L’accordo regge: liberati sei ostaggi israeliani da Gaza e restituito il corpo di Shiri Bibas

Israele

di Anna Balestrieri, da Gerusalemme
Sei ostaggi israeliani sono stati rilasciati sabato 22 febbraio dopo una lunga prigionia nelle mani di Hamas. Quattro di loro – Eliya Cohen, Omer Shem Tov, Tal Shoham e Omer Wenkert – tornano a casa dopo 505 giorni di prigionia. Gli altri due, Hisham al-Sayed (in basso al centro) e Abera Mengistu (in basso a destra), sono stati liberati dopo quasi un decennio di detenzione a Gaza.

La cerimonia

La liberazione è avvenuta in tre fasi. I primi ostaggi sono stati liberati alle 9 e 45 ora locale a Rafah, con la consueta parata tra una folla schiamazzante, che ha accompagnato l’uscita dall’auto della Croce Rossa con fischi ed urla.

Tal Shoham e Abera (Avera) Mengistu sono stati portati sul palco ed al primo è stato consegnato un microfono per recitare una dichiarazione preparata da Hamas. Il microfono si è rivelato tuttavia malfunzionante e l’ostaggio è stato rilasciato senza che fosse possibile ascoltare le sue parole. Al secondo ostaggio non è stata data la possibilità di parlare.

Un poster meschino, in ebraico ed inglese, con la scritta “Il paese (“Ha-aretz,” Israele in ebraico) fa differenza tra i propri cittadini e gli stranieri con doppia nazionalità”, per seminare odio e discordia tra quanti hanno visto come un’ingiustizia la priorità al rilascio degli ostaggi con doppia nazionalità prima degli israeliani, è stato esposto presso il sito della cerimonia.

Una parente di Shoham ha dichiarato a Channel 12 News che la famiglia è felice che Shoham sia tornato a casa ma che continuerà a combattere “finché non verrà restituito l’ultimo ostaggio”.

Il destino dei Bibas

La famiglia dell’ostaggio liberato ha aggiunto che “condivide il dolore della famiglia Bibas”, privata dei due piccoli Ariel e Kfir e di loro madre, Shiri, tutti e tre brutalmente assassinati in prigionia. Prove forensi hanno testimoniato che i bambini sono stati uccisi dai terroristi a mani nude nei primi giorni della loro prigionia e non durante i raid aerei israeliani come propagandato da Hamas. La famiglia Bibas ha dovuto sperimentare un dolore aggiuntivo, quello di apprendere che i resti riconsegnati giovedì non appartenessero al corpo di Shiri.

Dopo una tarantella di accuse e menzogne, il cadavere della donna è stato riconsegnato alla famiglia durante la notte di venerdì 21 febraio. Con enorme dignità, la comunità del Kibbutz Nir Oz, piangendo i propri cari, ha chiesto “rilascio, non vendetta”, spingendo ulteriormente per il completamento dello scambio con Hamas.
La famiglia Bibas ha rilasciato una dichiarazione sabato chiedendo di non condividere ulteriori dettagli sull’omicidio di Shiri Bibas e dei suoi due figli, Ariel e Kfir, da parte dei loro rapitori a Gaza. “Yarden [Bibas] e la famiglia vogliono che il mondo sappia che si è trattato di un omicidio, ma senza entrare nei dettagli. Qualsiasi pubblicazione di dettagli (inclusi i riferimenti alla profanazione dei corpi) è fatta contro la richiesta della famiglia e chiediamo che ciò venga evitato. La famiglia non ha ricevuto alcuna informazione del genere da fonti ufficiali. Qualsiasi pubblicazione del genere aggiunge profondo dolore alla famiglia in questo momento.”

Un parente di Abera Mengistu ha dichiarato dopo il suo trasferimento alla Croce Rossa: “Siamo al culmine dell’eccitazione, la prima cosa che gli dirò è che ci dispiace che ci sia voluto così tanto tempo”.

Una folla commossa ed entusiasta ha accolto con applausi la liberazione dei primi due ostaggi presso la Piazza degli Ostaggi a Tel Aviv, nonostante la pioggia ed il freddo.

Le identità degli ostaggi

Tal Shoham

Tal Shoham era in visita al Kibbutz Be’eri con la sua famiglia al momento dell’attacco di Hamas. Ha cercato di negoziare con i terroristi prima di essere catturato assieme alla moglie e ai figli, liberati a novembre 2023. I suoi genitori hanno viaggiato in tutto il mondo per sensibilizzare l’opinione pubblica, criticando duramente il governo israeliano per non aver fatto abbastanza per garantire la liberazione degli ostaggi.

