di Pietro Baragiola
Sono passati quattro giorni da quando i miliziani di Hamas hanno varcato i confini di Israele in quello che è stato dichiarato l’assalto più coordinato e letale nella storia del Paese.
Ad oggi, 11 ottobre, il numero degli israeliani uccisi negli attacchi ha superato i 1.200. Tra questi vi sono i 40 bambini decapitati nel kibbutz Kfar Aza e le 260 vittime del Nature Party, il festival tenutosi nel deserto del Negev, sul confine con la striscia di Gaza.
Il numero delle vittime comprende anche i 40 poliziotti e 170 soldati che hanno perso la vita negli scontri armati. Al momento sono oltre 2.800 i feriti degli attacchi.
L’emittente pubblica israeliana Kan sta aprendo in queste ore un nuovo canale in cui elencherà i nomi delle vittime, come solitamente avviene durante la Giornata della Memoria.
Sono 130 gli israeliani rapiti e portati oltre la Striscia di Gaza e la dolorosa incertezza sulla loro sorte ha lasciato i familiari in un limbo terrificante.
Il destino dei rapiti
“Devo piangere perché sono già morti o dovrei essere felice perché sono stati catturati e forse sono ancora vivi?” ha chiesto, disperato, Ahal Besorai dopo aver scoperto che sua sorella, il marito di lei e i due figli adolescenti sono stati rapiti dai miliziani di Hamas.
Il ministro degli Esteri Eli Cohen ha dichiarato che il governo è fortemente impegnato a riportare a casa gli ostaggi e ha lanciato un avvertimento: “Questo crimine di guerra non verrà perdonato”.
In risposta, Hamas ha preteso il rilascio di tutti i prigionieri palestinesi contenuti nelle carceri israeliane in cambio dei 130 israeliani rapiti. Il gruppo israeliano per i Diritti Umani B’Tselem ha spiegato che il numero di questi detenuti supera i 4.500, la cui maggioranza è stata arrestata per reati legati al terrorismo, e questo complica ulteriormente la trattativa.
Purtroppo, nonostante la Striscia di Gaza sia minuscola e soggetta a costante sorveglianza aerea, terrestre e navale da parte delle forze israeliane, il suo territorio rimane in qualche modo oscuro alle agenzie di intelligence del Paese, rendendo difficile la localizzazione degli ostaggi.
I numerosi attacchi missilistici che Israele sta lanciando su Gaza in questi giorni alimentano le paure delle famiglie dei rapiti, consapevoli che queste azioni potrebbero causare la morte dei loro cari. Nelle ultime ore, infatti, il portavoce delle brigate militari di Hamas, Abu Obaida, ha dichiarato che “ad ogni incursione su civili innocenti, risponderemo giustiziando uno dei prigionieri nelle nostre mani e saremo costretti a trasmettere questa esecuzione”.
Molti genitori e parenti dei rapiti si sono sentiti abbandonati dal governo israeliano, avendo scoperto che i loro familiari erano stati catturati solo attraverso i primi video condivisi online dai terroristi di Hamas ma da allora non hanno più notizie.
“È un incubo. Ho solo bisogno di sapere se sono vivi” ha spiegato Yosi Shnaider, preoccupato per la sorte dei suoi familiari, rapiti dal kibbutz Nir Oz insieme alla zia affetta dal morbo di Parkinson.
Dei 130 ostaggi, 100 sono ora nelle mani di Hamas mentre 30 sono tenuti prigionieri dalla Jihad islamica ma, secondo il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, con più di 350 israeliani dispersi il numero dei rapiti potrebbe aumentare ulteriormente.
Secondo gli ultimi aggiornamenti, tra coloro che mancano all’appello ci sarebbe anche una coppia di italo-israeliani, Eviatar Moshe Kipnis e Liliach Lea Havron, che vivevano in un kibbutz a Be’eri, non lontano dal confine. Nonostante nel kibbutz siano stati trovati 108 morti, dei due italiani non si hanno ancora notizie. “Non sono rintracciabili e non rispondono all’appello. Stiamo cercando di verificare, in contatto con le autorità di Gerusalemme, cosa sia successo loro” ha confermato il ministro degli Esteri Antonio Tajani ad un’intervista con il Tg1.
L’Italia non è stata l’unico Paese al di fuori da Israele a riportare delle vittime negli attacchi di Hamas, rendendo questa una situazione d’emergenza globale.
Una crisi globale
Dopo i primi attacchi di Hamas, i governi di tutto il mondo si sono affrettati a rintracciare i propri cittadini presenti sul territorio israeliano ma, nonostante molti siano stati individuati e messi in salvo, alcuni risultano dispersi. A complicare la situazione è stato anche il blocco dei voli in partenza da Israele da parte di diverse compagnie aeree (Virgin Atlantic, Lufthansa, Emirates, Delta Air Lines e Air France), forzando numerosi governi ad usare i veicoli militari per espatriare i propri connazionali.
Secondo le ultime informazioni la Thailandia con 18 morti, 8 feriti e 11 ostaggi detiene il triste primato dei morti stranieri causati dalla furia di Hamas, mentre tra i paesi europei la Francia è quello più colpito con 8 morti e 20 dispersi. Si registrano numeri elevati anche negli Stati Uniti con 11 vittime e in Nepal con 10 mentre l’Argentina ha confermato la morte di 7 cittadini e la scomparsa di altri 15.
In Regno Unito il ministro degli Esteri James Cleverly ha dichiarato che “un numero significativo di israeliani britannici è caduto vittima delle atrocità terroristiche”. Tra questi, il Paese piange la morte del soldato dell’esercito israeliano Nathaniel Young e dello scozzese Bernard Cowan.
Per la Germania si contano diversi cittadini tedeschi con doppia cittadinanza tra gli ostaggi. Ciononostante il Ministero degli Esteri tedesco non ha ancora commentato la tragica scomparsa di Shani Louk, il cui corpo martoriato è stato esposto in trionfo nei video dei terroristi di Hamas.
I restanti governi riportano i seguenti dati:
Russia: 4 morti;
Ucraina: 2 morti;
Perù: 2 morti e 3 dispersi;
Cambogia: 1 morto;
Canada: 1 morto e 3 dispersi;
Brasile: 1 morto ma non ha ancora confermato se fosse tra i 3 dispersi annunciati il giorno prima;
Messico: 2 dispersi;
Filippine: 5 dispersi;
Austria: 3 dispersi;
Paraguay: 2 dispersi;
Colombia: 2 dispersi;
Tanzania: 2 dispersi;
Irlanda: 1 disperso;
Cile: 1 disperso.
“Mai nella storia di Israele ci sono state tante vittime per un singolo assalto” ha affermato un portavoce dell’IDF (Forze di Difesa Israeliane) che ha definito la giornata di sabato “di gran lunga il giorno peggiore nella storia del Paese”.
Foto: courtesy Times of Israel