La lunga marcia: tutti pazzi per lo ‘shvil Israel’

Israele

di Luciano Assin

Ragazzi e pensionati tra rocce e sorgenti: l’ultima passione è il trekking, dalla Galilea al Neghev
È lungo 940 chilometri, percorribili da nord a sud o viceversa. Si può percorrere in 30-40 giorni marciando in media 25-30 chilometri al giorno. È diviso in 44 tappe distinte così che si puo pianificare un percorso modulare e non necessariamente ininterrotto. Stiamo parlando del sentiero d’Israele o shvil Israel, il trekking ultimativo che Israele può offrire agli appassionati di passeggiate e marce in mezzo alla natura. Da qualche anno oggetto di un vero boom, lo shvil è ormai una mania collettiva, un fenomeno di costume, un cammino che tutti, prima o poi, pensano di fare e che molti affrontano con senso di scoperta e spirito d’avventura.
In che cosa consiste? Il percorso è formato da stretti sentieri, strade sterrate, boschi, riserve naturali, sorgenti e numerose salite che alla fine si trasformano anche in non meno impegnative discese. Durante il cammino si passa davanti a villaggi arabi e drusi, cittadine in via di sviluppo, moshavim e kibbutzim ed ogni tipo d’insediamento immaginabile. Percorrere il sentiero è senz’altro una full immersion nella natura ed è il modo migliore per conoscere tutte le sfaccettature della realtà israeliana, ma prima di tutto è un’occasione per misurarsi con se stessi e scoprire risorse e lati nascosti in ognuno di noi.
Non c’è paragone fra la realtà artificiosa di Tel Aviv e dintorni dove il massimo dell’avventura significa ficcarsi in un anomimo centro commerciale o trascorrere la serata nell’ultimo ristorante modaiolo, e le innumerevoli sfaccettature che la natura in Israele può offrire. Da Dan ad Eilat il panorama cambia continuamente ed attraversa cinque zone climatiche distinte dal verde intenso dell’alta Galilea ai deserti dell’Aravà e del Negev per concludere il tutto sulle rive del Mar Rosso.

Il sentiero è nato ufficialmente nel 1995 e si calcola che decine di migliaia di israeliani lo abbiano percorso in tutta la sua lunghezza. Il tracciato è stato progettato in modo tale che si trovi completamente all’interno della linea verde, vale a dire la linea di confine antecedente la Guerra dei sei giorni. Nato come un’iniziativa di pochi singoli, il sentiero è ormai diventato un’istituzione di successo ed ha sviluppato tutt’intorno una serie d’infrastrutture cresciute spontaneamente. È attivo un gruppo di persone denominato “gli angeli del sentiero” che provvedono a procurare ai numerosi gitanti un posto dove passare la notte, rinfrescarsi e ritemprarsi in vista della tappa successiva. Per chi volesse passare la notte in condizioni meno spartane sono sorte un po’ dappertutto diverse soluzioni che ad un prezzo abbordabile offrono una stanza con doccia e servizi. Come tutti i sentieri percorribili in Israele, anche questo ha il suo segno particolare formato da due frecce incrociate su sfondo bianco. La freccia blu indica il nord mentre quella arancione il sud, così che in ogni momento è chiaro in che direzione si stia marciando.

Logistica e vettovaglie
Come risolvere il problema dell’acqua e del cibo? Come bisogna equipaggiarsi per percorrere il sentiero? Se si tratta di una singola tappa bastano un paio di scarpe da ginnastica, almeno quattro litri d’acqua a testa, pantaloni lunghi per non pungersi con rovi e spine che s’incontrano per il sentiero e naturalmente un cappello, possibilmente a larghe tese, per non cuocersi la testa ed il cervello. Se invece l’obbiettivo è percorrerlo tutto o in gran parte, allora l’equipaggiamento diventa fondamentale ed ognuno ha la sua teoria su come conciliare il minimo peso da trasportare con il massimo rendimento possible del fardello che ti porti in spalla.

Un sentiero dell’anima
Dai primi iniziati e “pionieri” che hanno percorso lo shvil in modo spartano e quasi senza nessun apporto logistico, le varie esperienze che si sono susseguite nel corso degli anni hanno portato ad un perfezionamento dell’attraversamento del Paese che certe volte raggiunge un livello quasi maniacale. Uno degli aspetti critici dell’avventura è quello dei rifornimenti, quanto peso ti devi portare appresso e quanto cibo e acqua conti di trovare per strada. Bisogna tenere conto che non sempre si passa vicino ad un centro abitato dove ci si può rifornire. Una delle soluzioni più in uso è quella dell’occultamento delle provviste: amici o conoscenti che abitano nelle vicinanze vengono arruolati per nascondere in posti decisi in anticipo, generalmente vicino a dove si conta di pernottare, acqua e viveri.E se non si riesce a trovare qualcuno disposto a lasciarci qualche scatoletta di tonno e due litri d’acqua? Ein bàaia, nessun problema, tramite internet è a disposizione una lista di persone che dietro compenso si faranno carico di nasconderti le vettovaglie e via fax ti spediranno una mappa dettagliata del nascondiglio… Internet è pieno di siti ufficiali ed ufficiosi che abbondano nei dettagli su come prepararsi, quali sono le stagioni migliori (autunno e primavera), quali sono le misure precauzionali da adottare e quali sono i numeri telefonici in caso di emergenza (ogni zona ha almeno una squadra di pronto intervento nel caso qualcuno si perdesse nel buio della notte israeliana o si trovasse in stato di disidratazione o altre difficoltà).
La prossima volta che andate in Israele, passate anche voi almeno per una delle tappe del sentiero. Alcune sono molto facili e non richiedono più di 3-4 ore, comprese un po’ di soste qua e là. Credetemi sulla parola: i panini che mangerete per strada avranno un gusto speciale, l’acqua che nel frattempo sarà diventata tiepida ed in altre situazioni per voi imbevibile diventerà per qualche ora l’indispensabile fonte di vita di cui abbiamo perso il gusto e l’importanza. Ma più di ogni altra cosa vi accorgerete che la vera Israele si può conoscere solo percorrendola, almeno in minima parte, a piedi. Incontrando per strada gente che come voi ama la natura e non ha paura di salutare il prossimo anche se è un perfetto sconosciuto. 940 km sono veramente tanti e forse non riusciremo a percorrerli tutti, ma come già è stato detto: “Ogni lunga marcia comincia con un primo piccolo passo”.

Luciano Assin vive nel kibbutz Sasa, in Galilea. Ha frequentato l’intero ciclo di studi alla Scuola ebraica di Milano e ha fatto l’alyà dopo la fine delle superiori. Da questo mese terrà su Il Bollettino una rubrica fissa: L’Altra Israele.