Escalation del Conflitto a Gaza: proteste in Israele e reazioni internazionali, gli Houthi bombardano di nuovo

Israele

 di Anna Balestrieri, da Gerusalemme
Negli ultimi giorni, la situazione nella Striscia di Gaza è precipitata con un’intensificazione degli attacchi e delle operazioni militari, provocando una risposta immediata di forte critica sia a livello nazionale sia internazionale per l’interruzione del cessate il fuoco.

Scontri e vittime a Gaza

Secondo fonti locali, oltre 710 palestinesi sono stati uccisi e 900 feriti nelle ultime 48 ore a seguito degli attacchi israeliani; tra di loro figurano militanti di Hamas di prima linea. Nella notte tra mercoledì e giovedì, almeno 71 palestinesi sono stati uccisi nei bombardamenti israeliani.
Parallelamente, l’IDF (Forze di Difesa Israeliane) ha avviato operazioni di terra nel centro e nel sud della Striscia di Gaza, con l’obiettivo di espandere la cosiddetta “zona di sicurezza” ecreare una separazione tra le aree settentrionali e meridionali dell’enclave.
Hamas ha confermato che i colloqui con i mediatori per fermare l’offensiva israeliana sono ancora in corso. Il gruppo ribadisce il proprio impegno a parole per un accordo di cessate il fuoco, accusando Israele di non rispettare gli accordi già firmati.
Il segretario generale dell’ONU, António Guterres, ha espresso orrore per l’attacco a una struttura delle Nazioni Unite a Gaza, che ha causato la morte di diversi dipendenti dell’UNRWA. Il Ministero della Salute di Gaza, controllato da Hamas, ha riferito che cinque persone sono rimaste ferite nell’attacco, mentre una è morta.
Israele ha espresso “rammarico” per la morte di un cittadino bulgaro che lavorava per l’ONU, affermando che le circostanze dell’incidente sono ancora in fase di indagine.

Terroristi eliminati

Intanto l’esercito fa sapere di avere eliminato altre figure di spicco di Hamas, dopo quelle dell’attacco fra il 17 e il 18 di marzo.L’IDF e l’Intelligence hanno colpito ed eliminato il terrorista Rashid Jahjuh, capo delle Forze di Sicurezza Generale di Hamas, che aveva sostituito Sami Oudeh, eliminato nel luglio 2024.

Inoltre, è stato eliminato anche il terrorista Ayman Atsalih, capo del settore di Khan Yunis all’interno delle Forze di sicurezza generali di Hamas.

Le Forze di sicurezza generali di Hamas, guidate da Rashid Jahjuh, sono un’unità centrale segreta di Hamas. Tra le altre responsabilità, l’unità ha il compito di smascherare i “collaboratori”, salvaguardare i membri di spicco di Hamas e i beni all’interno di Gaza e all’estero e reprimere l’opposizione al governo di Hamas.
Inoltre, opera per produrre valutazioni di intelligence che consentono agli alti funzionari di Hamas di pianificare ed eseguire attacchi terroristici contro lo Stato di Israele.

Jahjuh ha anche supervisionato gli sforzi di propaganda di Hamas volti a plasmare l’opinione pubblica di Gaza.

In un ulteriore attacco, l’IDF e l’ISA hanno eliminato Ismail Abd al-Aal, un terrorista centrale dell’Unità di contrabbando di armi della Jihad islamica.
Nel suo ruolo, ha guidato la maggior parte delle operazioni di contrabbando di armi della Jihad islamica negli ultimi anni. L’unità di contrabbando di armi è responsabile del trasporto, dello stoccaggio e del contrabbando di equipaggiamento militare e di armi nella Striscia di Gaza.

Proteste in Israele contro il governo Netanyahu

La ripresa delle ostilità ha scatenatoproteste di massa in Israele. Migliaia di manifestanti si sono radunati a Gerusalemme e Tel Aviv per chiedere la fine del conflitto e il rilascio immediato degli ostaggi ancora trattenuti a Gaza.
I familiari degli ostaggi accusano il primo ministro Benjamin Netanyahu diignorare le loro richieste di incontroe di aver scelto di intensificare la guerra invece di concentrarsi sulla liberazione dei prigionieri . “La ripresa dei combattimenti è una condanna a morte per gli ostaggi”, hanno dichiarato i leader della protesta.

Gli attacchi missilistici degli Houthi 

Frammento di missile caduto a Rishon Lezion, a sud di Tel Aviv

Le sirene d’allarme sono risuonate a Tel Aviv, Gerusalemme e in altre aree centrali di Israele dopo il lancio di un missile, che secondo le rivendicazioni degli Houthi era diretto verso l’aeroporto Ben Gurion. L’IDF ha dichiarato di aver intercettato il missile prima che potesse colpire il territorio israeliano.

Nelle prime ore del 20 marzo 2025, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno intercettato con successo un missile balistico lanciato dai ribelli Houthi dello Yemen, diretto verso l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. L’intercettazione è avvenuta prima che il missile entrasse nello spazio aereo israeliano, attivando le sirene d’allarme in diverse aree centrali del paese, tra cui Tel Aviv e Gerusalemme, e costringendo milioni di cittadini a rifugiarsi nei bunker alle 4 del mattino.

Durante la corsa ai rifugi, 13 persone sono rimaste ferite e altre tre hanno subito attacchi di ansia. Questo attacco rappresenta i lsecondo lancio di un missile dallo Yemen intercettato da Israele da quando sono ripresi gli scontri con Hamas nella Striscia di Gaza. In risposta, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che gli Houthi “stanno già pagando il prezzo e ne pagheranno uno ancora maggiore”.

Gli Houthi hanno rivendicato l’attacco, affermando di aver lanciato un missile ipersonico verso l’aeroporto Ben Gurion e di aver colpito anche un gruppo di portaerei statunitensi nel Mar Rosso. Questi attacchi si inseriscono in un’escalation più ampia nel Medio Oriente, con gli Houthi che minacciano ulteriori azioni contro Israele in risposta ai recenti raid aerei israeliani sulla Striscia di Gaza.
Il clima rimane teso, con le IDF che hanno avviato operazioni di terra a Gaza e gli Houthi che promettono di espandere i loro obiettivi in Israele fino a quando non cesseranno gli attacchi su Gaza.
Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno effettuato attacchi aerei su obiettivi Houthi nella capitale yemenita Sanaa, in risposta alle aggressioni nel Mar Rosso, causando almeno 31 morti.
La tregua è ormai definitivamente tramontata, rendendo la situazione nella regione estremamente volatile, con il rischio di un’ulteriore escalation del conflitto.