Le “velate” immagini di Alessandria e Gerusalemme

Israele

di Avi Shalom

Un bizzarro ‘bando’ alle donne, sotto forma di effigi scultoree o manifesti pubblicitari, sembra avere messo d’accordo musulmani egiziani ed israeliani haredim la’ dove per decenni i tormentati negoziati di pace hanno fallito.  E’ così che ad Alessandria di Egitto i salafiti del partito “El Nour” (La Luce) hanno ieri rivestito con un grande drappo la statua di Zeus, per evitare che i loro seguaci si trovassero al cospetto ravvicinato delle forme ‘sconvenienti’ delle sirene che la ingentiliscono. E in parallelo, nelle strade di Gerusalemme, hanno fatto la loro comparsa dei cartelloni pubblicitari che mostrano una nota fotomodella graficamente ‘decapitata’, nell’intento -nemmeno tanto occulto- di non turbare gli animi degli zeloti.

Per il pubblico di Tel Aviv la visione integrale dell’avvenente fotomodella Sandy Bar è considerata un incentivo agli acquisti. Ma a 60 chilometri di distanza, nella molto più fondamentalista Gerusalemme, le sue forme sono evidentemente oggetto di ‘scandalo’ e sono state preventivamente censurate dalla agenzia pubblicitaria per evitare palpitazioni superflue agli zeloti. Della giovane donna è stato esposto solo il torso, con un accenno molto castigato di decolletè. Più di tanto era meglio non rischiare. Come ha già capito bene la Poalim Bank, la maggiore banca di Israele, che nei suoi cartelloni pubblicitari per Gerusalemme ha sostituito la soubrette televisiva Alma Zak con un innocuo gnomo in stile disneyano.
Ad Alessandria gli attivisti del partito “El Nour” si sono peraltro imposti dei limiti di censura, rispettando l’ integrità della statua di Zeus ma velandola con un cartello di tono ideologico moralistico: ”Le donne egiziane si dedicano ai loro mariti e alla Nazione”. In passato, ricorda il giornale online “Masrial Youm” che racconta la vicenda, lo stesso partito aveva proclamato che le statue, di per sè, sono inaccettabili per l’Islam. E proprio ai salafiti era stata attribuita la responsabilità della distruzione della statua del faraone Senusret a Mansoura.   Concetti condivisi peraltro dagli zeloti di Gerusalemme che per mesi hanno condotto una lotta serrata contro una statua del biblico Re David, sul Monte Zion della città sacra. Una volta il monumento del monarca è stato imbrattato di vernice, un’altra gli è stato spaccato il naso e un’altra ancora gli è stata fracassata l’arpa. L’ebraismo, come l’Islam, non tollera la rappresentazione delle fattezze umane: e tanto meno quelle femminili.
A Gerusalemme i fondamentalisti haredim si sono spinti oltre arrivando a imporre – il mese scorso, in occasione di una festività – la chiusura al pubblico femminile di un’intera strada nel rione ortodosso di Mea Shearim. Attivisti giunti sul posto per protestare sono stati accolti a sassate.  Ma a Gerusalemme ci sono ancora attiviste politiche indomite. Qualche giorno fa, riferisce Haaretz, si sono messe in posa davanti a un fotografo: le loro immagini diventeranno poster di protesta (‘No alla censura!’) e, a centinaia, saranno polemicamente esposti sui balconi delle case private. ”Dalle strade di Gerusalemme -assicurano – le immagini femminili non scompariranno mai”. Un messaggio di civiltà che, grazie al web, potrebbe forse riecheggiare fino ad Alessandria.