Israele, cerimonia in ricordo dei 4mila falascia morti nel deserto

Israele

di Roberto Zadik

I Leader della Comunità etiope in Israele durante la cerimonia in ricordo delle vittime durante l'operazione Moses
I Leader della Comunità etiope in Israele durante la cerimonia in ricordo delle vittime durante l’operazione Moses

Una storia dolorosa e sconosciuta e nascosta per 31 anni che il sito Ynet riporta alla luce con un interessante articolo. Il portale fa sapere che in questi giorni la Comunità israelo-etiope ha tenuto la sua annuale cerimonia di commemorazione degli ebrei etiopi morti in massa durante la cosiddetta operazione Moses realizzata fra il 1984 e il 1985 dal Mossad in collaborazione con la Cia.

Durante la carestia che colpì l’Etiopia, gli ebrei del Paese si rifugiarono per disperazione nei campi profughi in Sudan e da lì aspettarono che gli israeliani venissero a prenderli per portarli nella Terra Promessa al riparo da fame e sofferenze. Invece durante l’attesa di prendere l’aereo, a notte fonda, metà di loro sono morti cercando di raggiungere a piedi e senza mezzi il Sudan di fame, stenti e malattie.

La cerimonia si è tenuta lunedì 6 giugno durante Yom Yerushalaim sul Monte Herzl nelle vicinanze dello Yad Vashem e vi hanno partecipato diverse istituzioni israeliane dal Primo Ministro Nethanyahu, al presidente Rivlin e al nuovo ministro per l’Immigrazione Sofa Landver del partito Israel Beitenu) oltre ai membri delle famiglie delle persone decedute nel deserto del Sudan. Un evento molto sentito in cui le autorità, sia Rivlin che Nethanyahu, si sono soffermati sul bisogno di lottare contro razzismo e discriminazioni verso la comunità etiope per errori passati nel procedimento di assorbimento nella società.

A questo proposito Nethanyahu ha detto che “metto in primo posto problematiche come il razzismo che nel nostro Stato non hanno posto” e rivolgendosi agli ebrei etiopi li ha incoraggiati così” siete parte integrante della nostra nazione e uguali a tutti gli altri suoi cittadini.” “Rendiamo omaggio” ha continuato “alle migliaia di vittime ce sono cadute durante la loro camminata dall’Etiopia a Israele e quest’anno abbiamo aggiunto i nomi dei caduti alla statua in ricordo di quanto accaduto in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale del Sionismo. Un piccolo gesto per commemorare un enorme numero di morti. conserveremo eternamente il loro ricordo e troviamo consolazione nel fatto che noi abbiamo coronato il loro sogno di vivere a Sion e a Gerusalemme”.

Parole accorate anche dal Presidente Rivlin “l’immigrazione ebraica in Israele, chiamata Aliyah, richiede non solo agli immigrati ma anche al Paese di capire e essere consapevoli del viaggio che gli immigrati fanno per arrivare fino a qui, nonostante le buone intenzioni, spesso le autorità per l’immigrazione non riescono a immedesimarsi in questo sforzo”. Nel suo intervento, egli ha concluso “ora le sfide sono tante e Israele deve continuare a correggere i suoi errori per rendere più ospitale il Paese verso gli immigrati che fanno l’Aliyah. Anche una società modello come quella Israeliana è nata dal sangue, dalle lacrime e dal sudore a prezzo di un duro lavoro e di costanti cambiamenti. Dobbiamo impegnarci di più per diffondere una vicenda unica nel suo genere come l’Aliyah degli ebrei etiopi che hanno vissuto grandi sofferenze per questo, venendo spesso incarcerati, uccisi e presi come ostaggi dai regimi etiopi e sudanesi. La loro vicenda resta una fondamentale tappa della storia di Israele”.