Il dolore di Israele. Funerali per i 4 giovani eroi uccisi dai droni di Hezbollah. Un altro attacco terroristico: un morto e diversi feriti

Israele

di Anna Coen
Vedere i volti giovani e sorridenti dei quattro soldati uccisi è come ricevere un pugno nello stomaco. Sono morti la sera di domenica 13 ottobre in un attacco con droni lanciato da Hezbollah contro una base di addestramento della brigata Golani, vicino a Binyamina, nel nord di Israele. Un altro capitolo tragico in una guerra che sembra non avere mai fine, e che questa volta ha portato via ragazzi di appena 19 anni.

I loro nomi – Omri Tamari, Yosef Hieb, Yoav Agmon e Alon Amitay – sono stati resi noti dalle Forze di difesa israeliane. Quattro vite interrotte, tutte impegnate nell’addestramento militare. Erano giovanissimi e avevano il futuro davanti, ma ora lasciano famiglie distrutte che cercano risposte. Le sirene di allarme, che avrebbero dovuto suonare prima dell’attacco, non sono state attivate. «Non capisco perché – ha detto, sconvolto, il padre di uno dei soldati feriti –. I nostri ragazzi stavano cenando quando il drone ha colpito la sala da pranzo. Come può essere successo?». Una domanda che pesa come un macigno mentre le famiglie seppelliscono i loro figli e l’Idf sta indagando sul perché non siano suonate le sirene e per quale motivo i tentativi di intercettazione siano falliti.

I funerali si sono svolti tra lunedì e martedì, in un’atmosfera carica di dolore e rabbia. Non si piange solo per la perdita, ma anche per la sensazione che tutto ciò avrebbe potuto essere evitato.

Hezbollah ha subito rivendicato l’attacco, con toni di sfida. Hanno parlato di «sciami di droni», alcuni usati per la prima volta, che sono riusciti a eludere le difese aeree israeliane. «Questo è solo l’inizio», ha dichiarato il gruppo, che promette nuovi attacchi. Le indagini preliminari hanno confermato che due droni, probabilmente del modello Mirsad, sono penetrati nello spazio aereo israeliano dal mare, colpendo la base militare con precisione.

Il bilancio è pesante: oltre ai quattro soldati uccisi, ci sono 58 feriti, di cui 40 ancora ricoverati in ospedale. Israele, che nelle ultime settimane ha intensificato le operazioni militari nel sud del Libano, si trova ora a fare i conti con un nemico che utilizza tattiche sempre più sofisticate. E il senso di vulnerabilità cresce, anche tra le stesse forze armate.

Adir Kadosh, 33 anni, ucciso in un attacco a colpi di arma da fuoco

Ma non è tutto. Come se non bastasse, martedì 15 un altro attentato ha colpito Israele, questa volta sulla Highway 4, nei pressi di Ashdod. Adir Kadosh, un sergente maggiore di 33 anni, è stato ucciso in un attacco a colpi di arma da fuoco. Quattro persone sono rimaste ferite, tra cui un medico. Kadosh era molto conosciuto e amato, non solo per il suo lavoro, ma anche perché faceva parte della comunità LGBTQ israeliana. Avrebbe dovuto sposarsi il mese prossimo, e subito dopo avrebbe iniziato un corso per diventare ufficiale comandante. La sua morte ha scosso profondamente il Paese. Secondo Israel Hayom, si prevede che il fidanzato di Adir Kadosh, Edi Levy, verrà riconosciuto vedovo nonostante le nozze siano previste per novembre. Il presidente Isaac Herzog ha voluto ricordarlo in un post su X, definendolo «un eroe caduto per mano di un terrorista spregevole». Adir è stato sepolto nel cimitero militare di Holon diverse ore dopo l’attacco, secondo la tradizione ebraica.

L’attentatore, identificato come Muhammad Dardouna, è un palestinese di 28 anni, originario di Gaza, che è riuscito a entrare illegalmente in Israele dalla Cisgiordania. Secondo i primi rapporti, è stato notato dagli agenti di polizia mentre si aggirava in zona. Quando lo hanno avvicinato per un controllo, Dardouna ha aperto il fuoco. È stato fermato solo grazie al coraggio di un volontario del servizio ambulanze, Magen David Adom, che si trovava lì per caso. «Pensavo fosse un poliziotto – ha raccontato il volontario –. Poi ha iniziato a sparare, e mi sono reso conto che era un terrorista. Ho estratto la mia pistola e gli ho sparato».

Questo attentato si aggiunge a una lunga serie di attacchi violenti che hanno segnato Israele negli ultimi giorni. Mentre il Paese celebra le festività ebraiche, la sicurezza è continuamente messa alla prova. La scorsa settimana, un uomo è stato ucciso a Hadera, e pochi giorni prima un altro giovane soldato, Shira Suslik, era stato assassinato in un attacco a Beersheba. Altre dieci persone sono rimaste ferite nell’attacco.

C’è una sensazione crescente di insicurezza, un’ombra che si allunga sempre di più. E mentre le autorità cercano di rassicurare la popolazione, la realtà sul campo è spietata. Ogni nuova vittima è un colpo al cuore di una società che, nonostante tutto, continua a resistere e a lottare per la sua sicurezza. Ma la domanda che tutti si fanno è: per quanto ancora? E a quale prezzo?