di David Zebuloni
Nell’era del trash e dello show off ostentato, arriva in punta di piedi un programma televisivo che sfida tutte le regole della scuola di rating: da un lato dieci anziani over 80, dall’altro dieci bambini di quattro anni. Nulla di più.
Ottantaquattro è il nome del fenomeno televisivo che ha conquistato il cuore degli israeliani. L’asilo in questione, soprannominato l’Asilo per Anziani, è il risultato di un esperimento condotto da un team di medici e psicologi. L’obiettivo è quello di dimostrare che l’incontro tra anziani e bambini può migliorare la qualità di vita degli anziani e sviluppare il senso empatico dei bambini. I dieci “nonni” in questione sono stati dunque sottoposti ad una serie di esami fisici e mentali prima dell’incontro con i nuovi “nipoti”. Il risultato degli esami non è stato affatto incoraggiante: a tutti gli anziani è stato diagnosticato uno stadio avanzato di depressione dovuta alla solitudine e al senso di inutilità. In parallelo al malessere mentale, i medici hanno diagnosticato numerosi malesseri fisici, in particolare hanno misurato il rischio di caduta al quale gli anziani sono sottoposti, scoprendo così che il 90% di loro sono ad alto rischio.
“L’obiettivo è quello di dimostrare che in seguito alle sei settimane trascorse con i bimbi, gli anziani si sentiranno meno soli, meno inutili, meno stanchi”, ha detto Dr. Yoram Maaravi, esperto di geriatria nell’ospedale di Hadassa. “Se riusciremo a confermare la nostra teoria, potremo applicare questo modello in tutti gli asili e tutte le case di riposo del paese, migliorando così la qualità di vita di un milione di anziani che vivono ad oggi in Israele”. Anche il benessere del bambino viene messo al centro dell’esperimento. “Siamo certi che questo incontro possa rendere i nostri bambini più empatici, più pazienti, più consapevoli”, ha dichiarato lo psicologo Arik Taib.
I risultati sono stati a dir poco strabilianti. Dopo un primo incontro teso e poco riuscito tra le due generazioni, anziani e bambini hanno imparato a parlare lo stesso linguaggio, giocare allo stesso modo, camminare allo stesso ritmo. Israel, che inizialmente ha dichiarato di non credere in questo progetto ma di parteciparci solo perché sua moglie probabilmente avrebbe voluto così, ha riscoperto il piacere di stare in compagnia. Alisa, che sembrava essere la più cinica e diffidente del gruppo, ha raccontato che grazie ai bambini ha recuperato l’infanzia perduta in guerra. Ida, che a 93 anni pensava di non poter più provare emozioni, ha dichiarato di aver restituito un senso alla sua esistenza. Peretz, a cui era stata diagnosticata la forma più grave di depressione, ha ammesso di non essere mai stato più felice. Proprio Peretz è stato il personaggio ad aver commosso maggiormente gli spettatori israeliani. Lo stesso Peretz che all’inizio dell’esperimento non voleva alzarsi dalla sedia, l’abbiamo visto rotolarsi per terra insieme ai bambini, correre dietro un aquilone, giocare a pallone. “Quando l’anziano scopre di avere un ruolo, di poter contribuire all’educazione e alla crescita di questi bambini, scopre delle energie nascoste che ignorava di avere”, spiega Dr. Yoram Maaravi.
Anche i bambini, che inizialmente non avevano dimostrato alcun senso di empatia nel confronto dei nuovi “compagni di classe”, nel tempo hanno imparato a riconoscere le loro debolezze. La piccola Maya che corre ad abbracciare Ida quando la vede seduta con lo sguardo perso, Shay che afferra per mano la nonna adottiva Yehudit quando la vede rimanere indietro, Omer che afferma con un grande sorriso che il suo migliore amico è il vecchio Peretz.
Ottantaquattro è emozionante e esilarante, un programma che fa riflettere sulla vita e sulla morte, che fa piangere e che fa ridere, ma soprattutto che fa venire una gran voglia di andare a visitare i propri nonni. E i risultati non mentono: tutti gli anziani in seguito al programma hanno riscontrato dei miglioramenti straordinari, fisici e mentali. Per citare Gil, il maestro sorridente che ha seguito grandi e piccini per tutte le sei settimane: “Tutto ciò di cui un anziano ha bisogno, è un bambino che creda in lui.”