Hamas torna a bombardare: i missili partono da Rafah

Israele

 di Anna Balestrieri
Domenica 26 maggio Hamas ha lanciato otto razzi sul centro di Israele nell’attacco più significativo dalla Striscia di Gaza degli ultimi quattro mesi. L’attacco è stato sferrato da Rafah, ultima roccaforte dell’organizzazione terroristica, che fatica ad essere espugnata dall’esercito israeliano poiché i terroristi si fanno scudo coi civili sfollati da ogni angolo della Striscia.

Il bombardamento dopo mesi di silenzio dalla Striscia

L’attacco, avvenuto intorno alle 14 di domenica 26 maggio, all’ora dell’uscita da scuola di buona parte degli alunni israeliani, è stato rapidamente rivendicato dal braccio armato di Hamas, le Brigate Al-Qassam, che hanno dichiarato di aver “bombardato Tel Aviv in risposta ai massacri sionisti di civili”. Tre dei proiettili sono stati intercettati dal sistema antimissile Iron Dome, mentre cinque sono caduti in aree aperte, secondo un portavoce delle Forze di Difesa Israeliane (IDF). Una casa nel sobborgo di Herzliya a Tel Aviv ha subito lievi danni a causa della caduta di schegge, provocando lievi ferite a due persone, un’anziana e la sua badante. Non sono state segnalate vittime gravi.

A Kfar Saba, una cittadina a nord-est di Tel Aviv, un razzo è caduto in un campo generando un cratere nel terreno.

Circa 80 minuti dopo, le sirene dei razzi hanno suonato in diverse comunità adiacenti a Gaza, comprese le aree in cui si erano da poco reinsediati i residenti sfollati dopo il 7 ottobre.

Un proiettile è caduto vicino a una scuola nel Kibbutz Sa’ad, danneggiando leggermente un’auto ma senza causare feriti.

Il significato dell’attacco missilistico

L’attacco missilistico di domenica 26 maggio arriva dopo quasi cinque mesi dall’ultimo bombardamento di Hamas su Tel Aviv, risalente al 29 gennaio. Il nord della capitale economica del paese, invece, era stato attaccato da Gaza il 21 dicembre, quando una raffica di circa una dozzina di razzi fu lanciata contro Kfar Saba e altre città.

Gli osservatori internazionali hanno voluto leggere nel timing dell’attacco una volontà dell’organizzazione terroristica di boicottare le trattative in corso per un cessate il fuoco e per il rilascio degli ostaggi. Quale che fosse l’intento del bombardamento, ha certamente evidenziato che, nonostante più di sette mesi di intense operazioni militari israeliane volte ad eliminarlo, Hamas è tuttora ben saldo nella Striscia ed in possesso di risorse militari che gli permettono di colpire lo stato vicino. E sceglie di colpire dall’ultima roccaforte rimasta inespugnata dalla campagna militare israeliana, Rafah, divenuta un rifugio per oltre un milione di sfollati fuggiti da altre parti della Striscia. Mettendo a rischio la vita di cittadini israeliani a circa 120 chilometri da Rafah: il 26 maggio le sirene sono suonate a nord fino alla città di Tel Yitzhak, un sobborgo di Netanya.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha affermato che Israele deve prendere il controllo di Rafah per eliminare gli ultimi battaglioni di Hamas e ottenere la “vittoria totale” sul gruppo. Secondo l’IDF, molti leader e agenti di Hamas, insieme a un numero imprecisato di ostaggi rapiti durante l’attacco del 7 ottobre, si nascondono a Rafah. Il dubbio che la città fosse anche deposito di importanti dotazioni balistiche è stata confermata dall’attacco di ieri.

Gli attacchi missilistici da Gaza sono costantemente diminuiti, ma rimangono una preoccupazione, insieme alle crescenti minacce da parte di Hezbollah al confine settentrionale di Israele. Lunedì 27 maggio una raffica di circa 35 razzi è stata lanciata dal Libano sulla zona del Monte Meron, nel nord di Israele, senza causare vittime, ma provocando incendi vicino alla comunità settentrionale di Safsufa. In seguito all’attacco missilistico da Rafah, il ministro del gabinetto di guerra Benny Gantz ha sostenuto che l’attacco dimostrava la necessità per Israele di continuare la sua offensiva militare. La guerra ha finora causato la morte di 287 soldati israeliani.

La condizione degli ostaggi del 7 ottobre

Il conflitto è iniziato il 7 ottobre, quando migliaia di terroristi guidati da Hamas hanno preso d’assalto il sud di Israele, uccidendo circa 1.200 persone e prendendo 252 ostaggi.

Mentre le trattative per il rilascio degli ostaggi sembrano essere ad un punto morto, continua il recupero dei corpi da parte dell’IDF dalla Striscia di Gaza.

Diverse centinaia di persone si sono riunite domenica ad Ashkelon per partecipare al funerale di Michel Nisenbaum, 59 anni, nonno di sei nipoti, ucciso da Hamas mentre cercava di portare in salvo la nipote. La famiglia di Nisenbaum, un ebreo brasiliano, ha ricordato l’eroismo del parente ed esortato il governo ad accelerare gli sforzi per riportare indietro gli ostaggi ancora detenuti a Gaza.

In migliaia hanno marciato per ricordare il giovane padre Hanan Yablonka, trucidato da Hamas al festival Supernova. La marcia, organizzata dalla famiglia di Yablonka che ha chiesto ai cittadini di unirsi al corteo, trasformandolo in una marcia per ridare priorità al rilascio degli ostaggi. Il corteo è partito dalla casa della famiglia ed è terminato al cimitero di Kiryat Shaul, passando per le strade di Tel Aviv nord e Ramat Hasharon.

Il terzo corpo recuperato insieme di Yablonka e Nisenbaum era del fidanzato franco-messicano di Shani Louk, il trentenne Orión Hernández Radoux. Si ritiene che 121 dei 252 ostaggi rapiti da Hamas il 7 ottobre siano rimasti a Gaza, 37 dei quali dichiarati morti da funzionari israeliani. Hamas detiene due civili israeliani con problemi psichiatrici, Avera Mengistu e Hisham al-Sayed, entrati nella Striscia di propria iniziativa rispettivamente nel 2014 e nel 2015, nonchè i corpi di due soldati caduti in battaglia nel 2014, Oron Shaul e Hadar Goldin.