di Davide Foa
A quasi cinquant’anni dalla Guerra dei Sei Giorni, un sondaggio condotto dalla Tel Aviv University e dal Guttman Center ha chiesto ai cittadini israeliani, ebrei ed arabi, cosa ne pensassero degli insediamenti in Cisgiordania.
“Secondo lei, dopo cinquant’anni, gli insediamenti hanno favorito o danneggiato gli interessi nazionali di Israele?”, questa una delle prime domande dell’indagine, condotta tra il 28 e il 29 giugno scorso.
Il 52% degli ebrei intervistati ritiene che gli insediamenti costituiscano un fattore positivo per lo Stato.
Il sondaggio, che è stato condotto per telefono ed ha visti coinvolti 500 ebrei e 100 arabi, ha fornito risultati piuttosto sorprendenti riguardo la percezione che gli ebrei israeliani hanno della popolazione presente negli insediamenti. È stato infatti chiesto agli intervistati di indicare il numero dei cittadini ebrei presenti negli insediamenti. Solo il 30% ha dato la risposta esatta, ovvero 250.000 – 500.000.
Agli intervistati è stato poi chiesta un’opinione in merito alle risorse utilizzate da Israele per gli insediamenti. Il 49% degli ebrei israeliani ritiene che le risorse impiegate in Cisgiordania non sono state sottratte ad altri scopi; il 45% crede invece che sarebbe stato meglio investire in aree più povere e in difficoltà. Dello stesso parere sono anche i due terzi degli arabi intervistati.
Inoltre, il 59% degli ebrei e il 73% degli arabi si dichiarano favorevoli alla possibilità di un referendum sugli insediamenti. Ad ogni modo, il 52% degli ebrei voterebbe contro il ritiro di Israele, mentre il 36% si dichiara a favore.
Tra gli intervistati arabi, il 69% ha risposto che, in caso di referendum, voterebbe a favore del ritiro, mantenendo però gli insediamenti noti con il termine di “blocs”, ovvero raggruppamenti divenuti col tempo cittadine, come è il caso di Gush Etzion, insediamento nella West Bank.