di Anna Balestrieri
È di oggi, giovedì 23 novembre, la notizia che la tregua fra Israele e Hamas a Gaza inizierà venerdì 24 novembre alle ore 7 (le 6 in Italia): lo ha riferito un portavoce del Ministro degli esteri del Qatar.
Nel pomeriggio alle 16 (15 in Italia) avverrà il rilascio di 13 ostaggi, i primi dei 50 stabiliti nell’accordo mediato dal Qatar: si tratterà di trenta bambini, otto madri e altre dodici donne. Nella Striscia di Gaza sono detenuti più di 30 bambini ed adolescenti sotto i 18 anni e almeno 13 madri rapite da Hamas. In cambio, Israele libererà 150 detenuti palestinesi.
La riunione del gabinetto di guerra ha approvato l’accordo “migliore che si potesse ottenere” dopo una lunga trattativa che ha visto il coinvolgimento di Qatar e Stati Uniti come mediatori. Il ministro di estrema destra Itamar Ben Gvir, a capo del partito Otzma Yehudit, ha votato contro quello che vede come un pericoloso precedente che si ritorcerà contro Israele nel prossimo futuro ed un’operazione di preferenza su alcuni ostaggi rispetto ad altri.
Durante la riunione del governo per approvare l’accordo sugli ostaggi, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha chiarito che l’accordo prevede visite della Croce Rossa agli ostaggi non ancora rilasciati, nonché la fornitura di medicinali.
L’atteso compromesso tra Israele ed Hamas garantirà quattro giorni di tregua nella striscia di Gaza, il passaggio di benzina tramite convogli umanitari e il rilascio di 150 prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane in cambio della liberazione di ostaggi. Il governo sarebbe pronto a estendere l’accordo se Hamas fosse disposto a rilasciare più prigionieri; l’organizzazione terroristica, per parte sua, insiste sulla necessità di un “cessate il fuoco” temporaneo per permettere la localizzazione degli ostaggi. Il Ministero della Giustizia israeliano ha presentato una lista di 300 detenuti.
Il condizionale è ancora di dovere poiché Israele deve ancora completare due passaggi prima dell’attuazione del piano. La prima è la decisione della Corte Suprema di approvare, ritardare o impedire il rilascio di alcuni prigionieri elencati nell’annuncio israeliano di mercoledì mattina. Agli oppositori dell’accordo sono state concesse 24 ore per presentare le loro obiezioni, e i funzionari politici stimano che la Corte Suprema non interverrà e respingerà gli appelli, così come fece con l’accordo per il rilascio del soldato israeliano Gilad Shalit nel 2011. Tuttavia l’Associazione delle vittime del terrorismo di Almagor ha già promesso battaglia, nel tentativo di impedire l’accordo.
Tzvi Fishman, membro del consiglio di amministrazione di Almagor sin dalla sua fondazione nel 1986, ha dichiarato alla INN: “Noi, insieme a tutto il popolo di Israele, siamo profondamente solidali con gli ostaggi e le loro famiglie. Tuttavia, ci sono molte famiglie che non sono d’accordo con lo scambio proposto, ritenendo che indebolirebbe lo sforzo bellico e comprometterebbe le possibilità di ottenere il rilascio di tutti gli ostaggi, la grande maggioranza dei quali non è inclusa nello scambio proposto. La storia degli scambi passati ha anche dimostrato che i terroristi liberati tornano a commettere crimini contro il popolo ebraico e che la volontà di Israele di accettare le richieste del nemico in tali accordi non fa altro che aumentare la motivazione del nemico a rapire altri ebrei innocenti e soldati dell’IDF”.
Le famiglie degli ostaggi che rimarranno nelle mani dei terroristi hanno espresso il loro dolore. Parte di coloro che attendono di ricongiungersi con quanti verranno liberati lasciano altri parenti nelle mani di Hamas. Benny Gantz ha ammesso che la trattativa “è difficile e dolorosa dal punto di vista umano, ma è l’accordo giusto”.
Cronaca di guerra
Il numero di soldati israeliani caduti in guerra è salito a 69. Si teme un’escalation al nord, dove Hezbollah prosegue i bombardamenti dal Libano. Secondo Al Jazeera, Hezbollah si accoderà al “cessate il fuoco”.
Nel pomeriggio di mercoledì 22 novembre, un aereo da caccia israeliano ha abbattuto un missile da crociera lanciato verso la città di Eilat.
Il ministro degli affari esteri dell’Arabia Saudita ha dichiarato che la tregua è un “passo nella giusta direzione”, mentre il suo omologo iraniano ha annunciato un tour diplomatico della regione partendo dal Libano.
Il premier Netanyahu ha tenuto a ribadire che la guerra non è finita.