di Aldo Baquis
Quando attualità e letteratura si intrecciano in modo indissolubile. È accaduto con un libro uscito questa estate, in singolare concomitanza con l’accordo fra le grandi potenze e l’Iran. L’incipit? Catastrofista. Un attacco atomico polverizza le metropoli israeliane della fascia costiera: questo il punto di partenza. In poche settimane il romanzo Il Terzo, di Yishai Sarid (edizioni Am Oved), è balzato ai primi posti delle vendite, scatenando polemiche. Perché si tratta di un accorato appello dello scrittore (figlio del leader storico della sinistra, Yossi Sarid), agli israeliani affinché si guardino dall’oltranzismo religioso. Un monito giunto – altra circostanza fortuita – nei giorni in cui uno zelota ha pugnalato a morte una adolescente al Gay Parade di Gerusalemme; in cui un padre e un bambino palestinese sono morti in un rogo attribuito ad ultrà del movimento dei coloni; e in cui i servizi segreti hanno individuato una cellula eversiva ebraica legata all’incendio doloso della Chiesa della Moltiplicazione a Tabgha (Tiberiade).
Con uno stile narrativo à l’ancienne che ricorda lo storico Giuseppe Flavio (Yosef Ben Mattityahu), Sarid descrive i drammatici eventi verificatisi a Gerusalemme fra i mesi ebraici di Av e di Tishri del “23esimo anno del Regno di Giudea”. Quella che leggiamo nel romanzo è la testimonianza di un superstite, il principe Yonathan, ormai prigionero del nemico. Passato e presente si intrecciano. Così, nella fervida fantasia di Sarid, dopo l’attacco alla fascia costiera di Israele, prevalentemente laica, un ufficiale carismatico dell’esercito, Yehoaz, si sente chiamato ad una missione storica: marciare su Gerusalemme, si proclamarsi Re di Giudea, radere al suolo la Spianata delle Moschee e – scavando nelle viscere della terra – scoprire l’Arca Santa con le Tavole della Legge. E ordina immediatamente la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme: “Il Terzo” tempio, appunto, dopo quelli distrutti nella notte dei tempi dai persiani e dai romani. Così, il protagonista Yehoaz assume anche la carica di Sommo Sacerdote. In un Israele ancora tecnologico (e potenza nucleare), rinascono i fasti sacerdotali dell’epoca bibilica: con essi anche i sacrifici rituali, sotto la meticolosa supervisione dei principi Yoel e Yonathan.
Fantapolitica? Fantasy puro? Che senso ha parlare oggi di un contemporaneo Regno di Giudea, specie dopo un’estate di radicalismo religioso, e dopo l’allarme lanciato persino dal capo dello Stato Reuven Rivlin, contro il pericolo dello stesso estremismo che giù uccise Itzchak Rabin?. «Negli ultimi anni – ha dichiarato Rivlin di recente, – si fa strada un fenomeno pericoloso. Mi riferisco a quei gruppi violenti che vorrebbero far crollare le strutture dello Stato di Israele per imporre un regime parallelo che, in forma menzognera, vorrebbe farsi chiamare ‘Stato di Giudea’. Costoro – ha ammonito Rivlin – vorrebbero abbattere il progetto sionista con la forza, con il settarismo, con un sentimento di superiorità razziale o di separatismo. Dobbiamo combattere i nemici delle strutture dello Stato con tutta la forza della nostra sovranità».
Cosa ti ha spinto a scrivere questo romanzo?
La constatazione che la ricostruzione del Tempio è di attualità in Israele. C’è chi lavora al progetto, chi prepara gli utensili, chi si addestra al sacrificio degli animali. Il loro obiettivo ideologico è la sua ricostruzione. Anch’io, fin da piccolo, sono stato affascinato dalla questione: dall’avvertire che Dio si trova in un posto fisico preciso, che sia possibile avvicinarsi al suo cospetto, fargli sacrifici. I riti, certo, catturano la fantasia. Ma la questione è: ammesso che la Spianata delle Moschee diventasse agibile, vogliamo davvero erigere un nuovo Tempio? Come cambierebbe la nostra religione, che ebraismo diventerebbe?
Ma oggi ci sono in Israele forze politiche che vanno in quella direzione?
Finché sul terreno ci sono le Moschea al-Aqsa e di Omar, anche i più estremisti sono obbligati a pensarci due volte. Va peraltro ricordato che (già negli anni Ottanta, A.B.), un gruppo terroristico ebraico progettò di dinamitare le moschee. Da un punto di vista teologico, la ricostruzione del Tempio è comunque oggi l’aspirazione di grandi porzioni del sionismo nazional-religioso.
Il “Makor Rishon”, giornale vicino al partito “Focolare ebraico”, ti ha criticato…
Perché ho rappresentato la questione in forma problematica, sostenendo che la ricostruzione del Tempio provocherebbe un altro Horban, ossia una distruzione generale. Il Regno che descrivo, la nuova civiltà politica che vi prende forma, si concilia peraltro in pieno con i loro ideali.
Il re Yehoaz sembra influenzato dal rabbino Zruya’ … è solo una figura letteraria?
No. Anche oggi in Israele ci sono personaggi religiosi che manifestano ostilità agli arabi e ai non ebrei in quanto tali.
Nel romanzo, la Regina ricorda con nostalgia la Tel Aviv della sua gioventù…
Tel Aviv è una città cosmopolita, libera, aperta al mondo, economicamente attiva, produttiva. Esprime a mio avviso la maggior creazione del sionismo. Quando Herzl pensava allo Stato ebraico, pensava a qualcosa di simile. Poi ci sono Gerusalemme e gli abitanti di Giudea-Samaria che hanno un visione molto dura dell’ebraismo. Oltre che religiosa, la loro concezione è nazionalista; ignora i diritti delle minoranze: Religione e Nazione vengono, per loro, prima della Democrazia. Oggi abbiamo una sorta di status quo, piuttosto fragile, che non dobbiamo dare per scontato. Se un giorno Tel Aviv non esisterà più, andremo in una direzione pericolosa.
Che senso ha parlare di un nuovo Tempio nell’Israele del 2015?
Ritengo sia un’idea fondamentalista. Negli ultimi Duemila anni l’ebraismo ha cercato di trovare surrogati al Tempio e ai suoi riti. Quello che l’ebraismo ha poi dato al mondo è anche una conseguenza della assenza di un Tempio. Ricostruire un Tempio significa andare verso un ebraismo diverso. Invece che una religione di larghi orizzonti e umanistica, avremmo un’altra religione più impregnata di nazionalismo, di chiusura al mondo. Ed oggi in Israele l’influenza delle correnti estremistiche sta crescendo.
A quali conclusioni dovrebbe giungere il tuo lettore israeliano?
Che dobbiamo essere molto vigili. Che già in passato abbiamo perso la sovranità ebraica nella Terra d’Israele. E dobbiamo impedire che ciò si ripeta. Twitter: @aldbaq