di Sofia Tranchina
Nel caos bellico che inghiottisce tutto, il mondo mediatico arranca dietro alla verità cercando di raccattare più informazioni possibili il più in fretta possibile.
Saltando sul facile treno della diffusione virale di materiali più o meno alterati, Hamas ha imparato a utilizzare il caos a proprio vantaggio.
E così, proseguendo con la guerra psicologica del terrore – soprattutto in un momento in cui il destino della guerra militare pare già segnato – il gruppo terroristico ha rilasciato la sera di lunedì 13 un video con cui ha dichiarato la morte di Noa Marciano.
Soldatessa di soli 19 anni, Marciano prestava servizio nel Combat Intelligence Collection Corps del 414º reggimento dell’IDF e il 7 ottobre si trovava in un posto di vedetta vicino al Kibbutz Nahal Oz, dove erano state rapite anche le due donne americane Judith e Natalie Raanan, poi liberate.
Già all’indomani dell’attacco di Hamas, era stata rilasciata un’immagine che mostrava Marciano legata insieme ad altri tre ostaggi.
La madre di Noa, Adi, aveva detto in un’intervista a Haaretz di aver parlato l’ultima volta con sua figlia la mattina del 7 ottobre: «mi ha detto che c’era stata un’infiltrazione. Ha detto che doveva chiudere la chiamata. Non ho sentito né spari né urla. Mezz’ora dopo le ho mandato un messaggio, ma lei non ha risposto».
Nel nuovo video si vede Noa viva, che legge un testo in ebraico con cui si identifica, nomina i genitori e la città di provenienza, e poi dice: «sono a Gaza da quattro giorni, ci sono altre persone rapite con me». Il che daterebbe il video all’11 ottobre.
Alla fine del discorso, vengono mostrate alcune foto del cadavere di Noa; la brigata Al Qassam di Hamas ha dichiarato che sarebbe rimasta uccisa durante un bombardamento israeliano su Gaza, e la notizia è stata presa per vera e condivisa da diverse testate.
Tuttavia, dalle foto sembrerebbe da escludere una “morte per bombardamento”. Per questo, abbiamo intervistato Michael Sfaradi, reporter di guerra specializzato in politica mediorientale e analisi militari.
«Il gonfiore del volto e i segni sulla caviglia sinistra lasciano intuire che potrebbe essere stata appesa a testa in giù. Il che spiegherebbe anche il motivo dell’amputazione post-mortem del piede destro (dimostrata dai segni ondulati della sega chirurgica e dalla slabbratura della pelle): nascondere i segni delle corde».
Analizzando le immagini che mostrano la testa e il volto, Sfaradi ha spiegato poi che i buchi sul capo sono causati dai morsetti di una batteria a 4 denti, e dimostrano «una tortura con corrente elettrica», mentre i lividi sulla guancia e sul sopracciglio destri suggeriscono che è stata probabilmente picchiata «da un aggressore destrorso, mentre ancora appesa».
«L’organizzazione terroristica Hamas continua a sfruttare il terrorismo psicologico e ad agire in modo disumano, attraverso video e foto degli ostaggi», spiega l’IDF, che ha inviato degli agenti a parlare con la sua famiglia dopo il rilascio del video: «i nostri cuori vanno alla famiglia Marciano, la cui figlia, Noa, è stata brutalmente rapita dall’organizzazione terroristica Hamas. Stiamo lavorando con tutti i mezzi, di intelligence e operativi, affinché i sequestrati possano tornare a casa».