Le verità (scomode) sul conflitto israelo-palestinese, l’Onu e l’Occidente: una serata di grande successo al Teatro Franco Parenti

Israele

di Ilaria Myr
«Siamo preoccupati perché non ci rendiamo conto che il 7 ottobre è stato non solo un attacco a Israele, ma a tutto l’Occidente: se non stiamo a fianco di Israele saremo travolti, dopo gli ebrei e gli israeliani ci siamo noi occidentali. È una cultura dell’odio che sta prendendo piede anche in occidente, che si sta dimostrando pigro e remissivo, oltre che diviso. Ma o l’occidente apre gli occhi o saremo sconfitti anche noi». Sono parole accorate quelle di Stefano Parisi, presidente dell’associazione Setteottobre giovedì 6 giugno al Teatro Franco Parenti di Milano per presentare la conferenza ‘La verità sul conflitto israelo-palestinese’, con l’intervento di tre relatori internazionali d’eccezione: l’ex portavoce del governo israeliano, Eylon Levy, il direttore esecutivo di UN Watch, Hillel Neuer, e la fondatrice di Arabs Ask, Rawan Osman. “Tre combattenti per la verità – ha continuato Parisi – che combattono per contrastare la propaganda antiisraeliana che ha tanto peso e rilievo sulla cultura occidentale, che rischiano davvero per quello che fanno«.

L’evento si è tenuto nella sala più grande, gremita di persone – oltre 600 presenti, più 1500 connesse a Youtube per la diretta – in un teatro blindato dalla polizia, che aveva chiuso tutte le vie intorno al via Pier Lombardo per timore di attacchi di contestatori propalestinesi: solo poche decine di manifestanti, che sono state perfettamente gestite dalle forze dell’ordine.

Da sinistra, Christian Rocca e Stefano Parisi, presidente Associazione Setteottobre

 

L’atmosfera che si respirava arrivando al teatro, davanti a un dispiegamento massiccio di polizia, era però surreale e inquietante. Come ha sottolineato la direttrice del teatro André Ruth Shammah: «provo lo stesso disagio sentito nel corteo del 25 aprile con gli attacchi alla Brigata ebraica.: è assurdo che per partecipare a un evento organizzato per capire, si debba essere protetti in questo modo». La Shammah ha poi lanciato un appello a chi la pensa diversamente: «Questo teatro è aperto a tutti coloro che vogliono esporre idee, non provocazioni».

 

Dopo la proiezione del commovente video dell’Homeland Concert tenutosi a Cesarea il 18 dicembre, con 1000 musicisti e cantanti chiedevano in musica il ritorno degli ostaggi, si è entrati nel vivo della serata, condotta da Christian Rocca, direttore de L’Inkiesta.

«Nella narrazione surreale di questo conflitto, gonfia di un antisemitismo militante che in occidente non si avvertiva da un secolo, c’è una sovrapposizione di due piani di racconto, che dovrebbero invece essere distinti – ha esordito Rocca -: quello delle critiche al governo Netanyahu, motivate dalla disperazione per le migliaia di morti, e quello della messa in discussione dell’esistenza, incolumità e legittimità di Israele a esistere. Tutto questo è inaccettabile: criticare un governo è legittimo, ma confondere la critica con il diritto all’esistenza di uno stato democratico e popolo libero è inaccettabile».

 

Neuer: L’Onu e la verità sull’ “esperta” Francesca Albanese. “Finanziando l’Unrwa, l’occidente perpetua la guerra”

«Quando entro in una stanza negli uffici dell’Onu a Ginevra ho un’accoglienza molto più tiepida», ha esordito Hillel Neuer, direttore esecutivo di Un Watch, considerato uno dei principali sostenitori dei diritti umani nel mondo, nominato dal quotidiano israeliano Ma’ariv uno dei “100 ebrei più influenti del mondo” e definito dal Journal de Montreal “colui che fa tremare l’Onu”. Nel suo interessante e illuminante intervento, Neuer ha fatto conoscere le dinamiche dell’Onu verso Israele e in conflitto israelo-palestinese.

«Dopo il 7 ottobre pochi capi di stato che hanno riconosciuto subito la barbarie – ha spiegato -. Ma la dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948 è stata scritta in risposta agli atti barbarici perpetrati dai nazisti, e quindi ci si sarebbe aspettati una risposta dell’Onu dopo il sabato nero. Invece le agenzie e i leader delle Nazioni Unite non solo non hanno parlato chiaramente, ma alcuni lo hanno fatto in senso opposto: il segretario generale Antonio Guterres, con la sua dichiarazione “condanno, ma niente capita senza un motivo” ha di fatto giustificato i massacri».

