di Luciano Assin
Doveva essere una missione come tante altre, una fra le oltre 600 che l’esercito israeliano compie oltre le linee nemiche negli ultimi anni. Ma quella che doveva essere quasi una routine potrebbe diventare l’inevitabile scintilla pronta a scatenare un nuovo conflitto fra Hamas e Israele.
L’esercito israeliano si sta rivelando molto avaro nei dati del conflitto a fuoco di questa notte. Dell’ufficiale ucciso è stata resa nota solo l’iniziale del suo nome: M. Dell’unità impiegata in questa missione non viene rivelato nessun particolare anche se in un paese piccolo come Israele quasi tutti ormai conoscono i dettagli se non nei minimi particolari almeno nelle sue grandi linee.
Si tratta di un unità di “Mistaravim”, soldati abituati ad operare dietro le linee nemiche per raccogliere quante più informazioni possibili sulle postazioni avversarie. Chi ha seguito la serie televisiva Fauda potrà capire quanto la finzione in questo caso sia simile alla realtà.
Nella missione di questa notte i membri dell’unità hanno destato il sospetto dei miliziani di Hamas, ne è nato uno scontro a fuoco che è costato ai palestinesi la morte di 7 dei suoi combattenti e altri 15 feriti. Un’operazione del genere, effettuata in profondità, ha messo in serio imbarazzo Hanyah e i suoi collaboratori che hanno scelto la linea dura, sia per salvare la faccia sia per usare l’unico deterrente di cui sono a disposizione: lanciare oltre un centinaio di razzi all’indirizzo dei centri abitati israeliani.
Da qui la spirale di violenza non ha fatto che aumentare, da una parte il tiro indiscriminato di razzi e dall’altro i bombardamenti mirati verso postazioni e centri logistici del braccio militare di Hamas. Chiaramente nessuno è in grado di prevedere cosa può succedere nei prossimi giorni, la mia opinione è che se i bombardamenti si riducessero a danni materiali e non oltre, lo scontro in corso non dovrebbe durare più di qualche giorno. Ma è proprio questa incognita quella che impedisce una previsione affidabile.
Quello che è sicuro è che una missione del genere non può essere effettuata senza il benestare del ministro della difesa Liberman e di Nethanyahu in persona. Anche se Israele è guidato dal governo più di destra di tutta la sua esistenza è chiaro a tutti che Gaza è una patata troppo bollente, conquistarla comporterebbe una perdita di vite umane che nessun governo israeliano sarebbe in grado di affrontare. Ma la parte più problematica di una possibile escalation è che anche in questo possibile scenario non esiste una reale alternativa ad un accordo di tregua a medio termine con la leadership della striscia di Gaza.
Nethanyahu ne è più che consapevole e non sa che pesci pigliare.