di Davide Foa
Un altro, ennesimo, episodio di indecente estremismo nazionalista ha visto protagonisti i tifosi del Beitar Jerushalaim, nella partita di lunedì scorso contro il Maccabi Tel Aviv. In un video apparso pochi giorni fa, si vedono e sentono chiaramente i tifosi giallo-neri intonare un coro in favore dell’omicida di Rabin: “Yigal Amir, Yigal Amir!!”.
Battendo le mani rivolte al cielo, nel più classico atteggiamento da tifoso, i supporters del Beitar inneggiano all’assassino con la stessa, se non maggiore, enfasi con cui si dovrebbe incitare la propria squadra.
Così, a pochi giorni dal ventesimo anniversario della morte del primo ministro israeliano, i tifosi del Beitar hanno scelto di mostrare ancora una volta ciò per cui sono maggiormente noti alle cronache, ovvero un’ ideologia ultra-nazionalista e razzista. All’interno di questa tifoseria, si distingue da sempre un gruppo noto con il nome di “La Familia”(con un chiaro riferimento alla Mafia italiana), coinvolto in diversi tragici episodi lontani anni luce dal mondo del pallone.
Nell’estate del 2014, per esempio, sei tifosi del Beitar appartenenti alla “Familia” furono arrestati per l’omicidio di Mohammed Abu Khdeir, sedicenne palestinese trovato carbonizzato nei boschi di Gerusalemme ovest.
Un anno prima, nel 2013, la dirigenza del Beitar ebbe la “malaugurata” idea di tesserare due giocatori ceceni. Immediata fu la protesta dei tifosi che, oltre a raccogliere firme per una petizione anti-musulmani, decisero di dare alle fiamme gli uffici della società.
Altro episodio simbolo dell’odio xenofobo di questa tifoseria, fu la “caccia all’arabo” messa in scena nel marzo del 2012, quando un gruppo di tifosi, usciti dallo stadio, si recarono in massa al centro commerciale “Malha”, dando il via a una serie di violenze contro i dipendenti arabi.
Più recentemente, circa un mese fa, un tifoso dell’Hapoel Tel Aviv era rimasto gravemente ferito in seguito ad uno scontro con un gruppo di sostenitori del Beitar, che avrebbero colpito il giovane con un martello.
Questi sono solo alcuni dei tanti episodi che hanno visto protagonisti gli ultras del Beitar, in tutta la loro violenza, spesso condita da sentimenti ultra-nazionalisti e razzisti. Una violenza che contraddistingue il comportamento dei tifosi sia fuori che dentro lo stadio; non a caso, nel mese di luglio il presidente Eli Tabib, in seguito ai disordini durante la partita contro la squadra belga del Charleroi, aveva apertamente dichiarato la volontà di vendere il Beitar, provando vergogna per la propria tifoseria.
Un atteggiamento di questo tipo, violentemente nazionalista e xenofobo, oltre a creare disordini a livello sociale, danneggia irrimediabilmente un calcio emergente, come è quello israeliano, oggi più che mai bisognoso di una luce positiva e favorevole, indispensabile per presentarsi dignitosamente sui palcoscenici più prestigiosi.