Decine di migliaia di cittadini israeliani si uniscono alla marcia da Tel Aviv a Gerusalemme, contro la riforma giudiziaria

Israele

di Giovanni Panzeri 
In un atto più unico che raro nella storia dello stato ebraico decine di migliaia di manifestanti, circa 90.000 nell’ultimo tratto di strada, hanno marciato da Tel Aviv a Gerusalemme, per circondare la Knesset alla vigilia del voto sulla prima parte della riforma giudiziaria, la proposta di legge contro il ‘principio di ragionevolezza’. Un provvedimento che limiterebbe seriamente la capacità dei giudici di abrogare decisioni e nomine governative.

La marcia è partita da Tel Aviv lo scorso martedì 18 luglio e i manifestanti hanno marciato per 5 giorni e oltre 70 km lungo l’autostrada Route 1, nonostante le alte temperature, arrivando davanti  alla Knesset nella serata di Sabato 22 luglio (nella foto in alto, credit Yair Palti).

Manifestanti davanti alla Knesset (Foto: ©AnnaBalestrieri)

 

L’evento, divenuto ormai il simbolo del movimento di protesta, non è unico tanto per la consistenza numerica – quel record appartiene alla manifestazione della comunità Haredi del 14 febbraio 1999 -, ma per la sua spontaneità.

“A differenza del 1999” riporta Haaretz la marcia non è diretta o organizzata da leader religiosi o politici, e a nessuno è stato permesso di sospendere il proprio lavoro o gli studi per partecipare. È un evento completamente spontaneo, iniziato da qualche centinaio di attivisti, a cui si sono aggiunti migliaia, e poi decine di migliaia, di cittadini.”

Dopo la marcia e il raduno attorno alla Knesset migliaia di manifestanti hanno deciso di creare una città di tende nel parco Gan Sacher, affermando che non si sarebbero mossi di lì finche “il processo legislativo non sarà fermato.”

La giornata di sabato ha inoltre visto la partecipazione, secondo gli organizzatori, di oltre mezzo milione di persone ad eventi di protesta in tutto il paese, con 170.000 manifestanti presenti solo nella piazza Kaplan di Tel Aviv.

Una contro manifestazione pro-riforma

A Tel Aviv, nello stesso giorno, ha preso corpo una consistente manifestazione organizzata dai sostenitori della riforma.

Alla manifestazione pro governativa il ministro dell’educazione Yoav Kisch si è scagliato contro le proteste e i riservisti dell’esercito, ormai più di 10.000, che minacciano di rifiutare il servizio in caso la riforma della giustizia vada avanti.

“Rifiutarsi di servire è un attacco alla democrazia” ha affermato Kisch “se non passiamo questa legge, sarà la fine della democrazia Israeliana”.

La situazione, dunque, è tesa e ha spinto il presidente israeliano Herzog a tentare  di portare di nuovo le parti al tavolo delle trattative, cercando un compromesso all’ultimo minuto.

Voci dalla manifestazione

di Ilaria Myr

Per restituire ai lettori quello che è senza dubbio un evento eccezionale nella storia di Israele, abbiamo chiesto ad alcuni conoscenti, anche con opinioni politiche diverse, che vi hanno partecipato di raccontarci la loro esperienza e l’atmosfera che si respirava.

“Appena ho raggiunto la marcia, il venerdì pomeriggio, sono stata impressionata dalle migliaia di persone di tutti i tipi: adulti, bambini, gente in sedia a rotelle, con le stampelle, neonati nei marsupi – spiega a Mosaico Lior, madre sulla trentina proveniente da Yavne, fin dall’inizio attivista contro la riforma giudiziaria -. E poi lungo la strada, in mezzo agli imbottigliamenti delle automobili, migliaia di persone che distribuivano gelati, acqua, cibo, e che fornivano quello di cui avevamo bisogno. C’era anche chi ha pensato di spruzzare con l’acqua con un tubo i manifestanti che camminavano sotto a un caldo cocente… Arrivati al bivacco, ci hanno dato delle tende in cui dormire e abbiamo celebrato la kabbalat shabbat, con le challot su centinaia di tavoli e un gruppo di musicisti. Al mattino, c’era chi veniva dai paesi vicini a portarci il caffè e da mangiare, e chi si offriva per riportare a casa chi non aveva come tornare. È stata un’esperienza incredibile, e una delle notti più surreali della mia vita!”.

Interessante, poi, è capire che alle manifestazioni e a questa marcia hanno partecipato persone di tutti i tipi, laici e religiosi, certo gente di sinistra ma anche persone che sono rimaste deluse dalla politica di Netanyahu. “Uno dei leader della protesta è Yaya Fink, diplomato in una yeshiva di un Kibbutz – ci spiega Lior – mentre settimana scorsa sono stata a una manifestazione organizzata dal kibbutz religioso Yavne (vicino alla sua cittadina, ndr) che per la prima volta hanno partecipato con altre persone della zona. In quell’occasione, il Rabbino del Kibbutz ha chiesto alla coalizione al governo di fermare la riforma giudiziaria”.

Delusa si dice Liat, amica di Lior, di origine etiope, cresciuta in una famiglia di destra, dove si è sempre votato Likud, nella convinzione che fosse la scelta migliore per difendere le tradizioni. “Dopo il Coronavirus il partito ha cominciato a usare toni  troppi rabbiosi, e non mi sono sentita più rappresentata da nessuno politicamente: oggi sono una ‘homeless’ politica – spiega a Mosaico -. D’altra parte anche la sinistra non mi rappresenta: sono degli ipocriti che ora piangono per la minaccia alla democrazia perduta, ma si muovono solo quando fa comodo a loro. Quando si  tratta di scendere in piazza per protestare contro la polizia che usa violenza contro degli etiopi  degli arabi non si sono muovono. La riforma? Sicuramente qualcosa bisogna cambiare dello status quo, ma non così e in questo modo”.