di Redazione
I capi dei principali gruppi sionisti internazionali hanno inviato una lettera congiunta al primo ministro Benjamin Netanyahu, mettendolo in guardia contro il piano del suo governo entrante di modificare la Legge del ritorno per limitare l’immigrazione in Israele da parte di discendenti di ebrei che non sono essi stessi ebrei.
Come riporta il Times of Israel, la lettera sottolinea l’importanza dell’unità ebraica e sollevava “profonda preoccupazione” che alcuni membri del governo entrante potessero indebolirla alterando “lo status quo di lunga data sugli affari religiosi che potrebbe influenzare la diaspora”, in particolare la Legge del Ritorno.
La lettera, inviata domenica e resa pubblica lunedì 24 luglio, è stata firmata da leader israeliani e della diaspora: Doron Almog, presidente dell’esecutivo dell’Agenzia ebraica (nella foto a destra); Mark Wilf, presidente del Consiglio dei Governatori dell’Agenzia Ebraica; Steven Lowy, presidente del World Board of Trustees di Keren Hayesod; Sam Grundwerg, presidente mondiale di Keren Hayesod; Eric Fingerhut, presidente e CEO delle Federazioni ebraiche del Nord America; Julie Platt, presidente della JFNA; e Yaakov Hagoel, presidente dell’Organizzazione sionista mondiale (nella foto a a sinistra).
“È nostro dovere condividere con voi la nostra profonda preoccupazione per quanto riguarda le voci nel governo su questioni che potrebbero minare lo status quo di lunga data sugli affari religiosi che potrebbero influenzare la diaspora”, è scritto nella lettera. “Qualsiasi cambiamento nel delicato e delicato status quo su questioni come la Legge del Ritorno o la conversione potrebbe minacciare di sciogliere i legami tra di noi e tenerci lontani gli uni dagli altri”.
Gli accordi di coalizione firmati da tutti i partiti del governo entrante hanno concordato di apportare almeno qualche modifica alla Legge del Ritorno, in particolare alla cosiddetta “clausola del nipote”, che garantisce la cittadinanza a chiunque abbia almeno un nonno ebreo, a condizione che non pratichi un’altra religione.
I partiti ortodossi nel nuovo governo hanno chiesto l’annullamento della clausola, sostenendo che consente l’immigrazione di troppi non ebrei, il che minaccia l’identità ebraica dello Stato. Ciò colpirebbe in modo sproporzionato i potenziali immigrati dall’ex Unione Sovietica, che sono più propensi a richiedere la cittadinanza ai sensi di questa clausola.
Il partito Likud di Netanyahu ha resistito a tale mossa, preoccupato che avrebbe alienato sia gli ebrei della diaspora che gli israeliani di lingua russa, una parte significativa dei quali vota per il Likud.
Oltre alla proposta di alterare la Legge del Ritorno, il governo entrante ha anche pianificato ufficialmente di rafforzare ulteriormente il controllo ultraortodosso sul Muro Occidentale, in opposizione al piano di compromesso a lungo congelato mediato dall’Agenzia Ebraica che avrebbe dato maggiore riconoscimento e controllo alle denominazioni non ortodosse.