di Sofia Tranchina
Israele in fiamme: gli attacchi di Hezbollah e il fallimento dell’Iron Dome hanno acceso gravi incendi nell’Alta Galilea e sulle alture del Golan.
Nella scorsa settimana si è verificata un’escalation delle ostilità tra Israele e il gruppo terroristico libanese.
Quest’ultimo ha lanciato raffiche di razzi sulla zona del Monte Meron, Zar’it, Kiryat Shmona e Malkia. Nel sito di lancio razzi contro Malkia, localizzato ad Aynata, l’IDF ha eliminato un agente terroristico.
Tra il 30 e il 31 maggio, aerei da combattimento israeliani hanno colpito edifici di Hezbollah a Houla, Maroun al-Ras, Aitaroun, Markaba, Jebbayn e Khiam, oltre ad aver neutralizzato un lanciarazzi a Majdal Zoun e una cellula terroristica a Naqoura.
Hezbollah ha poi lanciato 15 razzi contro le comunità di Ga’aton e di Peki’in, causando tre feriti israeliani: un uomo di 66 anni, una donna di 34 anni e un uomo di 26 anni ferito da schegge. Due razzi libanesi sono caduti anche in aree aperte vicino a Yiftah, mentre dei razzi Burkan con testate pesanti sono atterrati in una base militare israeliana adiacente a Kiryat Shmona, causando gravi danni alle infrastrutture, alle proprietà e ai veicoli.
Aerei da caccia israeliani hanno poi colpito i posti di osservazione di Hezbollah a Tayr Harfa e infrastrutture terroristiche a Rachaya al-Foukhar.
Il primo giugno l’IDF ha colpito due terroristi a Majdel Selm e degli edifici di Hezbollah a Baalbek, a Bint Jbeil, a Qana e Baraachit, e ha neutralizzato un deposito di armi a Mays al-Jabal.
Tra domenica 2 e lunedì 3 giugno, i detriti dei razzi di Hezbollah lanciati contro Nahariya, Katzrin, Kiryat Shmona, il Kibbutz Kfar Giladi, il Monte Adir e Amiad, hanno acceso diversi incendi nell’Alta Galilea e sulle alture del Golan.
Complice anche la nuova ondata di caldo, gli incendi hanno consumato già 10mila acri, causando danni significativi alla riserva naturale della foresta di Yehudiya.
Martedì mattina i vigili del fuoco sono finalmente riusciti a guadagnare il controllo dei fuochi, ma un nuovo attacco da parte di Hezbollah e il fallimento di un intercettore israeliano hanno provocato un nuovo incendio a Safed.
Secondo l’Alma Research and Education Center, maggio ha visto un drastico aumento degli attacchi da parte del Libano, contando un totale di 325 attacchi (ovvero, in media, più di 10 al giorno).
A seguito della netta presa di posizione di Hezbollah al fianco delle forze di Hamas e delle continue piogge di razzi finanziati dall’Iran, circa 250.000 residenti della zona settentrionale di Israele sono stati evacuati, e da allora – abbandonate le case e la routine – vivono come rifugiati interni.
I razzi lanciati dal libano dall’8 ottobre hanno mietuto 24 vittime israeliane, di cui 10 civili e 14 tra soldati e riservisti.
Inoltre, la gittata delle munizioni del gruppo terroristico si è allungata inglobando nel raggio d’azione di Hezbollah migliaia di residenti finora ritenuti al sicuro: il 31 maggio la difesa aerea israeliana ha annientato un razzo libanese sulla città di Acri.
Gli incendi di questa settimana e l’intensificarsi della guerriglia hanno riacceso con nuova forza la paura e la rabbia degli sfollati.
Dopo il massacro di civili perpetuato da Hamas il 7 ottobre, i residenti del nord si sono uniti in un’organizzazione che ha come obiettivo di garantire la sicurezza dei 120km del confine settentrionale israeliano.
Il gruppo, fondato da Nisan Zeevi lo scorso dicembre, si chiama Lobby 1701, prendendo il nome dalla risoluzione ONU 1701 firmata nel 2006, che stabiliva la smilitarizzazione del Libano settentrionale fino al fiume Litani dalle forze di Hezbollah, dando il controllo militare della “zona cuscinetto” alle forze dell’UNIFIL (Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite).
La risoluzione ONU è stata ripetutamente violata da Hezbollah, la cui presenza è stata normalizzata negli ultimi tre anni al punto che le sue truppe si spostano liberamente sulla linea blu (linea di demarcazione tra Libano e Israele resa pubblica dalle Nazioni Unite il 7 giugno del 2000).
Lobby 1701 ha fatto appello direttamente al presidente degli Stati Uniti Joe Biden, al primo ministro francese Emmanuel Macron e alla comunità internazionale per chiedere l’attuazione della risoluzione 1701.
Il gruppo, che per otto mesi si è sentito trascurato dal governo, chiede che venga restaurata la zona cuscinetto, sia attraverso mezzi diplomatici che – se necessario – con un’azione militare diretta, proclamando che l’attuale status di rifugiati interni è insostenibile sul lungo termine.
Nonostante non si veda ancora la fine della guerra nella Striscia di Gaza, alcuni ritengono che il governo di coalizione abbia concesso troppo spazio a Nasrallah (leader di Hezbollah), e spingono per una risposta militare massiccia contro il Libano.
Il governo israeliano si è detto disposto a una soluzione diplomatica, pur dichiarandosi pronto a una guerra totale se la diplomazia fallisse.
Perdere 120km di territorio israeliano sotto le forze nemiche può solo portare la guerra sempre più vicino al cuore del Paese, e, secondo il ministro della sicurezza nazionale di destra Itamar Ben Gvir, una risposta limitata a brevi contrattacchi mirati perpetra l’atteggiamento che ha portato al massacro del 7 ottobre.
Hezbollah, che si prefigge di invadere il Golan, conta ad oggi il più grande esercito terrorista del mondo, e riceve missili e finanziamenti dall’Iran.
Per questo motivo, una volta stabilito un confine riconosciuto tra Israele e Libano, una soluzione diplomatica dovrebbe passare, secondo Amos Hochstein (consigliere senior di Biden per l’energia e gli investimenti), per un rafforzamento delle forze armate libanesi (reclutamento, addestramento ed equipaggiamento), permettendo loro di contrastare la prevaricante potenza militare di Hezbollah. Una seconda fase potrebbe comportare un pacchetto economico per il Libano.