di Avi Shalom
L’assalto alla nave passeggeri turca Mavì Marmara – il 31 maggio 2010 – si svolse in totale e incontrovertibile compatibilità con il diritto internazionale. Malgrado il pesante bilancio di vittime (nove morti e decine di feriti) è possibile stabilire che i militari israeliani impegnati nell’abbordaggio si comportarono con grande autocontrollo, grazie al quale il numero dei morti non fu piu’ elevato ancora.
La Marmara era partita con l’intento di ”spezzare il blocco marino israeliano a Gaza”: ma al suo interno non c’erano aiuti umanitari. Buona parte dei passeggeri, alcune centinaia, erano effettivamente pacifisti spinti dalla volonta’ di aiutare la popolazione di Gaza.
Ma fra di loro agì un nucleo ben diverso, stimato in una quarantina di persone: erano attivisti islamici decisi ad ingaggiare la lotta contro ogni tentativo israeliano di fermare la nave. Fra loro vi erano accesi fautori della ‘Jihad’, ossia della guerra santa islamica ad oltranza. Alcuni di loro, prima di salire a bordo espressero il desiderio di ”immolarsi per la causa”. E le autorita’ turche li fecero salire sulla Marmara senza ispezioni corporali.
Queste alcune delle conclusioni del ponderoso rapporto della Commissione di verifica israeliana, presieduta dal giudice Turkel, che ieri ha consegnato la prima parte del suo lavoro al governo. Le conclusioni sono state respinte in meno di un’ora dai dirigenti turchi, che le hanno trovate ”oltraggiose”.
Oggi la stampa israeliana riporta ampi stralci del Rapporto, ma ancora si interroga con preoccupazione sul comportamento del proprio governo in quella circostanza. ”Noi siamo nella ragione, ma siamo stati saggi? – si chiede un analista di Yediot Ahronot – I turchi ci hanno scavato una fossa, e noi ci siamo bellamente caduti dentro… Ma non era proprio possibile agire diversamente?”. In apparenza no perche’ – conferma la Commissione Turkel – ci furono allora gravi deficienze nella raccolta delle informazioni di intelligence sulla missione della Marmara e dalla Freedom Flottilla.
Le pagine piu’ palpitanti del Rapporto – vedi http://www.turkel-committee.gov.il – sono le deposizioni dei militari saliti per primi a bordo della nave. Descrivono momenti altamente drammatici, in cui si trovarono sospesi fra la vita e la morte, in balia di facinorosi armati di spranghe, di scuri e di coltelli. Alcuni di loro furono anche sequestrati all’interno della nave. Oggi qualcuno propone che quei militari siano insigniti con particolari onorificenze.