di Luciano Assin
Non è la prima volta che giro all’interno della città vecchia della capitale israeliana durante periodi di tensione. Mi è successo nelle due Intifade, il giorno stesso della dichiarazione di Trump dove annunciò il trasferimento dell’ambasciata americana nella città santa, e in innumerevoli situazioni a ridosso di attentati vari. Ogni volta le sensazioni sono contrastanti: da un lato il fascino che la città emana sembra rimanere intatto nonostante tutte le traversie che la hanno accompagnata da millenni, dall’altro ti accorgi immediatamente dei piccoli cambiamenti che più di tante altre cose raccontano il quotidiano degli abitanti.
Il negozio di souvenir tanto carino all’interno del quartiere musulmano è diventato un parrucchiere per uomini, il pittoresco negozio di spezie si è riciclato come minimarket, il ristorante trappola per turisti è chiuso in attesa di tempi migliori. Le strade sono vuote e gli abitanti fissi si riprendono pian piano i loro spazi. Quest’anno il Natale coincide con la festività ebraica di Hannukà, ma anche nel quartiere ebraico della città vecchia non si vede la solita animazione che dovrebbe regnare in questo periodo.
Il Santo Sepolcro, forse il luogo più sacro della Cristianità, appare sotto una luce diversa. La chiesa è diventato un immenso cantiere in seguito ad una serie di nuovi scavi che dureranno almeno un paio di anni. Questo brulicare di operai, macchinari e addetti ai lavori stride in modo impressionante con l’assoluta mancanza di pellegrini. Le code sul Golgota o lungo l’edicola che sovrasta il Sepolcro sono inesistenti, ed i pochi fortunati presenti hanno il privilegio di potersi godere in piena solitudine i momenti di contemplazione e devozione che un simile luogo merita.
L’Ospizio Austriaco, da sempre un angolo di Mitteleuropa avulso dal caos che lo circonda, continua placidamente a guardare dalla sua spettacolare terrazza i movimenti degli umani che si muovono indaffarati alla ricerca di risposte ai loro problemi quotidiani. Seduto all’interno del caffè Trieste, hai la fugace impressione di trovarti in un altro continente ed un’altra dimensione, ma dura soltanto il tempo di un caffè, una volta fuori ti ritrovi nuovamente avvolto dalle eterne contraddizioni di questa poliedrica e fantastica città. Parlando coi commercianti e con le persone che incontri per strada ti accorgi che i loro problemi sono in definitiva anche i tuoi, una convivenza è possibile, ma la sottile tensione che ti accompagna durante il tuo vagabondare nei vicoli della città ti ricorda quale sia il prezzo da pagare.
Musulmani, ebrei, copti, armeni, francescani, greci ortodossi, etiopi e siriaci compongono lo sfondo sul quale sviluppare le tue meditazioni, con la sensazione di trovarsi in un limbo ovattato dove noi potrai mai afferrare la realtà.