Abera Mengistu

Abera Mengistu è il prigioniero israeliano più a lungo detenuto da Hamas. Di origine etiope, attraversò il confine nel 2014 in un momento di crisi psicologica, portando con sé solo una Bibbia e sparendo poco dopo. La sua famiglia ha combattuto per anni affinché il suo caso non venisse dimenticato. Solo nel 2023 Hamas ha rilasciato un video in cui domandava “Quanto ancora dovrò rimanere prigioniero?”.

Il secondo rilascio

Durante la seconda cerimonia di rilascio, Hamas ha esposto uno striscione che ridicolizzava il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Il banner citava le parole del premier “Solo la pressione militare farà tornare gli ostaggi”, facendole seguire dal commento “Bibi… Non premere… rilassati”. Gli ostaggi israeliani Eliya Cohen, Omer Shem Tov e Omer Wenkert sono apparsi rilassati e sorridenti sul palco prima di essere trasferiti alla Croce Rossa.

Le storie degli altri ostaggi

Eliya Cohen

Per 504 giorni, Ziv Abud ha atteso il ritorno del suo fidanzato, Eliya Cohen. L’ultima volta che lo ha visto era la mattina del 7 ottobre 2023, quando si nascosero insieme ad altre persone in un rifugio al Kibbutz Re’im, vicino al festival musicale Nova. Dopo un attacco con granate, Cohen fu rapito. Per mesi, l’unico segno della sua esistenza fu un video diffuso su Telegram il giorno stesso. Solo di recente, la sua famiglia ha avuto conferma che è ancora vivo, sebbene gravemente ferito e sottoposto a torture fisiche e psicologiche.

 

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da StandWithUs (@standwithus)

Omer Shem Tov

Omer Shem Tov, 20 anni, è stato catturato durante l’attacco al festival Nova. Affetto da celiachia e asma, ha sofferto enormemente in prigionia, dovendo mangiare cibo che il suo corpo non tollerava e affrontando gravi problemi respiratori senza farmaci adeguati. Nonostante le difficoltà, ha mantenuto la sua fede, osservando lo Shabbat in cattività e confortando gli altri prigionieri.

Omer Wenkert

Omer Wenkert, 23 anni, è stato rapito al festival Nova. Dopo settimane di silenzio, un ostaggio liberato ha confermato alla sua famiglia che fosse vivo e che, nonostante le difficoltà, trovasse la forza di cantare e incoraggiare i suoi compagni di prigionia. I suoi genitori sono stati attivisti instancabili, cercando di fare pressione sul governo e persino bloccando aiuti umanitari destinati a Gaza per chiedere che la liberazione degli ostaggi fosse una priorità.

Hisham al-Sayed: l’ultimo ad essere liberato

Hisham al-Sayed, membro della tribù beduina Al-Sayed, soffre di schizofrenia e nel 2015 attraversò il confine con Gaza, venendo catturato da Hamas. Per anni, la sua famiglia ha tentato una diplomazia silenziosa per garantirne il rilascio, ma solo nel 2022 Hamas diede un segno di vita: un video in cui appariva attaccato a un ventilatore. Dopo il 7 ottobre 2023, il suo caso è tornato all’attenzione pubblica, quando la sua famiglia si è unita al Forum degli Ostaggi. “Dopo quasi un decennio di lotte per il ritorno di Hisham, il momento tanto atteso è arrivato”, ha affermato la famiglia dell’ostaggio liberato Hisham al-Sayed in una dichiarazione rilasciata sabato. “Ringraziamo tutto il popolo di Israele che è stato con noi e al nostro fianco nel corso degli anni. Un ringraziamento speciale alle famiglie degli ostaggi e al forum che ci hanno accolto e ci hanno visto come una parte naturale della lotta per riportare tutti a casa”, hanno detto.

“Soprattutto ora, è importante per noi chiedere la continuazione del quadro che riporterà a casa gli ostaggi”.

 

Il rilascio dei sei rappresenta l’ultima liberazione di ostaggi ancora vivi nella prima fase dell’accordo di cessate il fuoco, entrato in vigore il 19 gennaio, dopo che Israele e Hamas hanno concordato di accelerare le fasi finali dell’accordo.

L’attesa per la liberazione degli altri ostaggi continua.