di Paolo Castellano
A tre settimane dal termine del mandato Obama, gli Stati Uniti hanno deciso improvvisamente di capovolgere la loro politica mediorientale tradendo di fatti l’alleato principale del Medio Oriente ovvero Israele.
Come riporta Ansa.it, il 28 dicembre il segretario di Stato John Kerry ha tenuto un discorso da Washington incentrato sul conflitto israelo-palestinese e ha inoltre elencato 6 punti da seguire per poterlo risolvere.
«Il presidente Barack Obama è profondamente impegnato per Israele e la sua sicurezza. Una soluzione a due stati è l’unica strada per una pace duratura», ha poi aggiunto: «La soluzione di due Stati è in pericolo […] L’amicizia non significa che gli Stati Uniti devono accettare ogni politica. Gli amici si dicono la dura verità e si rispettano. Gli Stati Uniti hanno votato in linea con i loro valori […] Respingiamo le critiche di chi dice che con il voto all’Onu abbiamo abbandonato Israele».
«L’agenda dei coloni è quella che sta definendo il futuro di Israele», ha dichiarato il segretario di Stato che poi ha ribadito la ragione dell’astensione degli Stati Uniti all’ONU: «La attuale coalizione di governo è la più a destra della storia israeliana, con un’agenda definita dagli elementi più estremisti. Non si può ignorare la minaccia che gli insediamenti rappresentano per la pace».
La replica del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, non si è fatta attendere e, a poche ore dalle parole di John Kerry, è stata diffusa pubblicamente una sua lettera rivolta al governo degli Stati Uniti:
«Prima che io spieghi perché questo discorso sia così spiacevole per milioni di israeliani, voglio dire che Israele è profondamente riconoscente agli Stati Uniti d’America, alla prossima amministrazione americana, al Congresso americano, al popolo americano. Siamo grati per il supporto che Israele ha ricevuto per molti, molti decenni. La nostra alleanza è basata su dei valori condivisi, su degli interessi condivisi, sulla percezione di un destino comune e di un sodalizio che ha tenuto duro nonostante le differenze d’opinione tra i due governi riguardo la migliore via per proporre l’avanzata della pace e della stabilità nel Medio Oriente. Non ho nessun dubbio che la nostra alleanza resisterà al profondo disaccordo che abbiamo avuto con l’Amministrazione Obama e che diverrà più solida in futuro.
Ma ora devo esprimere il mio profondo rammarico per il discorso di John Kerry di oggi – un discorso pressoché squilibrato quanto la risoluzione anti-israeliana approvata la scorsa settimana alle Nazioni Unite. In un discorso apparentemente amichevole sulla pace tra gli israeliani e i palestinesi, il segretario Kerry ha aderito formalmente alla continua campagna di terrorismo che è stata intrapresa dai palestinesi contro lo Stato ebraico per quasi un secolo.
Ciò che lui ha fatto con il suo discorso è stato quello di accusare Israele di aver rinunciato alla pace condannando appassionatamente una politica che consenta agli ebrei di abitare nella loro storica patria e nella loro eterna capitale, Gerusalemme.
Centinaia di attacchi-suicida, migliaia, decine di migliaia di razzi, milioni di israeliani nei rifugi anti-bomba non sono come parole gettate in un discorso; sono le realtà che i cittadini di Israele devono affrontare a causa di politiche sbagliate, politiche che ora si sono guadagnate un fragoroso applauso dal mondo. Io non cerco applausi; io ricerco la sicurezza, la pace, la prosperità e il futuro dello Stato ebraico.
Il popolo ebraico ha cercato il proprio luogo sotto il sole per 3mila anni, e noi non siamo in procinto di essere influenzati da politiche sbagliate che hanno causato gravi, grandi danni.
Gli israeliani non hanno bisogno di una predica sull’importanza della pace da leader stranieri. La mano di Israele è stata offerta in pace ai propri vicini sin dal primo giorno. Abbiamo pregato per la pace, abbiamo lavorato per essa ogni singolo giorno da allora. E migliaia di famiglie israeliane hanno fatto l’estremo sacrificio per difendere il proprio Paese e per l’avanzamento della pace.
La mia famiglia è stata una di queste; ce ne sono tante, tante altre.
Nessuno vuole la pace più del popolo di Israele. Israele rimane l’incaricato a risolvere le chiare differenze tra noi e i palestinesi attraverso negoziazioni dirette. Questo è lo stesso procedimento con cui abbiamo fatto pace con l’Egitto; lo stesso metodo con cui abbiamo fatto pace con la Giordania; e sarà lo stesso iter che seguiremo per riappacificarci con i palestinesi. Questa è sempre stata la politica di Israele; questa è sempre stata la politica dell’America.
Ecco ciò che il Presidente Obama in persona disse alle Nazioni Unite nel 2011. Lui disse: “La pace è un duro lavoro. La pace non arriverà con i rapporti e con le risoluzioni alle Nazioni Unite. Se fosse stato così semplice, sarebbe già stata fatta ora”.
