Maim besasson? Possibili scenari di guerre dell’acqua

Israele

In queste settimane in cui il caldo torrido si alterna ai nubifragi, in cui la siccità e le inondazioni sono le due facce dello stesso evento, lo stravolgimento climatico, il problema è chiaro: il pianeta diventa sempre più arido e le sue risorse sempre più inadeguate a rispondere al bisogno d’acqua di una popolazione in crescita che ha sempre più sete. E le tensioni per impossessarsi di questa risorsa fondamentale per la vita umana si vanno facendo sempre più pericolose. Un rapporto di MEMRI (Middle East Media Research Institute) dell’inizio di giugno individua nella carenza idrica nell’area del Vicino e Medio Oriente una potenziale causa di conflitti.

Come il petrolio, l’acqua è un bene strategico di cui vi è un surplus in alcuni paesi e un deficit in altri. Il Canada per esempio controlla il 2,5% del totale mondiale di acqua dolce (l’equivalente delle riserve della Cina che ha una popolazione 40 volte superiore). Non è un’ipotesi fantascientifica quella che prevede la vendita e il trasporto verso zone più assetate di grandi quantità d’acqua in eccesso, eventualmente sotto qualche forma di controllo internazionale, tanto più che a differenza del petrolio il trasporto dell’acqua via mare o via terra non presenta problemi di inquinamento.

Nelle zone più assetate, uno dei problemi sta nell’esaurimento delle acque sorgive: infatti per far fronte alla domanda che cresce continuamente, le falde freatiche, che in molti paesi costituiscono la fonte idrica principale, vengono sfruttate ben al di là del naturale tasso di ricostituzione delle riserve naturali. Inoltre una qualità d’acqua degradata riduce la disponibilità d’acqua dolce per uso domestico e agricolo e aumenta il costo del trattamento (dissalazione), del riciclaggio, dello stoccaggio e del disinquinamento. Con conseguenti danni per la salute, mortalità infantile, malattie trasmissibili, accresciuta salinità dei terreni coltivati e riduzione del pescato. E questo incide drammaticamente sull’economia (PIL) di non pochi paesi.

Il problema della mancanza d’acqua per alimentazione o irrigazione interessa molte parti del mondo: l’ultima è l’Australia a dover affrontare il pericolo di nuove zone di siccità. E’ in Medio Oriente tuttavia che la situazione diventa pericolosa. In Medio Oriente sono state individuate tre aree di potenziali conflitti, aree che corrispondono ai bacini fluviali di quei quattro grandi corsi d’acqua che hanno avuto importanza fin dall’antichità: il bacino del Nilo, quello del Tigri e dell’Eufrate e il bacino del Giordano. La loro conformazione e il loro percorso sono molto diversi l’uno dall’altro e i problemi che sollevano richiedono soluzioni e approcci differenti. Se vogliamo tralasciare le prime due aree, peraltro oggetto di controversie e aspri contrasti internazionali dato che molti sono i paesi attraversati da questi fiumi e molti in conflitto fra loro, esaminiamo la situazione geopolitica del bacino del Giordano.

Il fiume attraversa quattro Stati, due dei quali, Giordania e Israele, hanno firmato un trattato di pace che prevede fra gli altri punti la regolamentazione dell’uso del bacino fluviale e del suo affluente, lo Yarmuk; mentre con gli altri due paesi, Siria e Libano, vige uno stato di guerra. Dei paesi vicini solo la Giordania può rivendicare un minore potenziale idrico.

Un Allegato particolare del trattato di pace giordano-israeliano (1994) tratta specificamente la questione dell’assegnazione dell’acqua del Giordano e dello Yarmuk. Nel paragrafo dell’Allegato II°, sotto il titolo “Qualità e protezione dell’acqua”, si legge: “Giordania e Israele, nell’ambito delle loro competenze, debbono provvedere a proteggere le acque comuni del Giordano e del suo affluente, così come l’acqua freatica Araba/Arava, da ogni inquinamento, contaminazione, danno o prelievo non autorizzato delle reciproche assegnazioni”. Altre misure dello stesso Allegato prevedono un monitoraggio congiunto della qualità dell’acqua nonché il divieto di smaltimento delle acque civili e industriali negli alvei dei due fiumi “se prima non sono state trattate fino al raggiungimento di standard tali che ne permettano il libero uso agricolo.” In effetti il Giordano viene inquinato da acque di scarico non trattate, specialmente in quel tratto di 60 miglia a valle del Lago di Tiberiade fino al Mar Morto. Con la conseguente quasi completa distruzione dell’ecosistema che richiederà decenni prima di venir ricostituito.

Per quanto riguarda la situazione dei palestinesi, la limitata superficie della regione ha portato a un diffusa scarsità di risorse di acqua dolce, e conseguentemente a un ricorso sempre più massiccio ad acque freatiche come fonte principale per vari usi. Secondo un rapporto del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite, nei territori palestinesi occupati si verifica il massimo livello di scarsità d’acqua, dovuto sia a fattori geografici sia alla situazione politica. Il rapporto stima che i palestinesi che colà risiedono hanno accesso a 320 metri cubi d’acqua all’anno, che è tra i più bassi livelli del mondo e ben al di sotto della soglia di assoluta mancanza, mentre gli israeliani ne dispongono di più di sette volte tanto. E questo ha anche a che vedere con lo stile di vita urbano e il livello di benessere economico.

Pertanto sarà indispensabile che ogni futuro accordo fra israeliani e palestinesi affronti questo problema. Nel rapporto delle Nazioni Unite si raccomanda di ispirarsi alle linee del trattato di pace fra Israele e Giordania: trattato secondo cui la Giordania è autorizzata a stoccare le acque invernali nel Lago di Tiberiade, e contemporaneamente a Israele è concesso lo sfruttamento, su base affittuaria, di un certo numero di pozzi in Giordania per fini agricoli.

‘La grande sete’, titolano i giornali, ‘L’oro blu’, forse in tono un po’ frivolo. Mentre l’acqua rimane uno dei problemi mediorientali più imprevedibili e di più difficile soluzione, nonché fonte di potenziali gravi conflitti. L’acqua è la chiave della guerra o della pace: i confini si possono ridisegnare, i profughi risistemare, anche l’agricoltura può essere ottimizzata, ma l’acqua resterà sempre un bene indispensabile per le necessità primarie dell’uomo.