di Roberto Zadik
In contemporanea con le sinagoghe milanesi, anche in Israele si ricomincia con preghiere e modeste e ristrette riunioni di persone, assoggettate alle consuete misure preventive da Covid 19. Il Times of Israel ha annunciato mercoledì, 20 maggio, la riapertura dei luoghi di culto ovviamente però, come riportato nell’articolo, mantenendo le misure di sicurezza e accorgimenti igienico-sanitari richiesti. E così proprio i luoghi che erano stati fra i “focolai” del virus, con assembramenti specialmente nelle comunità ortodosse di Bnei Berak o di Gerusalemme ricominciano le attività.
Israele sembra avere una gran voglia di riprendere prima possibile una certa “normalità” anche se i morti sono saliti a 279 e i contagi a 16,659, con la scomparsa su Ynetnews di un 33enne padre di famiglia morto di Coronavirus ma afflitto da patologie precedenti e l’incertezza e la prudenza sembrano essere le due parole d’ordine della situazione attuale. Nonostante da ora si possa tornare in sinagoga, anche se con presenze molto limitate, bisognerà rispettare la distanza di due metri fra persone e indossare l’inseparabile mascherina e i necessari controlli nelle strutture che tutti rispettino le regole. Soddisfatto, l’attivista Yehudah Glick, americano naturalizzato israeliano e presidente della Fondazione Shalom Jerusalem che ha twittato “Halleluyah” anche se come ha specificato il Rabbino Shmuel Slotki “nonostante ci siano un milione e mezzo di fedeli che aspettano con ansia di tornare nei luoghi di preghiera bisognerà attenersi scrupolosamente alle misure del Ministero della Salute. Le sinagoghe che non ci riusciranno non dovrebbero riaprire”.
Stati d’animo contraddittori emergono sul Times of Israel fra entusiasmo e invito alla cautela come il medico ultraortodosso Shimon Ragubi che sottolinea il pericolo sanitario del ritorno in sinagoga. “Ci sono tre fattori di grande rischio” ha affermato “lo stare in gruppo in spazi chiusi, riunirsi per lungo tempo e gli affollamenti”. Tensione per la festività di Shavuot in cui la Fondazione Eredità del Muro Occidentale (Western Wall Heritage Foundation) ha vivamente invitato gli utenti del sito a registrarsi da questo sabato sera, 23 maggio e in una sorta di “lotteria” i vincitori saranno pubblicati nel database in attesa dei permessi per accedere alle preghiere. La decisione di riaprire i luoghi di culto, come ha sottolineato l’articolo è inserita nel progetto di ricominciare le attività, da settimana prossima, nei bar, nei ristoranti e nei locali notturni e dal 27 maggio anche delle piscine, degli alberghi e delle attività scolastiche e extra. A quanto pare, primo a spingere Nethanyahu al provvedimento di riaprire le sinagoghe è stato Rav Lau, Rabbino Capo askenazita di Gerusalemme, nonostante le sinagoghe e le yeshivot siano stati fra i principali luoghi nella diffusione del contagio in Israele durante quei difficili primi giorni del virus in tutto il mondo. Israele finora ha compiuto grandi sforzi di contenimento della pandemia, di riprendere l’economia impedendo il crollo finanziario del Paese e il governo ha realizzato in questi mesi un piano di graduale riapertura delle attività.