di Ilaria Myr
Intervista esclusiva a Rawan Osman. Ha fondato Arabs Asks, ha un profilo Instagram e una pagina Facebook con migliaia di follower, ai quali
si rivolge in arabo e in inglese. «Mi dicono che li ho fatti guardare la realtà in modo diverso – racconta. – Per me questo è un grande traguardo»
«Il 7 ottobre ho sentito che dovevo prendere posizione accanto a Israele, che dovevo, in quanto persona perfettamente consapevole di quanto sia forte la macchina della propaganda antisemita nel mondo arabo e musulmano, esprimermi contro gli orrori commessi da Hamas quel sabato nero, e in generale delle morti di civili perpetrate dalla Repubblica islamica e dai suoi proxy in Iran e nei paesi arabi. Quasi mezzo milione di siriani sono stati uccisi dal regime siriano, un ‘campione’ della causa palestinese, con la collaborazione di Hezbollah. È stata come una chiamata, e oggi la mia missione è raccontare la verità».
La sirio-libanese Rawan Osman ci parla da Gerusalemme, dove ha passato più di due mesi per laurearsi all’università in Studi ebraici, ma da un anno sente il bisogno di andare più volte in Israele per raccontare quello che i media mainstream non vogliono dire: che è un Paese vivace, multiforme, articolato al suo interno, con mille sfaccettature e per questo ricco e interessante. Rawan conta sulla forza della sua voce e parla che più chiaro non si potrebbe: la “causa palestinese” è soltanto una facciata, Israele è attaccato da forze legate all’Iran, forze che vogliono la sua distruzione.
Nei suoi post su Instagram, dove la seguono in 47 mila, e Facebook (6641 follower) Rawan si rivolge al pubblico, spiegando, partendo dalla sua esperienza personale, l’odio radicato nel mondo arabo verso Israele e gli ebrei, il falso mito che Hezbollah, Hamas e i paesi legati all’Iran siano dalla parte dei palestinesi e della gente comune, e quanto la guerra a Israele sia un attacco alla democrazia e all’Occidente. In alcuni post, addirittura si spinge a intervistare israeliani comuni, che hanno una storia da raccontare: che sia la madre di Naama Levy, la ventenne rapita il 7 ottobre e tutt’oggi ostaggio a Gaza, o una guida turistica a Shiloh, prima capitale storica di Israele, o un poliziotto che spiega la convivenza di ebrei, cristiani, musulmani e drusi all’interno del corpo di polizia; i post descrivono un paese molto diverso da quello diffuso dai mezzi di comunicazione e sui social media arabi, il volto di una Israele differente.
E la cosa più interessante è che Rawan fa tutto ciò in inglese con i sottotitoli in arabo, o addirittura in alcuni casi parlando in arabo, quando si rivolge a chi abita in quei paesi, perché il suo obiettivo è chiaro: parlare chiaramente a tutti, per costruire un nuovo Medio Oriente e la pace fra Israele e arabi. Per questo ha fondato Arabs Asks, un canale Instagram in cui inizialmente si rivolgeva solo al mondo arabo, ma visto l’interesse suscitato dai suoi post anche in Occidente ha deciso di rivolgersi in inglese anche a tutti gli altri.
«Sono un’antisemita ‘guarita’: sono cresciuta nel mondo arabo e non c’era niente che odiassi di più di Israele e degli ebrei – spiega a Bet Magazine -. Ci insegnano a scuola a odiare Israele e il yahud, e, senza conoscerli, raccontiamo che gli ebrei occidentali sono arrivati in Palestina per colonizzarla dando per implicito che la Palestina era un paese esistente e che gli ebrei erano estranei nella regione. Ma la Palestina non è mai stata uno Stato, e gli ebrei sono una presenza storica, stabile e costante, in quella zona del mondo. E poi, ricordiamoci che gli ebrei hanno subito attacchi e pogrom nei paesi arabi molto prima della nascita di Israele…».
Dopo avere vissuto in quattro paesi arabi diversi, a 26 anni Rawan è emigrata in Europa, ed è lì che ha avuto il primo contatto con degli ebrei “in carne e ossa”. «Mi trovavo a Strasburgo, e in un negozio è entrato un gruppo di ebrei ortodossi. Ho avuto un attacco di panico, sono uscita di corsa dal negozio. Mi sono guardata allo specchio e ho capito che per la prima volta stavo condividendo lo spazio vitale con degli ebrei. Ero allibita dalla mia reazione. Ho quindi cominciato a studiare e a scoprire la storia del Medio Oriente, capendo che la mia percezione era stata plasmata da Nasrallah, che per anni avevo considerato un eroe».
Ora che Nasrallah è stato ucciso e che l’IDF sta colpendo bersagli dell’organizzazione terroristica, Rawan in un post si appella ai libanesi: «Questa guerra in Libano non è voluta da Israele, ma è stata voluta proprio da Hezbollah e dalla sua scelta di sparare missili su Israele dall’8 di ottobre in poi. Se state dalla parte dei libanesi e della gente di questa regione, dovete stare con noi contro il sedicente asse della resistenza». Non solo. Rawan critica fortemente la mancanza di una leadership palestinese in grado di guidare un futuro Stato. «Non c’è mai stato uno Stato di Palestina, e anche Israele non era uno Stato, ma lo è diventato grazie alla tenacia, alla perseveranza di leader che avevano un progetto di Stato. Ma dove sono oggi i leader palestinesi? Dove le donne e gli uomini che hanno una visione per un futuro prospero nella regione, invece che pensare solo ad annientare Israele?», ci dice.
Una voce forte, scomoda, la sua. Che certo le ha procurato critiche, condanne e minacce, anche all’interno della propria cerchia famigliare – la madre l’ha ripudiata – ma Rawan non si fa intimidire. «Anche se non ho cifre, vedo che molti miei follower che abitano o provengono dai Paesi arabi sono interessati a quello che scrivo e spesso dicono che li ho fatti guardare la realtà in modo diverso – racconta a Bet Magazine -. Ma questo succede anche con gli israeliani: il fatto di vedere una donna araba che dice queste cose ha fatto capire loro che non tutti gli arabi odiano e vogliono eliminare gli ebrei. E questo per me è un grande traguardo per raggiungere il dialogo e la pace nella regione».