Questo è quello che il Presidente Obama ha detto, e lui aveva ragione. E fino alla scorsa settimana ciò è stato ribadito ancora e ancora come obiettivo politico americano. Il segretario Kerry ha dichiarato che gli Stati Uniti non potranno votare contro la propria politica. Ma questo è esattamente quello che è stato fatto all’Onu e per questo Israele si è opposto alla risoluzione del Consiglio di sicurezza la scorsa settimana, perché ha effettivamente chiamato il muro dell’est “territorio palestinese occupato”, perché essa incoraggia i boicottaggi e le sanzioni contro Israele – questo è quello che la risoluzione effettivamente fa – e perché essa riflette un cambiamento radicale della politica USA nei confronti dei palestinesi sullo stato finale della discussione – queste discussioni che noi abbiamo sempre accettato, tra Stati Uniti e Israele, devono essere negoziate direttamente, faccia a faccia senza precondizioni.
Questo cambiamento è avvenuto nonostante i palestinesi siano lontani dalla pace e rifiutino di volta in volta le offerte di pace, nonostante il loro rifiuto ad ogni negoziato di pace negli ultimi otto anni, e nonostante l’Autorità palestinese inculchi una cultura di odio verso Israele in un’ intera generazione di giovani palestinesi.
Israele guarda alla collaborazione con il neo-presidente Trump e con il Congresso americano, con i Democratici e i Repubblicani, per mitigare il danno che questa risoluzione ha procurato e in definitiva per abrogarla.
Israele spera che l’uscente amministrazione Obama, nei suoi ultimi giorni, eviterà di fare ulteriori danni nei confronti della politica israeliana alle Nazioni Unite. Vorrei essere confortato dalle promesse che gli USA hanno fatto dicendo che non sosterranno altre risoluzioni all’ONU. Questo è ciò che hanno detto rispetto la precedente risoluzione.
Abbiamo l’incontestabile prova che gli Stati Uniti abbiano organizzato, avanzato e portato questa risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’ONU. Mostreremo le informazioni all’amministrazione in arrivo. Alcuni di questi documenti sono delicati, ed è tutto vero. Voi ne avete visto alcuni nel protocollo rilasciato ad un giornale egiziano. C’è molto di più: è solo la punta dell’iceberg.
Così essi dicono, “ma noi non l’abbiamo appoggiata”. E loro potrebbero utilizzare il discorso di Kerry con i sei punti. Così potrebbe essere sollevata nella Conferenza Internazionale francese tra pochi giorni e poi essere portato all’ Onu. Così la Francia la appoggerà, o la Svezia – non un noto amico di Israele – potrebbe approvarla. E gli Stati Uniti d’America potrebbero dire, beh, noi non possiamo votare contro la nostra politica, ci siamo appena espressi in merito.
Penso che gli Stati Uniti, se sono fedeli alla loro parola, o almeno se adesso sono convinti delle loro parole, dovrebbero uscire allo scoperto e dire che non permetteremo nessuna risoluzione, nessun’altra risoluzione al Consiglio di sicurezza su Israele. Noi appoggeremo o non appoggeremo – non permetteremo alcuna futura risoluzione, e fermeremo questo gioco, questa farsa.
Io penso che le decisioni, che sono vitali per gli interessi di Israele e il futuro dei suoi figli, non debbano essere fatte attraverso discorsi pronunciati a Washington o con voti all’ONU o alla Conferenza di Parigi. Le soluzioni saranno elaborate dal Governo di Israele attorno ad un tavolo di negoziazione, facendo l’interesse di uno e solo Stato ebraico – una nazione sovrana che è artefice del proprio destino.
E un pensiero finale – personalmente conosco il dolore, il danno e la sofferenza della guerra. Ecco perché sono così impegnato per la pace. Per chi li ha provati, come io ho fatto, la guerra e il terrore sono orribili. Io voglio che un giovane ragazzo palestinese sia educato come i nostri ragazzi, per la pace. Ma loro non sono stati educati alla pace. L’Autorità palestinese li educa a idolatrare i terroristi e a uccidere gli israeliani.
La mia speranza è che gli Israeliani e i palestinesi abbiano entrambi un futuro di mutuo riconoscimento, di dignità, di mutuo rispetto, di coesistenza. Ma l’Autorità palestinese dice che non accetterà mai questi punti, non vorrebbe nemmeno accettare l’esistenza dello Stato ebraico.
Ebbene, questo conflitto non riguarda le case, o le comunità nella West Bank, Giudea e Samaria, il distretto di Gaza o altri luoghi. Questo conflitto ha sempre riguardato il diritto di esistenza di Israele. Ecco perché i miei inviti alla Knesset non sono mai stati accettati. Ecco perché il governo palestinese continua a pagare con uno stipendio mensile chiunque uccida gli israeliani.
Il continuo rifiuto palestinese di riconoscere lo Stato ebraico rimane il nocciolo del conflitto e la sua rimozione è la chiave della pace.
Il rifiuto palestinese di Israele e il supporto al terrorismo sono ciò che le nazioni del mondo dovrebbero prendere in considerazione nel caso in cui volessero veramente procedere con la pace, e io posso solamente esprimere il mio rammarico e dire che sia una vergogna che il Segretario Kerry non abbia notato questa semplice verità.
Grazie».