di Aldo Baquis
TEL AVIV – La legge fondamentale appena approvata alla Knesset che qualifica Israele come Stato-nazione del popolo ebraico è già stata analizzata da più parti, sia in termini favorevoli sia all’opposto in maniera fortemente denigratoria ed anche allarmata. Su un punto, sostenitori e critici concordano: che essa rappresenta un punto di svolta nella Storia di Israele.
Netanyahu e il Likud
In questo contesto vale la pena di soffermarsi su una questione non marginale che riguarda l’artefice della legge – il premier Benyamin Netanyahu – ed il Likud: il partito che dal 1977 in poi, salvo interludi relativamente brevi, ha mantenuto le redini di governo. La domanda che balza agli occhi è: come mai l’impellente necessità di stabilire formalmente quanto in Israele è dato abbondantemente per scontato – ossia che il Paese è lo Stato-Nazione del popolo ebraico – sia emersa solo nel luglio 2018? La risposta succinta è che nel Likud in questi decenni è avvenuta una metamorfosi e che il partito di Menachem Begin e quello di Benyamin Netanyahu hanno ancora il medesimo nome, ma rappresentano ideali differenti.
Il presidente Reuven Rivlin
Chiunque abbia seguito il dibattito interno che ha accompagnato la formulazione della legge in Parlamento avrà sicuramente notato il dolore sincero manifestato da personaggi di grande prestigio nella Destra nazionalista, ma ormai relegati a posizioni molto marginali nel ‘Likud modello 2018’. In primis, il Capo dello Stato Reuven Rivlin, revisionista fin dalla nascita, che con una clamorosa ‘invasione di campo’ ha abbandonato per un giorno la propria posizione di figura istituzionale, sopra le parti, per fare appello ai deputati affinchè cambiassero un paragrafo che avrebbe autorizzato la costruzione di località del tutto omogenee su base religiosa o etnica. La nuova formulazione, con un mezzo passo indietro, indica adesso che ‘’lo Stato vede nello sviluppo di insediamenti ebraici un valore supremo, e agirà per incoraggiarne e favorirne il loro rafforzamento’’.
Moshè Arens
Altrettanto amara la reazione dell’ormai anziano Moshe Arens, ex ministro della difesa del coriaceo Yitzhak Shamir, certamente un punto di riferimento importante nel Likud. Su Haaretz in questi giorni Arens ha fatto notare che l’ultima cosa che un governo israeliano sensato dovrebbe fare è appunto di far sentire la popolazione araba locale poco gradita nel loro Paese. ‘’Fra i milioni che vivono nel Medio Oriente, i cittadini arabi di Israele sono gli unici che beneficiano di una economia libera e progredita, di opportunità di lavoro, economiche e sociali. Israele dovrebbe andare fiero del loro inserimento, che è uno dei successi maggiori del nostro Stato’’. Declassare la lingua araba ? Al contrario, ha replicato Arens. Israele dovrebbe piuttosto moltiplicare le energie affinchè il suo sistema educativo produca allievi in grado di esprimersi e di dialogare in arabo.
Begin Jr.
Si arriva così a Benny Begin, figlio del premier ed ideologo nazionalista Menachem Begin, oggi deputato alla Knesset ma poco amato nella lista parlamentare del Likud. Sulla legge Stato-Nazione Begin jr. aveva preparato un testo che, a suo parere, avrebbe ottenuto il sostegno di 100 dei 120 deputati. ‘’Lo Stato di Israele – si leggeva – è il focolare nazionale del popolo ebraico; e’ basato su fondamenta di libertà, di giustizia e di pace, alla luce della visione dei profeti di Israele e garantisce eguaglianza e parità di diritti per tutti i suoi cittadini’’. ‘’Il diritto all’autodeterminazione nazionale nello Stato di Israele – aveva aggiunto – è peculiare del popolo ebraico’’. Ma per mettere a tacere il fastidioso Grillo Parlante, Netanyahu-Pinocchio ha preferito scagliargli (idealmente) un martello che lo spiaccicasse.
Jabotinsky
In successive interviste Begin Jr. ha spiegato di aver attinto oltre agli insegnamenti di suo padre anche alla ideologia di Zeev Jabotinsky, grande ideologo del revisionismo sionista. Negli anni Trenta questi scriveva: ‘’Anche una volta realizzata la maggioranza ebraica, resterà sempre nella nostra terra un consistente pubblico arabo. Se un giorno questi abitanti dovessero attraversare un periodo negativo, tutti ne soffriremmo. Garantire al contrario che le condizioni degli arabi siano forti politicamente, economicamente e culturalmente resterà sempre una condizione principale per il benessere e la stabilita’ di tutta la Terra d’Israele’’. Con posizioni del genere, difficilmente Jabotinsky troverebbe spazio nel ‘Likud modello 2018’. Forse nemmeno Begin, Shamir o Sharon (che giunto al tramonto fondo’ il partito centrista Kadima, con Tzipi Livni) si sentirebbero a loro agio.
Nazionalismo/sciovinismo
Cosa aveva insegnato Begin padre e a Begin figlio? Che il nazionalismo (in ebraico: leumiut) è amor di patria. Dunque è fondato sull’amore. A differenza dello sciovinismo (in ebraico: leumanut) che è fondato sull’astio etnico, sulla repulsione nei confronti del diverso. Uno è positivo, l’altro negativo. La legge approvata adesso alla Knesset, secondo Begin jr. rientra – sia per quello che dice, sia per quello che tace – nella seconda categoria. Nel voto alla Knesset, Begin jr. si è astenuto. Non poteva sostenerla, ma ha apprezzato che alcuni passaggi particolarmente problematici siano stati eliminati in extremis.
Dov’è finito il Gaha”al?
All’origine del Likud degli anni Settanta c’era il Gaha”al. Era la fusione di due partiti: il Herut, più populista e nazionalista, e i Liberali, di estrazione borghese e moderata. Allora la corrente liberale del Likud ebbe diversi protagonisti fra cui Simcha Ehrlich, Eliezer Rimalt, Yosef Sapir, Moshe Nissim. Oggi di quella corrente di pensiero restano Rivlin, Arens, Begin jr., Aryeh Naor e Dan Meridor. Nessuno di loro ha ormai un peso reale nel ‘Likud-modello-2018’. D’ora in poi la metamorfosi compiuta in seno al Likud caratterizza necessariamente l’immagine che lo Stato d’Israele proietta di se stesso all’esterno.
(Fonte foto: Times of Israel, Miriam Alster/Flash90)