di Aldo Baquis
C’è un’atmosfera contrita in Israele per l’improvviso sfaldamento del partito laburista (13 seggi su 120 alla Knesset), deciso ieri dal suo ex leader e ministro della difesa Ehud Barak con una mossa che ha colto del tutto impreparati i suoi compagni di partito.
Passato alla guida di una nuova lista parlamentare di appena 5 parlamentari (Atzmaut, indipendenza) Barak si è così garantito che anche in futuro resterà ministro della difesa. Barak ha spiegato di essere stato costretto alla scissione perché ormai in casa laburista c’erano due anime: una ”puntava a sinistra”, e l’altra ”centrista”. Alla prima ha attribuito una inclinazione all’ ”autoflagellazione”: ossia ad addossare esclusivamente ad Israele la colpa dello stallo nei negoziati con i palestinesi.
Sulla stampa odierna tutti gli analisti rilevano però che il nuovo governo sarà molto più spostato a destra che quello precedente e che nei suoi equilibri interni sarà avvantaggiato proprio il ministro degli esteri Avigdor Lieberman, leader del partito di destra radicale Israel Beitenu. Difficile dunque vedere come nuovo esecutivo Netanyahu-Barak-Lieberman potrà rilanciare il processo di pace, che languisce da diversi mesi.
Haaretz avanza invece l’ipotesi che dietro al blitz di Barak (concordato con Netanyahu) possa nascondersi la preoccupazione del nucleare iraniano. Il premier – scrive Haaretz – si è garantito così che anche nei prossimi due anni di legislatura avrà al suo fianco un ministro della difesa di grande esperienza militare: che potrebbe rivelarsi decisiva, se Israele fosse costretto a tentare una operazione militare contro Teheran.
Resta incerta la sorte dei rimanenti otto deputati laburisti. Metà di loro vorrebbero rilanciare il partito, mentre l’altra metà non esclude di lanciarsi – già ora, o in un futuro più lontano – nelle braccia di Tzipi Livni, leader del partito centrista Kadima, all’opposizione.
Intanto in Israele è l’ora della nostalgia. I giornali pubblicano con evidenza le fotografie dei leader storici del partito laburista, da David Ben Gurion a Levy Eshkol, da Golda Meir ad Abba Eban, da Yitzhak Rabin a Shimon Peres.
Il Likud è dunque riuscito a sbaragliare definitivamente i rivali ideologici laburisti, ma nell’aria si percepisce – anche fra gli stessi vincitori – un che di malinconico.