di Redazione
Una dopo l’altra, come lacrime amare di un puzzle, spuntano via via le testimonianze di chi è miracolosamente sopravvissuto dall’inferno di Gaza e che ora prova a ricomporre una tragedia che sembra non avere fine. Dei sopravvissuti come l’ex ostaggio Moran Stella Yanai, 41 anni, che in un’intervista rilasciata domenica a N12, ha raccontato ulteriori dettagli sulla sua detenzione. Moran, un’avvenente giovane donna, che come altre incolpevoli vittime di quel maledetto 7 ottobre ha avuto il solo torto di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Moran ce l’ha fatta, così come ce l’hanno fatta altri, ma la sua vita non potrà mai più essere come quella di prima.
In un’intervista rilasciata il 29 novembre dell’anno scorso – e ora riportata alla luce dal Jerusalem Post arricchita da ulteriori dettagli – la donna ha dichiarato che durante la sua prigionia da parte dei terroristi di Hamas, questi ultimi hanno chiesto a suo padre un riscatto per la sua liberazione, minacciandola di morte se si fosse rifiutato. Non solo: hanno cercato anche di farle pressione affinché si convertisse all’Islam.
«Un giorno, verso mezzogiorno, io e altri due ostaggi eravamo seduti in una stanza, preparati a qualsiasi scenario potesse verificarsi nella stanza adiacente (dove si trovavano i terroristi), quando all’improvviso ho sentito “abuha abuha” più volte», ha raccontato agli intervistatori.
Dopo aver sentito ripetere la frase in arabo che significava “suo padre, suo padre”, Stella ha raccontato di aver iniziato a prestare maggiore attenzione alle conversazioni dei suoi rapitori. Uno di loro le si è avvicinato e ha cominciato a porle domande molto precise: «Tuo padre ti ama?», le ha chiesto. Lei ha risposto determinata: «Certamente, più di ogni altra cosa». I rapitori stavano chiaramente cercando di ottenere un riscatto per la sua liberazione, consapevoli che il padre sarebbe stato disposto a pagare una somma considerevole pur di riaverla. Hanno quindi iniziato a raccogliere il maggior numero possibile di informazioni sulla situazione finanziaria della famiglia. La pressione psicologica esercitata durante questi interrogatori aveva l’obiettivo di manipolare e terrorizzare Stella, rendendo la situazione ancora più angosciante. Sebbene Stella non sia ancora del tutto sicura se si trattasse di una semplice estorsione di denaro o se fosse parte di una strategia più complessa per destabilizzare psicologicamente la sua famiglia, ha affermato: «Fa parte dei loro giochi mentali, non stanno giocando solo con noi, ma anche con le nostre famiglie». Ha aggiunto che «non finisce con la nostra morte o il nostro rapimento; continuano a torturare e abusare delle nostre famiglie».
Ma non è finita qui. L’ex ostaggio ha poi spiegato che quasi ogni giorno uno di loro entrava nella stanza e diceva che sarebbe stato meglio per lei essere musulmana. «Una volta il terrorista ha mandato uno dei suoi compagni a prendere un velo da mettermi e mostrarmi cosa significa essere una donna musulmana», ha raccontato Stella sempre a N12.
La donna ha anche dichiarato che occasionalmente i suoi rapitori le portavano un Corano per leggerle dei versetti, chiedendole di lodare Dio: «Se ti convertissi all’Islam ti libereremmo prima», l’hanno intimata i suoi rapitori.
«Come donna, la mia più grande paura è stata di essere venduta. Che qualcuno mi avrebbe sposato con la forza e che avrei dovuto convertirmi all’Islam», ha riferito Stella ribadendo che l’intera esperienza è stata traumatica per tutta la sua famiglia. Ha raccontato che quando suo padre ha iniziato a ricevere i messaggi di riscatto, «è andato in stato di shock». Ha ricevuto una foto di sua figlia (non una scattata in cattività) e gli è stato detto «che se non avesse pagato entro un’ora, avrebbero iniziato a ucciderci uno a uno. Cerco di immaginare mio padre in quella situazione, a cui è stato detto che entro un’ora avrebbero ucciso sua figlia se non avesse mandato i soldi. Penso a lui e a quanto gli stava passando per la testa: avrebbe potuto spezzargli il cuore. I miei genitori hanno vissuto un trauma non inferiore al mio».
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