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Un’intera video-inchiesta dedicata a all’alyià degli ebrei italiani in Israele: è quello che ha realizzato la redazione di Corriere.it questa settimana (21 aprile) pubblicando il video “L’esodo italiano, gli ebrei ‘tornano’ in Israele”. Si tratta di una lunga inchiesta, in cui vengono interpellati alcuni giovani ebrei intenzionati a fare l’aliyà e il rappresentante del Keren Hayesod in Italia Carmel Luzzatti, che spiegano dal loro punto di vista le motivazioni alla base di questa scelta.
“Il fenomeno è in crescita ovunque, anche in Italia – si legge nell’articolo sottostante il video -: nel 2010 emigrarono in Israele soltanto 40 ebrei italiani, nel 2011 sono saliti a 200, nel 2012 sono arrivati a 250, nel 2013 sono cresciuti a 350 e nel 2014 sono stati 418. Nel 2015 potrebbero sfiorare i mille. Chi emigra può usufruire di massicce agevolazioni economiche: sussidi per l’affitto, corsi gratuiti di inglese ed ebraico, aiuti nella ricerca del lavoro, sconti sull’Università. Data la crisi italiana, agli ebrei emigrare conviene e il fattore economico gioca certamente un ruolo importante. «Se tanti italiani scelgono di andare a Londra o negli Stati Uniti per cercare un futuro professionale, parallelamente è naturale che un ebreo decida di andare in Israele» spiega Carmel Luzzatti”.
Accanto al fattore economico, l’antisemitismo e la paura del terrorismo restano le ragioni principali per cui gli ebrei italiani diventano olim (emigranti in Israele). «Quando cammino per strada con la kippah, può succedere che la gente mi guardi male» dice Devid Moscati, 32 anni romano. Lui ha un negozio kosher a Trastevere e a giugno lascerà l’attività per trasferirsi a 20 chilometri da Tel Aviv. «Il mio minimarket è uguale a quello preso di mira dai terroristi di Parigi. E’ naturale aver paura di un attentato».
Gli ebrei d’Italia si sentono bersagli facili: «Gli attentati di Parigi e di Copenaghen contro gli ebrei si ripeteranno in tutta Europa e potrebbero colpire anche l’Italia. Non ci sarà mai una tregua» dice Denise Flori, milanese in procinto di partire per Israele. Le fa eco Giorgia Di Porto, romana di 29 anni, che lascerà l’Italia col marito e i due figli: «Il terrorismo è ovunque e noi abbiamo paura. In Israele il terrorismo ce l’abbiamo dentro casa ma il Governo lo combatte con fermezza e ci fa meno paura. In Italia siamo troppo vulnerabili». E poi c’è il fattore religioso. «Soltanto in Israele – dice Devid – posso vivere a pieno i precetti alimentari dell’ebraismo. In Italia è difficile seguire alla lettere questi divieti visto che esistono pochissimi ristoranti ebraici e pochi negozi kosher». Parole simili da Denise: «In Italia devo nascondere le mie abitudini, in Israele sarò libera di esprimere la mia cultura, non farò parte di una minoranza».