di Francesco Paolo La Bionda
Le startup israeliane stanno dimostrando resilienza e adattabilità agli effetti sul settore tech della guerra contro Hamas, nonostante un impatto immediato dei cambiamenti macroeconomici e del coinvolgimento di molte persone negli sforzi bellici. Lo afferma Start-Up Nation Central, un’organizzazione no-profit che promuove l’ecosistema dell’innovazione israeliano in tutto il mondo, secondo cui circa il 15-20% dei dipendenti delle startup israeliane sono stati richiamati alle armi come riservisti.
Secondo Avi Hasson, CEO di Start-Up Nation Central, molte di queste startup “stanno modificando le loro strategie aziendali, esplorando soluzioni di finanziamento alternative come il crowdfunding o le partnership strategiche, e alcune stanno riconvertendo le loro tecnologie per affrontare le sfide immediate legate alla sicurezza, alla comunicazione e alla salute derivanti dalla situazione”.
L’ecosistema di startup israeliane, concentrate a Tel Aviv, è uno dei più floridi del mondo: secondo un report di Dealroom.co e di Tel Aviv Tech, nel 2022 si classificava come il terzo nella regione EMEA (Europa, Medio Oriente, Africa) per investimenti di venture capital, secondo solo a Londra e Parigi, e le sue startup avevano raggiunto un valore complessivo di 393 miliardi di dollari.
La guerra di Israele contro l’organizzazione terroristica, responsabile degli eccidi del 7 ottobre scorso, sta però avendo ricadute economiche negative per l’economia del paese. Il ministro delle Finanze dello Stato ebraico, Bezalel Smotrich, ha dichiarato che il costo per le casse pubbliche è di circa 246 milioni di dollari al giorno. I settori privati sono invece colpiti dal crollo dei flussi turistici, dalla carenza di personale e dalla svalutazione dello shekel. Anche la fiducia dei mercati finanziari comincia a declinare: il 25 ottobre S&P Global Ratings ha annunciato che ridurrà l’outlook creditizio di Israele da stabile a negativo.