Liberati altri tre rapiti israeliani, solito nauseante show dei terroristi palestinesi

Israele

di Anna Balestrieri
Israele ha atteso con timore e trepidazione il rilascio dei tre ostaggi sabato 15 febbraio. Il timore era che Yair Horn, Sagui Dekel-Chen (americano-israeliano) e Sasha Troufanov (russo-israeliano) versassero nelle stesse drammatiche condizioni in cui sono stati trovati i tre prigionieri del precedente scambio. In cambio della loro liberazione, Israele ha rilasciato 36 palestinesi condannati all’ergastolo e 333 detenuti di Gaza arrestati dopo il 7 ottobre.

Lo spettacolo messo in scena da Hamas

Durante la preparazione per il rilascio  nel sud di Gaza, Hamas ha allestito un palco con uno striscione che recitava: “Nessuna emigrazione, se non verso Gerusalemme”, un messaggio chiaro contro il piano proposto da Donald Trump per il trasferimento forzato della popolazione della Striscia.

I terroristi hanno costretto gli ostaggi a rilasciare dichiarazioni che sottolineassero l’urgenza di liberare ogni ostaggio, facendo tenere in mano ad Horn una clessidra con la scritta “Il tempo sta per scadere”, posizionata vicino alle foto dell’ostaggio israeliano Matan Zangauker e di sua madre, Einav Zangauker, a =simboleggiare la vita del prigioniero, la cui liberazione non farà parte di questa fase dell’accordo

Testimonianze strazianti: le storie dei tre ostaggi liberati 

Gli ostaggi, liberati dopo 498 giorni di prigionia, hanno raccontato ai familiari e ai media israeliani le atrocità subite durante la loro permanenza a Gaza. Secondo quanto riportato, i tre uomini hanno subito abusi fisici e psicologici, vivendo nell’angoscia per la sorte dei loro cari e privati di cure mediche essenziali. Dekel-Chen è stato torturato durante gli interrogatori e ha riportato cicatrici evidenti sul corpo, mentre Horn, dopo essere stato separato dal fratello Eitan, è stato costretto a registrare un video parlando di lui, senza sapere se fosse vivo o morto.

Troufanov, tenuto in isolamento, ha scoperto solo al momento della liberazione che suo padre Vitaly era stato ucciso il 7 ottobre, una notizia che lo ha fatto crollare in lacrime. Il fratello di Horn rimane prigioniero, mentre Dekel-Chen ha potuto finalmente conoscere la sua terza figlia, nata nel dicembre 2023 mentre era in cattività.

Nonostante la magrezza e la debolezza evidenti, i tre ostaggi hanno mostrato una sorprendente capacità di adattamento: tutti hanno imparato a parlare arabo, dimostrando una resilienza impressionante durante la lunga prigionia.

La drammatica situazione di quanti sono ancora in cattività

Gli ex ostaggi Or Levy e Keith Siegel hanno lanciato un appello affinché si concluda l’accordo sugli ostaggi, mentre il capo di stato maggiore dell’IDF ha incontrato quattro soldatesse rapite il 7 ottobre, promettendo loro che avranno un ruolo nell’indagine sugli eventi di quel giorno.

Mentre il rilascio di alcuni ostaggi porta sollievo, la sorte di altri resta incerta e drammatica. Alon Ohel, 24 anni, rapito durante il rave Supernova il 7 ottobre 2023, è in pericolo di perdere la vista a causa delle gravi ferite non curate. Secondo quanto riportato dall’emittente Kan, Ohel ha schegge in un occhio e riesce a vedere solo ombre. I medici, in contatto con la sua famiglia, temono che senza cure immediate possa perdere completamente la vista in entrambi gli occhi.

La madre di Alon, Idit Ohel, ha recentemente lanciato un accorato appello per la sua liberazione, rivelando che suo figlio è tenuto incatenato in un tunnel di Hamas, affamato e gravemente ferito. “Ha schegge nell’occhio, nella spalla e nel braccio. È rimasto incatenato tutto questo tempo, ricevendo a malapena una pita al giorno per oltre un anno”, ha raccontato con dolore.

I passaggi a seguire

Hamas ha dichiarato che Israele potrà ottenere il rilascio degli ostaggi rimasti solo se rispetterà pienamente l’accordo di cessate il fuoco e scambio prigionieri. Intanto, Francia e Libano hanno chiesto il ritiro delle forze israeliane dal Libano entro il 18 febbraio, mentre Israele aveva richiesto più tempo.

Il governo Netanyahu ha smentito alcune notizie sui suoi presunti legami con il Qatar, definendole “fake news”, ma senza specificare quali accuse siano infondate. Nel frattempo, la tensione resta alta anche in Cisgiordania: in un villaggio nel sud della regione, sei palestinesi sono rimasti feriti in seguito all’attacco di coloni israeliani, avvenuto dopo un intervento dell’Amministrazione Civile per fermare l’espansione di un insediamento.

Sul fronte militare, il generale Tamir Yadai è stato nominato prossimo vice capo di stato maggiore dell’IDF. Infine, dopo mesi di richieste, la famiglia del soldato Gur Kehati – ucciso mentre proteggeva un attivista colono invitato in Libano in circostanze poco chiare – ha finalmente ottenuto un incontro con il capo di stato maggiore dell’IDF a Tel Aviv.

Verso il futuro: in attesa di risposte e speranze di pace

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha ribadito la necessità di un approccio severo nei confronti di Hamas. Venerdì, ha dichiarato che se fosse per lui, avrebbe adottato misure drastiche, ma ha ammesso di non sapere quale sarà la decisione del governo israeliano.

Nei giorni scorsi, Trump aveva lanciato un ultimatum: Hamas avrebbe dovuto liberare tutti gli ostaggi israeliani entro sabato a mezzogiorno, altrimenti, a suo dire, “l’inferno si sarebbe scatenato”. Con il termine ormai vicino, resta da vedere se le sue parole avranno conseguenze concrete.Con ogni rilascio, emergono nuove testimonianze di sofferenza e speranza, mentre il conflitto prosegue tra tregue fragili e negoziati complessi. Israele e la comunità internazionale osservano con attenzione, consapevole che il destino di molti innocenti dipende da un equilibrio precario tra diplomazia, pressioni politiche e volontà di pace.

Resta da vedere se le prossime settimane porteranno le liberazioni attese per la prima fase dell’accordo e se si realizzi la seconda, che rappresenterebbe una svolta decisiva verso la fine di questa dolorosa crisi umanitaria.