Per la nostra identità ebraica e soprattutto per il nostro rapporto con lo Stato di Israele, quelle che stiamo attraversando sono giornate del tutto particolari.
A Milano la grande mostra Omanut allestita a Palazzo Reale e tutte le altre manifestazioni collaterali offrono a noi come a moltissimi altri cittadini loccasione di apprezzare quale incredibile patrimonio di cultura e di creatività sia stato possibile far crescere sulla base del progetto sionista.
Non si smette mai di stupirsi come una realtà tanto piccola, una società costruita essenzialmente da reduci degli orrori della Shoah e sempre costretta a restare sulla difensiva, sempre minacciata nella propria sopravvivenza, abbia potuto creare tanto e tanto regalare alla tormentata regione del Medio Oriente e al mondo in generale.
Basta andare in giro per le sale, partecipare a qualche momento di incontro, a qualche conferenza, a qualche proiezione o a qualche concerto per rendersi conto che il patrimonio che ci è stato lasciato in eredità, il messaggio di Israele è immenso e neppure noi che ci abbiamo fermamente creduto siamo forse in grado di coglierlo nella sua interezza.
Ma in questi stessi giorni, le conseguenze dolorose del conflitto libanese che ha caratterizzato i mesi estivi, gli scandali che hanno finito per travolgere la stessa presidenza della Repubblica israeliana, ci costringono a compiere anche altre riflessioni.
Israele resta una realtà controversa, una società difficile dove, evidentemente, non tutto è perfetto.
E di conseguenza ci troviamo di fronte a un grande rischio, quello di rifugiarci nellarte, nella creatività, nei grandi valori della cultura, per perdere di vista i punti critici e dolenti che caratterizzano la realtà israeliana.
Il lavoro che dobbiamo compiere, in ogni caso, resta sempre lo stesso. Ricomporre limmagine di Israele, farla uscire dalla mitologia malata di chi vorrebbe far trasparire esclusivamente una leggenda di invincibilità oppure, viceversa, un campione di arroganza (come per anni ed anni ha cercato vigliaccamente di far intendere la stampa italiana).
È ben vero che gli ebrei nel mondo e anche gli ebrei israeliani esprimo una grande varietà di idee e di opinioni. Ma esiste una sola Israele, con le sue potenzialità folgoranti e con le sue magagne, con i suoi successi e con le sue debolezze. Il nostro dovere è quello di ricomporre questa immagine, di difendere questa realtà che fa parte della nostra vita in maniera indissolubile e irrinunciabile, di aiutarla a crescere.
Ma soprattutto di andare fieri della sua capacità di mettersi in gioco, di criticare se stessa, di fare pulizia. Nessuna democrazia al mondo ha lo stesso coraggio e la stessa trasparenza. E questo vale più di qualunque altra opera darte.