L’attacco iraniano contro Israele: il commento di Gabriele Segre

Israele

di Redazione
Questa mattina domenica 14 aprile – nel corso della trasmissione su Omnibus a commento del clamoroso attacco dell’Iran a Israele con 300 missili e droni quasi tutti intercettati dalle forze armate israeliane addirittura fuori dal territorio israeliano, sono intervenuti diversi ospiti tra cui Gabriele Segre, esperto di temi di identità e convivenza nonché direttore della Vittorio Dan Segre Foundation nata nel 2014 dopo la morte del nonno Vittorio Dan Segre. La Fondazione, nel corso degli anni, ha creato una serie di tavoli di discussione in diverse parti del mondo: Singapore, Gerusalemme, Parigi, Roma e New York attorno ai quali hanno raccolto una serie di personalità di spicco che avevano a che fare con la figura di Vittorio Dan Segre, tra cui diplomatici, politici, scrittori e giornalisti. (Per rivedere la trasmissione integrale su LA7 clicca QUI).

Pubblichiamo di seguito una parte del suo intervento:

 

«È stata una notte movimentata per tutta Israele. Qui a Gerusalemme ci sono state le sirene e anche le esplosioni della contraerea israeliana a partire dall’una e mezza di notte si sono protratti poi fino alle 3:00 e questo ha determinato sicuramente una notte molto movimentata. E certamente c’è un cambio di prospettiva rispetto alle ore di grande attesa e anche grande panico generale che c’erano fino a ieri sera, quando l’esercito ha dato le nuove direttive sul comportamento da seguire con la chiusura delle scuole oggi, e domani si vedrà poi nei prossimi giorni. Si era capito che l’attacco era imminente. Ormai erano nove giorni che ci si preparava a questo e stanotte è arrivato. Stamattina il Paese si sveglia sicuramente stanco e trasformato, ma allo stesso tempo con delle certezze nuove; certezze più forti rispetto a quello che era appunto il rischio e quanto si paventava inizialmente. In particolare ci sono diversi elementi da tenere in considerazione, due in particolare che oggi stanno riempiendo le analisi israeliane. 

Il primo, è il fatto sicuramente tecnico che il sistema di difesa aereo – quindi anti drone  antimissilistico – ha performato nella maniera migliore che si potesse sperare e questo crea sicuramente un nuovo livello di deterrenza difensiva da parte di Israele. Ricordiamo che questo è stato un attacco da parte dell’Iran senza precedenti storici. Non era mai avvenuto un attacco diretto sul territorio israeliano su obiettivi militari da parte dell’Iran e la risposta a un attacco così pervasivo per quanto ben studiato e certamente anche ben compreso prima che avvenisse, è stata una risposta convincente da parte delle Forze di Difesa Israeliane.

Dall’altro lato, il secondo tema che sta venendo fuori in maniera molto evidente, è come tutta la regione si sia stretta intorno non solo alla difesa di Israele, ma a fare muro contro l’Iran. Sappiamo dell’attività svolta sicuramente in primis dalla Giordania e sappiamo dell’attività svolta dall’Arabia Saudita e da tutti i Paesi del Golfo e quindi c’è sicuramente un asse difensivo che già si era manifestato nelle intenzioni diplomatiche degli Accordi di Abramo che per la prima volta ha preso forma stanotte nella sua operatività. Quindi è certamente un attacco che lascia col fiato sospeso. La situazione cambia ed è ancora difficilmente decifrabile, sicuramente noi dobbiamo considerare che questo cambierà almeno in parte le dinamiche geopolitiche della regione, ma se giocata bene e se interpretata bene dai suoi attori tutti, incluso l’Iran che anche ieri ha fatto un’operazione da alcuni punti di vista – per esempio quello diplomatico intelligente per quanto non necessariamente efficace come magari speravano – tutto questo crea delle opportunità nuove e di alleanze, di comprensione della complessità regionale di sicurezza e quindi anche delle possibilità di far fronte a quello che avverrà.

 

DOMANDA: Lei ha detto la regione si è stretta intorno a Israele, però al tempo stesso Israele si scopre anche molto dipendente dai suoi vicini e dagli Stati Uniti.

RISPOSTA: Certamente c’è stato un forte aiuto e questo è stato riconosciuto immediatamente ed è fondamentale. Israele non può vivere nella regione in maniera indipendente rispetto ai suoi alleati, sia a quelli storici che alle alleanze nuove. Israele è forte e determinato nella sua difesa e nella sua sicurezza, ma è anche ben consapevole del fatto che non può essere indipendente rispetto alle altre forze regionali e che molti degli interessi sono in comune. Questo deve portare a una riflessione molto attenta da parte del Governo e da parte del dell’impianto strategico israeliano della comprensione che se ci sarà una risposta – e probabilmente bisogna aspettarsi una risposta perché in Medio Oriente se non si risponde in maniera attenta e in maniera oculata per evitare un’escalation che nessuno, ripetiamo nessuno, anche Israele in primis in questo momento vuole – dovrà farlo. Dovrà rispondere in maniera molto co-ordinata e molto ben organizzata con i suoi alleati. Non è per forza un male il fatto di essere indipendenti dagli alleati, perché questo crea le condizioni perché si trovino le nuove formule di alleanza, si creino forme di sicurezza regionale e si possa creare anche un framework regionale che vada anche al di là della sicurezza a partire dalla sicurezza che poi era l’intento degli accordi di Abramo ed è tutto quello che è seguito fino al 7 di ottobre quando è stato tutto messo in stand by dopo l’inizio della guerra a Gaza».