Israele paralizzato dal più grande sciopero dallo scoppio della guerra: mezzo milione di cittadini vuole gli ostaggi a casa ad ogni costo

Israele

 di Anna Balestrieri

Uno sciopero nazionale è in corso in Israele dopo che l’Histadrut, il più grande sindacato del paese, ha lanciato l’iniziativa per spingere verso un accordo sugli ostaggi, affermando che “l’intera economia israeliana si fermerà.” Proteste furiose sono scoppiate dopo che l’esercito israeliano ha recuperato i corpi di sei ostaggi uccisi a sangue freddo a Gaza questo fine settimana. I manifestanti sostengono che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non abbia fatto abbastanza per liberare gli ostaggi e mirano ad aumentare la pressione su di lui per raggiungere un accordo di cessate il fuoco con Hamas. Le manifestazioni si sono diffuse in diverse città come Tel Aviv, Ra’anana, Rehovot e Be’er Sheva, con i manifestanti che bloccano le strade e chiedono un accordo immediato per garantire la liberazione degli ostaggi rimanenti. L’aeroporto internazionale di Tel Aviv ha sospeso partenze e arrivi dei voli per due ore a partire dalle 8:00.

Lo shock nazionale per i sei ostaggi assassinati

La pressione sul governo è aumentata dopo che i corpi di sei ostaggi sono stati trovati in un tunnel sotterraneo nell’area di Rafah, nel sud di Gaza. Le vittime sono state identificate come Carmel Gat, Eden Yerushalmi, Hersh Goldberg-Polin, Alexander Lobanov, Almog Sarusi e il sergente Ori Danino. Le autorità israeliane hanno dichiarato che gli ostaggi sono stati uccisi poco prima che le truppe israeliane li raggiungessero. Tre degli ostaggi uccisi a Gaza – tra cui l’israelo-americano Hersh Goldberg-Polin – avrebbero dovuto essere rilasciati in un accordo di cessate il fuoco, secondo funzionari statunitensi e israeliani. Questo accordo è ora in una fase critica, con il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti che ha dichiarato che “i prossimi giorni saranno decisivi” per liberare coloro che sono ancora trattenuti da Hamas.

Le proteste in Israele sono iniziate dopo che il Forum delle Famiglie degli Ostaggi ha lanciato un appello pubblico sabato sera, chiedendo una mobilitazione per ottenere un accordo che garantisse il rilascio degli ostaggi. Nel messaggio, il Forum dichiarava: “A partire da domani, il paese tremerà. Chiediamo al pubblico di prepararsi. Fermiamo il paese”. Accusavano il Primo Ministro di aver abbandonato gli ostaggi. Alcuni striscioni nei cortei riportano slogan come “Guardali negli occhi”, evidenziando l’urgenza dell’accordo e la disperazione delle famiglie coinvolte. Alle accuse, Netanyahu ha risposto accusando Hamas di aver ucciso i sei ostaggi i cui corpi sono stati recuperati da Gaza e ha dichiarato che “chi uccide gli ostaggi non vuole un accordo”. Ha aggiunto che Israele continuerà a perseguire il gruppo terroristico.

 

L’impasse nelle trattative

Il corridoio Philadelphi, una striscia di terra lunga 14 chilometri lungo il confine di Gaza con l’Egitto, è diventato il punto di contesa centrale nei negoziati tra Israele e Hamas. Israele insiste nel mantenere il controllo della zona di confine, mentre Hamas richiede il ritiro delle truppe israeliane. La gestione del corridoio ha generato anche tensioni interne, in particolare tra Netanyahu e il ministro della difesa Yoav Gallant, che ha criticato la decisione del primo ministro di dare priorità al controllo del corridoio rispetto al raggiungimento di un accordo per il rilascio degli ostaggi. Gallant, così come il leader dell’opposizione Yair Lapid, ha appoggiato le proteste su vasta scala.

