Lebraico moderno nato giusto un secolo fa è chiamato ora ad affrontare, nellera della globalizzazione, una nuova battaglia, quella contro linvasione di termini ed espressioni straniere.
E uscito da poco, questautunno, un dizionario che elenca queste parole che sono entrate nella lingua, si sono imposte e fanno ormai parte dello slang israeliano, il Comprehensive Slang Dictionary di Ruvik Rosenthal, che è diventato subito un best seller.
Questo libro, importante e ben rilegato, vuole testimoniare lassalto di termini stranieri e la lotta ingaggiata dalla lingua di Mosè per adattare un lessico antico ai tempi moderni.
Per cercare di arginare luso di parole straniere, i linguisti studiano la costruzione di espressioni e termini ebraici che sostituiscano i loro omologhi in altre lingue. (Hanno costruito ad esempio alternative ebraiche per parole come condizionatore.)
Dopo tempestose vicende le nuove parole vengono approvate e si chiede a radio e TV di cominciare a usarle e a diffonderne luso: ma non tutte hanno fortuna, come ad esempio le espressioni che sostituiscono “video” o “jingle”.
Più disgraziata di tutti è stata la parola shampoo, il cui corrispondente ebraico ha fatto una miserevole fine.
Anche lespressione che sostituisce il più formale “primarie” non ha avuto alcun successo: nessuno lavrebbe capita.
Rosenthal sostiene che il lessico relativamente ristretto della lingua ebraica circa 150 000 termini, una miseria rispetto allinglese favorisce i prestiti lessicali.
Per compilare il suo vocabolario ha spulciato centinaia di siti web, di libri e di trasmissioni radiofoniche e televisive e si è consultato pure con specialisti di sottoculture e i loro linguaggi criminali, giovani, emarginati dei computer, ultraortodossi e tifosi del calcio.
I più importanti contributi provengono dallinglese, dallarabo e dallo yiddish.
Fra i termini arabi predominano le espressioni emozionali: “ahla” (grande), “walla” (vero), “sababa” (calma), “ashkara” (davvero), così come le più enfatiche imprecazioni.
Dopo decenni di predominio culturale europeo, gli israeliani ricorrono volentieri allarabo nonostante le tensioni con la maggior parte del mondo circostante, ma molti termini arabi si erano già radicati nellebraico fin dagli anni 30 e 40, assimilati dai figli dei pionieri sionisti che volevano amalgamarsi nel paese e differenziarsi anche nella lingua dalle loro origini diasporiche.
Linglese domina invece nel campo dei computer, dello high-tech, delle agenzie per cuori solitari, della moda e dello sport; mentre i meccanici usano un inglese storpiato, un ritorno al dominio britannico quando in Terrasanta comparvero le prime macchine: ad esempio “brakes” (freni) diventa “breksim”, e così via.
Il tedesco domina ancora nel campo edilizio, fin dagli anni 20 e 30 quando architetti e costruttori provenienti dalla Germania emigrarono nel futuro Stato di Israele. Oggi i muratori palestinesi e cinesi comunicano fra loro sul lavoro con parole come “stecker” (spina) o “spatchel” (spatola).
Lo yiddish, grande fonte di parole gergali sono oltre 1200 i termini che figurano nel dizionario – offre alcuni dei più gustosi insulti, come “freier” (babbeo), “shtinker” (spione) e “nudnik” (rompiscatole): ma molte parole stanno scomparendo dalluso, oppure sono usate soltanto dagli ebrei ultraortodossi.
Questa capacità di adattamento è comunque non un segno di debolezza, ma di vitalità della lingua, che è viva e fiorente: lo slang, dicono i linguisti, non è una limitazione ma aggiunge qualcosa in più.