Un’altra anomalia dell’Onu è rappresentata dalla Commissione per diritti dell’uomo che, lungi dall’essere composta da saggi ed esperti super partes, vede invece come membri nazioni non democratiche come la Cina, Cuba, il Qatar, il Kazakistan, la Russia, il Vietnam, il Venezuela e l’Iran, che quest’anno è stato nominato presidente della commissione (!).

 

In questo quadro la missione dell’organizzazione diretta da Neuer Un Watch è fondamentale: dare voce a chi non ce l’ha. «Ogni anno organizziamo un summit sui diritti umani, portando le vittime a parlare delle ingiustizie che subiscono in quei paesi rappresentati nella commissione, come gli uiguri, musulmani perseguitati in Cina, paese in cui 1,5 miliardi di abitanti non hanno libertà. Ma non c’è mai stata una risoluzione Onu contro la Cina per gli uiguri, e nemmeno nessuna manifestazione nelle università».

E poi c’è il capitolo Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per le violazioni dei diritti umani commessi nei Territori palestinesi occupati. «È l’opposto di quello che dovrebbe essere chi ricopre questo ruolo, cioè oggettivo. Abbiamo presentato all’Onu un dossier su di lei, ma non è stato tenuto in conto. Dieci anni fa aveva dichiarato su Facebook in cui diceva che Israele è soggetta alla lobby ebraica. Per anni ha comparato Israele a nazisti, è stata advisor per l’Olp, e suo marito lavora per l’Autorità Palestinese. Parlando a una conferenza di Hamas ha detto “avete il diritto di resistere”, giustificando il 7 ottobre, e per questo si è presa le critiche di Germania e Francia, cosa mai successa per chi ha ricoperto questo incarico».

Albanese ha poi fatto in novembre 2023 un viaggio in Australia e Nuova Zelanda, «meta che lascia perplessi per un esperto di Medio Oriente… sponsorizzata dall’Afopa, Australian Friends of Palestine. Perché andare a un evento sponsorizzato da un esterno? Un funzionario non può farlo. Ho quindi presentato questa settimana una lamentela a Guterres, chiedendo spiegazioni anche sul perché questo viaggio non compare nella lista dei viaggi fatti dalla Albanese nel 2023. Sono in attesa di avere risposta». Ma Albanese ha anche accettato un invito da rabbi Linda Goldstein, che su Facebook si definisce rabbino capo di gaza’ che altro non è che un account satirico. «Rav Goldstein ha invitato la Albanese alla Columbia University per partecipare alla Intifada, e lei ha accettato chiedendo soldi attraverso la sua segretaria. Ma un funzionario non può farlo. Ha anche creato un network globale contro Israele che chiede soldi per l’Unrwa ai governi, sostenendo che altrimenti i palestinesi verrebbero in Europa. È tempo che i funzionari dell’ONU che sostengono Hamas siano chiamati a rispondere».

«Ma come mai all’Onu esistono due agenzie per i rifugiati: l’Unhcr per tutti e una dedicata ai palestinesi, l’Unrwa?» gli ha chiesto Rocca.

«L’Unrwa è stata creata nel 1948, ma con il tempo è emerso che i palestinesi non volevano andare altrove, come succede con gli altri rifugiati, che vengono reinsediati altrove, perdendo così lo status di rifugiati: loro vogliono rimanere rifugiati perché per loro la guerra non è mai finita. Nelle scuole palestinesi gestite dall’Unrwa viene insegnato che la loro terra è Israele, e che Israele deve essere quindi spazzato via. Quando fu creata erano 700.000, ora sono 6 milioni quelli che hanno lo status di rifugiati, compresi 2 milioni di giordani di origine palestinese che sono giordani ma hanno il diritto a tornare. Solo che l’Unrwa riceve 1,5 miliardi di dollari, ma a pagare è l’occidente (e non il Qatar che li avrebbe senza problemi): quindi la guerra viene di fatto perpetuata dall’agenzia delle Nazioni Unite».

Osman: “Ci insegnano a scuola a odiare Israele e gli ebrei. Ma io sto orgogliosamente con Israele”

Rawan Osman

«Sono cresciuta nel mondo arabo e non c’era niente che odiassi di più di Israele e degli ebrei». Ha iniziato così il suo toccante e intenso intervento Rawan Osman, militante siriano-libanese di nazionalità tedesca., fondatrice di Arabs Ask, attiva nella costruzione della pace fra Israele e mondo arabo.

