olocausto – e la natura degli omicidi, che includevano l’uccisione deliberata di bambini e anziani, così come atti di violenza sessuale di massa, si è impressa nella coscienza di Israele.

Il valore della vita e del servizio

In Israele, il servizio militare è una parte fondamentale della vita di molti giovani. La consapevolezza del rischio e del sacrificio è radicata nella cultura e nella società israeliana. Tuttavia, ogni perdita è sentita con un profondo senso di dolore e lutto. La comunità si stringe attorno alle famiglie dei caduti, celebrando il loro coraggio e il loro impegno, ma anche riflettendo sulla fragilità della vita e sul costo umano della sicurezza e della pace.

La sfida della sicurezza

Il conflitto in corso nella Striscia di Gaza rappresenta una sfida continua per la sicurezza di Israele. Gli attacchi come quello che ha portato alla morte di Smadga e Derai evidenziano la costante minaccia che le forze israeliane devono affrontare. La risposta a questi attacchi richiede una combinazione di forza militare, strategie di difesa e diplomazia. Tuttavia, la soluzione a lungo termine richiede anche un impegno per la pace e la stabilità nella regione, un obiettivo che appare spesso lontano e difficile da raggiungere.

Un trauma senza fine

Il trauma del massacro del 7 ottobre ha lasciato un segno senza precedenti nella società israeliana, colpendo profondamente individui e comunità. Il processo di guarigione sembra essere lungo e sfaccettato, coinvolgendo il supporto psicologico, la ricostruzione della comunità e il ripristino della fiducia e della sicurezza. Questo viaggio richiede sia interventi immediati che strategie a lungo termine.

Un percorso verso la guarigione

L’Ono Academic College e il Conversation Corner e del Jerusalem Post, invitano a un webinar su come affrontare il trauma che Israele sta attualmente vivendo. Il webinar andrà in onda domenica 23 giugno (Il Giorno Dopo: una discussione su trauma e guarigione – Iscriviti per partecipare).

La speranza per il futuro

La morte di giovani soldati come Smadga e Derai, secondo alcuni commentatori, non deve essere vana. Deve servire come un richiamo alla necessità di cercare soluzioni che vadano oltre la violenza e il conflitto. La costruzione di un futuro migliore per Israele e per i suoi vicini richiede dialogo, comprensione e la volontà di trovare compromessi difficili. È un compito arduo, ma è essenziale per evitare che altre vite giovani vengano spezzate.