Le dichiarazioni di Netanyahu, che ha accusato Hamas di non voler portare avanti trattative genuine, non hanno placato le proteste.

 

Manifestazioni senza precedenti

Migliaia di israeliani sono scesi in piazza a Tel Aviv, Gerusalemme e altre città, accusando il governo di non aver fatto abbastanza per ottenere un accordo che garantisse la liberazione degli ostaggi rimanenti. Parallelamente, la più grande federazione sindacale israeliana, la Histadrut, ha indetto uno sciopero generale per lunedì 2 settembre, chiedendo al governo di concludere un accordo per il rilascio degli ostaggi. Lo sciopero ha coinvolto vari settori economici, tra cui il trasporto aereo presso l’aeroporto Ben Gurion, causando ulteriori pressioni sul governo.

Le manifestazioni, inizialmente pacifiche, hanno visto momenti di tensione, con i manifestanti che hanno bloccato una delle principali arterie di Tel Aviv, l’autostrada Ayalon. Le forze dell’ordine li hanno dispersi con la forza. La polizia ha arrestato 29 persone, accusandole di vandalismo e comportamento disordinato. Una poliziotta è rimasta ferita durante gli scontri.

Il ministro delle finanze di estrema destra, Bezalel Smotrich, ha chiesto un’ingiunzione urgente per fermare lo sciopero, affermando che danneggerebbe l’economia in tempo di guerra e creerebbe un precedente pericoloso. Tuttavia, il leader sindacale Arnon Bar-David ha insistito che lo sciopero è necessario per spingere il governo a ottenere il rilascio degli ostaggi.

Alcuni manifestanti hanno dichiarato che il tempo è ormai scaduto e che non possono più rimanere in silenzio, chiedendo un intervento immediato per salvare gli ostaggi ancora vivi.

 

I familiari degli ostaggi

Nelle proteste sono state particolarmente significative le figure dei familiari degli ostaggi, che hanno affermato di sentirsi abbandonati dal governo. Il Forum delle Famiglie degli Ostaggi ha lanciato un appello per le proteste in tutto il paese, organizzando manifestazioni in concomitanza con la riunione del Gabinetto a Gerusalemme e una veglia in memoria degli ostaggi uccisi a Tel Aviv. I familiari di Liri Albag, una degli ostaggi ancora detenuti, hanno chiesto il sostegno della popolazione per mantenere alta la pressione sul governo.

Hersh Goldberg-Polin, uno degli ostaggi più tristemente noti a seguito della pubblicazione del suo videomessaggio ad aprile, è stato confermato come una delle vittime recuperate. Questo ha ulteriormente aggravato il dolore e la preoccupazione delle famiglie, che temono che il tempo stia scadendo per i loro cari ancora prigionieri. La famiglia di Goldberg-Polin, particolarmente attiva nel fare pressione su funzionari statunitensi per risolvere la crisi degli ostaggi ed intervenuta alla convention democratica dell’agosto 2024, ha subito un duro colpo alla notizia della sua morte.

In risposta alle critiche, Netanyahu ha affermato che Israele continua a condurre intense negoziazioni con i mediatori per raggiungere un accordo, ma ha ribadito che è a Hamas a continuare a rifiutare ogni proposta. Tuttavia, il crescente malcontento tra la popolazione e le forti critiche da parte di diverse fazioni politiche stanno mettendo ulteriore pressione su un governo già in difficoltà.

Il Forum delle Famiglie degli Ostaggi ha reagito duramente alle dichiarazioni del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, accusandolo di non assumersi la responsabilità per il fallimento delle trattative. Pur riconoscendo la responsabilità di Hamas, il Forum ha insistito sul fatto che spetta al Primo Ministro fare tutto il possibile per riportare a casa gli ostaggi.

Nel frattempo, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha rinnovato l’appello per il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi, sottolineando l’urgente necessità di porre fine alla guerra e alla sofferenza in corso a Gaza.