«Nonostante non si conoscano personalmente né israeliani né ebrei, nel mondo arabo  si odiano perché sono nemici speciali. Ci sono leggi nei paesi che evitano i contatti con loro, e chi lo fa viene punito, come la Miss Iraq che per una foto con Miss Israele ha avuto la cittadinanza irachena revocata. Tutte le forze islamiche, molto diverse fra loro, concordano su una cosa sola: la causa palestinese, perché si dice che si vuole la loro autodeterminazione. Ma sono stronzate! ».

«Ci insegnano a scuola a odiare Israele e gli ebrei, e, pur non conoscendoli, raccontiamo la loro storia al posto loro: che gli ebrei occidentali sono venuti in Palestina per colonizzarla, dando per implicito che la Palestina era un paese esistente e che gli ebrei erano estranei nella regione. Ma gli ebrei hanno subito attacchi e pogrom nei paesi arabi prima della nascita di Israele. La visione nazista contro ebrei continua fra gli arabi. Quando il mondo capirà l’influenza devastante del regime iraniano?  Io vengo dal Medioriente e vi dico: il nemico non è Israele, il mondo si è coalizzato contro questo piccolo paese, che eccelle e nonostante tutte le guerre resiste. Io sto orgogliosamente con Israele».

Rispondendo a una domanda di Christian Rocca, Osman ha raccontato che dopo avere vissuto in quattro paesi arabi diversi, a 26 anni è andata in Europa, e lì ha avuto il primo contatto con degli ebrei. «Ero a Strasburgo, e in un negozio è entrato un gruppo di ebrei ortodossi. Mi è preso un attacco di panico, sono uscita di corsa dal negozio, ma ero l’unica. Mi sono guardata allo specchio e ho capito che per la prima volta stavo condividendo lo spazio con degli ebrei. Ho quindi cominciato a studiare e a scoprire la storia del Medioriente, capendo che la mia percezione era plasmata da Nasrallah, che per anni avevo considerato un eroe. Dal 7 ottobre mi sono recata tre volte in Israele, ho visto i video degli orrori commessi da Hamas ed essendo in arabo ho cominciato a tradurli e divulgarli. Ho deciso che non vivrò in un mondo in cui questo è normalizzato. Non mi arrendo finché questo regime non sarà rovesciato. E mi chiedo: se una 19 enne palestinese fosse stata trascinata dal letto e filmata piena di sangue come Naama Levy, di cui ho incontrato la madre, cosa avrebbe fatto il mondo e il mondo arabo?».

 

Eylon Levy: «È in atto un tentativo di trasformare Israele in paria mondiale»

Eylon Levy

«Israele è attaccato da 7 fronti diversi a cui se ne aggiunge un ottavo: quello dell’antisemitismo contro gli ebrei in Europa. Ma globalizzare l’Intifada vuole dire portare il terrorismo ovunque». Nel suo intervento Eylon Levy, ex portavoce del governo Netanyahu ha riflettuto su quanto nel mondo attuale la verità e i fatti non abbiano più importanza. «hamas sta facendo anche una guerra di disinformazione contro Israele per delegittimarlo, divulgando bugie. Basti ricordare cosa è successo con l’esplosione all’ospedale Al-Ali a Gaza: furono annunciate 500 vittime colpite da Israele, ma era un missile delle brigate Al-Aqsa che fece pochi morti. Tutti i media però hanno ripreso la versione di Hamas. E le 500 vittime, mai esistite, sono conteggiate nel numero di vittime fornito da Hamas, che comprende anche i terroristi!».

Ma è anche in atto un tentativo di trasformare Israele in paria mondiale, grazie a paesi come il Sudafrica, che sta agendo come braccio legale di Hamas. «L’Onu dice che Israele non può attaccare Hamas nelle roccaforti, ma implicitamente dicono che se si nascondono fra civili va bene. Vengono dette bugie sui trasporti di cibo da parte di Israele, e non viene detto che l’Egitto ha bloccato il passaggio per Kerem Shalom. Israele deve vincere questa guerra: altrimenti il 7 ottobre succederà di nuovo. Ma i Paesi europei che riconoscono oggi lo stato palestinese premiano Hamas per il 7 ottobre, incitando a fare lo stesso, solo che la prossima volta sarà peggio e sarà responsabilità di chi ha deciso di stare con Hamas contro Israele».