Beniamin Netanyahu

Diario minimo (di un conflitto). Bibi e il suo conto aperto con la giustizia: dura lex sed lex?

Israele

di Luciano Assin
Il polverone alzatosi dopo la discussa sentenza emessa dalla Corte penale internazionale potrebbe essere solo il preludio di una serie di ostacoli giudiziari che Bibi dovrà affrontare nell’immediato futuro. La data da tenere in osservazione è il 2 dicembre, giorno in cui Netanyahu dovrebbe cominciare a deporre la sua testimonianza rispetto ai tre processi in cui è implicato. Come da copione il premier israeliano ha chiesto di rinviare il dibattimento causa la guerra in corso. È interessante notare che solo qualche mese prima in un’intervista televisiva Bibi affermò che non avrebbe avuto nessun problema a dividere il suo prezioso tempo fra la conduzione di un paese in stato di guerra e le sue beghe giudiziarie.

È da anni che il primo ministro israeliano ha un conto aperto con il potere giudiziario e già con l’apertura dei processi nei suoi confronti Bibi accusò senza mezzi termini giudici e pubblico ministero di volerlo “incastrare” per impedirgli di governare. Fedele a questa strategia Netanyahu, in un discorso televisivo durato 9 minuti, ha accusato questa volta esercito e servizi  interni di sicurezza (shabak) di cospirare contro di lui, una dichiarazione senza precedenti nella storia dello stato ebraico.

Una mossa del genere non fa presagire niente di buono ed è praticamente impossibile prevedere chi avrà la meglio fra i contendenti, in ogni caso sarà una sconfitta per il paese e le sue istituzioni democratiche. L’attuale coalizione nel frattempo sta portando avanti un disegno di legge secondo il quale ci vorrebbe una maggioranza di 90 deputati, sui 120 che compongono la Knesset, per autorizzare un’inchiesta della polizia verso politici sospettati di un qualsivoglia reato. Praticamente un’immunità assoluta.

La situazione attuale è paradossale e farsesca allo stesso tempo. Netanyahu ha un evidente conflitto d’interessi e, secondo un accordo da lui firmato con l’Alta Corte di giustizia, non può prendere decisioni riguardanti il suo processo, come per esempio licenziare il consulente legale del governo che è anche il capo della procura.

Spetta quindi ai fedelissimi del premier trovare la quadratura del cerchio, che almeno per il momento sembrerebbe impossibile. Ma la necessità aguzza l’ingegno e ho il timore che il peggio debba ancora arrivare. Tutto questo mentre Israele è impegnato in una guerra lunga e dolorosa. Non c’è mai un limite al peggio.

 

Bringthemhomenow. Mentre scrivo queste righe 101 ostaggi sono ancora in mano ai nazi islamisti di Hamas. Secondo le fonti israeliane circa la metà sono già morti. Ogni giorno che passa senza la loro liberazione è un giorno di troppo e la loro crudele ed inutile prigionia dovrebbe pesare sulla coscienza di ognuno di noi.