Sul Sole 24 Ore di domenica 26 maggio, un articolo di Ugo Tramballi spiega perchè Tel Aviv, anzi il quartiere di Ramat Hahayal, non distante dall’Università, sia il secondo centro al mondo per sviluppo e intensità di start-up tecnologiche. Le start-up sono il kibbutz tecnologico del XXI secolo, afferma Yossi Vardi, uno dei padri del sistema delle start-up.
Tramballi elenca i punti di forza e quelli di debolezza, ma soprattutto spiega come tutto sia cominciato a partire dalla seconda metà degli anni 80, con il graduale passaggio di Israele da Stato del welfare socialdemocratico a neoliberale. A questo si è aggiunto l’arrivo, nei primi anni ’90, di migliaia di scienziati, matematici, ingegneri russo, che hanno portato con sè un bagaglio enorme di conoscenze e hanno trasferito dall’ambito puramente accademico a quello applicativo e commerciale. E poi gli Accordi di Oslo, che hanno consentito un taglio consistente delle spese militari. “Senza lo stato, scrive Tramballi, tecnologia e start-up non avrebbero avuto queste dimensioni”. “Se negli Usa e in Europa le start-up sono genio ed iniziativa privati con il corollario di amministrazioni locali lungimiranti, in Israele è molto di più. E’ l’impresa collettiva che definisce una nazione. Come i kibbutz 65 anni fa”