Diario minimo (di un conflitto). La casa di carta

Israele

di Luciano Assin
È bastata meno di una settimana per far crollare, come un castello di carte, il sanguinoso regime della famiglia Assad (nella foto Bashar el Assad), che da oltre 54 anni governava incontrastata la Siria. Anche questa volta, come è accaduto troppe volte in questo recente passato, le maggiori agenzie di Intelligence mondiali non sono state in grado di prevedere un simile collasso. Nonostante i proclami di Abu Muhammed el Julani, il nuovo astro nascente dello scacchiere mediorientale, la prolificazione di etnie, minoranze e correnti sunnite e sciite unite nell’odio contro la dittatura halawita ma profondamente distanti fra di loro su come affrontare il futuro non promette nulla di buono. Paradossalmente in una regione così martoriata come la nostra sono proprio i regimi più sanguinari e crudeli quelli che hanno garantito una discreta “stabilità” politica. Basti pensare a ciò che succede in Iraq e Libia dopo l’eliminazione di due figure chiave come Sadam Hussein e Gheddafi. Gli avvenimenti si sono svolti ad un ritmo così serrato che nessuna analisi è ancora possibile. Questa volta preferisco sottolineare alcuni spunti di riflessione.

L’incrinamento dell’asse sciita
Questo è sicuramente il risultato più eclatante di questi ultimi avvenimenti. Hezbollah ha siglato, con l’assenso iraniano, una tregua con Israele per riorganizzare le proprie fila. Hamas, lasciato solo al suo destino, cercherà anche lui di arrivare ad un compromesso col quale possa mantenere il suo potere nella striscia di Gaza. Proprio questo indebolimento dei tradizionali alleati degli Ayatollah porterà a mio avviso ad una accelerazione del programma nucleare iraniano. In questo Khamenei punta sulle incertezze europee e sulle dichiarazioni di Trump che preludono ad un graduale distacco dallo scacchiere mediorientale.

Il mancato intervento russo
Putin è sempre stato attento a garantire una copertura politica e militare ai suoi alleati. Non aver saputo reagire in tempo reale all’implosione del regime halawita lede enormemente il suo prestigio e i suoi interessi geopolitici. La Russia ha in territorio siriano delle basi navali che rappresentano il suo unico sbocco sul Mediterraneo, è un patrimonio di vitale importanza per lo zar, che farà di tutto per non perderlo.

L’importanza strategica del Golan
Oggi più che mai l’altopiano del Golan ha assunto un’importanza strategica che dopo la guerra del Kippur sembra definitivamente scomparsa. Nel caso di un attacco sul fronte siriano le alture in questione rappresenterebbero un cuscinetto abbastanza profondo per arrestare un’operazione terrestre in larga scala. Proprio per evitare un simile scenario l’esercito israeliano ha già occupato delle postazioni strategiche nella zona cuscinetto stabilita negli accordi di non belligeranza siglati nel ’74.

L’atomica dei poveri
Anche i siriani tentarono di realizzare un progetto nucleare che si concluse con la distruzione da parte di Israele nel 2007, di una centrale atomica in costruzione di progettazione nordcoreana. In mancanza della bomba atomica la famiglia Assad sviluppò un programma basato su ordigni chimici e batteriologici, usato con triste “successo” sia dal padre che dal figlio contro il loro stesso popolo. Una minaccia da non prendere assolutamente sottogamba.

Fidarsi e bene, non fidarsi è meglio
Anche la Giordania è governata da una minoranza, quella hascemita, non si tratta di una vera e propria dittatura ma esiste indubbiamente un pugno di ferro. Nonostante un’economia malandata e oltre 650mila profughi siriani, fuggiti dalla guerra civile, Re Hussein è riuscito fino a mantenere una buona stabilità politica nel paese, ma tutto è possibile e Israele, nonostante gli accordi di pace, dovrà guardare al vicino orientale con un certo sospetto.

A proposito di vicini, sulle alture del Golan esistono 4 villaggi drusi che da sempre si considerano parte della Siria. Già stasera, nella piazza principale di Majdal Shams, sventolavano in segno di solidarietà diverse bandiere siriane. Per il momento è da considerarsi più come un fatto di folklore che non come una rivolta civile, a mio avviso la minoranza drusa del Golan ha solo da perdere in tal caso.

Insomma, per il momento tutti navigano a vista, e nemmeno il capitano più esperto è in grado di prevedere dove soffierà il vento.

Bringthemhomenow. Mentre scrivo queste righe 100 ostaggi sono ancora in mano ai nazi islamisti di Hamas. Secondo le fonti israeliane circa la metà sono già morti. Ogni giorno che passa senza la loro liberazione è un giorno di troppo e la loro crudele ed inutile prigionia dovrebbe pesare sulla coscienza di ognuno di noi.

 

(Fonte: Wikimedia Commons)