di David Fiorentini
Giovedì 20 Maggio, la tregua, finalmente Israele dopo il caos, le elezioni, la pandemia, e Hamas, prova a tornare alla normalità e soprattutto alla tranquillità. Ma si sa, in Israele non si dorme mai, non c’è mai un momento di pausa, e infatti proprio il 20 Maggio cadeva un’altra importante scadenza per lo Stato ebraico: il termine ultimo per presentare le candidature per le elezioni presidenziali israeliane. Il 9 Luglio scadrà il settimo anno di mandato del Presidente uscente Reuven Rivlin, e quindi il prossimo 2 Giugno sarà il momento di scegliere il suo successore.
Curiosamente, anche nel Luglio del 2014, le elezioni presidenziali furono a cavallo di un conflitto con Hamas, l’Operazione Margine Protettivo. Fu dunque fondamentale la figura unificante e serena di Reuven Rivlin per risollevare il Paese, dopo settimane di duro scontro. Dopo aver ricevuto il supporto della maggior parte della Knesset, riuscì ad accaparrarsi il consenso sia dei cittadini arabi, che apprezzarono la sua sensibilità verso i diritti delle minoranze, sia della destra nazionalista, in primis Naftali Bennett e Danny Danon, che gradirono la sua disponibilità a espandere la sovranità israeliana in Cisgiordania. Nel corso degli anni, Rivlin ha parlato con Capi di Stato e Primi Ministri di tutto il mondo, ma soprattutto si è interfacciato con i numerosissimi giovani, non facendo mai mancare il proprio supporto alle nuove generazioni e alla World Union of Jewish Students (WUJS). Un personaggio molto amato da tutto il Paese, che adesso, dopo 7 anni, si trova a scendere dal suo ruolo e cedere il testimone.
Il sistema elettorale del presidente
Il prossimo 2 Giugno i 120 membri della Knesset saranno chiamati a votare un nuovo Presidente. Il sistema elettorale prevede due turni a scrutinio segreto: se nessun candidato non ottiene la maggioranza al primo round, si va al ballottaggio. Qualsiasi cittadino dello Stato ebraico può candidarsi, a patto che presenti entro la data prestabilita la sua candidatura sottoscritta da almeno 10 membri della Knesset.
Mentre il passaggio dal Parlamento può far sembrare l’elezione una questione puramente politica, l’importanza simbolica della presidenza garantisce che l’eletto sia una persona dal carattere eccellente e dalla grande passione per la causa sionista, oltre che avere approfondita conoscenza di tutti gli ambiti della società israeliana. Il ruolo del Presidente infatti, come in ogni repubblica parlamentare, è largamente cerimoniale. L’unico compito, o quasi, di matrice politica è la concessione a seguito di nuove elezioni del mandato esplorativo al leader della coalizione con più probabilità di formare un Governo.
Tuttavia, è intrigante come nell’Aprile del 2020, l’On. Merav Michaeli del Partito Laburista, pur di prevenire ogni possibilità dell’attuale Premier Netanyahu di candidarsi, ha proposto un disegno di legge, poi bocciato, che inibisca i soggetti correntemente sotto procedimenti penali dal correre per le presidenziali. Ciò a dimostrazione che nonostante il limitato potere, la presidenza è considerata una posizione molto influente nel panorama nazionale.
Comunque sia, Netanyahu non ha deciso di candidarsi, bensì sono pervenute solamente due candidature, quelle di Isaac Herzog e di Miriam Peretz.
I candidati alla presidenza: Isaac Herzog vs Miriam Peretz
Isaac Herzog detto Bougie, presidente dell’Agenzia Ebraica ed ex leader dell’Opposizione, ha ottenuto le firme di 27 ben rappresentanti, provenienti da tutto l’arco parlamentare, ad eccezione dei partiti arabi. In passato, è stato membro della Knesset dal 2003 al 2018 e ha ricoperto numerosi incarichi ministeriali tra il 2005 e il 2011, fra cui il Ministero al Welfare e il Mistero alla Diaspora. Leader del Partito Laburista e dell’Unione Sionista dal 2013 al 2017, è stato il candidato di centrosinistra a Primo Ministro alle elezioni del 2015, da cui però uscì sconfitto da Netanyahu.
Un cursus honorum impressionante, ma anche prevedibile visto che Bougie è un po’ il “figlio d’arte” della politica israeliana. Suo padre era il generale Chaim Herzog, due volte Presidente di Israele dal 1983 al 1993, mentre la madre, Aura Ambache, fu la fondatrice del Consiglio della Bellissima Israele (CBI). Inoltre, suo nonno paterno, Rabbi Yitzhak HaLevi Herzog, fu il Capo Rabbino d’Irlanda dal 1922 al 1935 e il Capo Rabbino Ashkenazita d’Israele dal 1936 al 1959.
“Il prossimo Presidente dello Stato di Israele dovrà guarire le ferite tra di noi – ha dichiarato Herzog su Facebook – dovremmo connettere gli ebrei qui a Siòn con i loro fratelli nella diaspora, migliorare l’immagine internazionale di Israele, difendere il suo buon nome nella famiglia delle nazioni e contrastare i suoi detrattori.”
Dall’altra parte, Miriam Peretz, conosciuta anche come “La madre della vita” è un personaggio che fa brillare gli occhi a qualsiasi israeliano, dall’estrema destra alla sinistra radicale. Educatrice e attivista, divenne rinomata nel Paese a seguito della morte in combattimento di due dei suoi figli, il primo nel Sud del Libano e il secondo al confine con Gaza. Di fronte al bivio tra l’essere sopraffatti dal lutto e la vita, Miriam scelse di continuare a vivere e da lì ha intrapreso il suo straordinario percorso volto a portare gioia, ispirazione e speranza a tutta la nazione. La sua biografia è diventata un bestseller e nel 2018 ha ricevuto il prestigioso “Premio Israele” per la carriera. Un traguardo che ha scaldato il cuore di un popolo intero, soprattutto quando, durante il suo discorso di accettazione, disse: “Io non lo merito questo premio, non ho inventato nulla, non ho scoperto nulla, l’unica cosa che possiedo è un cuore spezzato in due e con questo cuore ho cercato di abbracciare chiunque ne avesse bisogno.”
Nella sua vita Peretz non ha mai speso parole d’odio o di vendetta, “il vero coraggio non è morire per la propria patria, il vero coraggio è vivere per la propria patria.” Se eletta, Peretz sarebbe la prima presidente donna di Israele.
Presto Israele dovrà prendere un’altra storica decisione, bisogna ricucire le ferite che l’intolleranza, l’odio e la tensione hanno creato nelle ultime settimane. Trovare una sintesi tra le minoranze arabe, cristiane, druse e le numerose anime e visioni del popolo ebraico sarà un compito arduo e complesso, ma sarà la missione del prossimo Presidente d’Israele riuscirci.
(Foto: The Times of Israel)