di Davide Foa
In un video apparso qualche giorno fa, si vede chiaramente il momento in cui un terrorista palestinese accoltella alle spalle una signora anziana, di ottant’anni, Rachel Eisenkott.
Datosi alla fuga, l’uomo viene prontamente inseguito da decine di persone che pur di fermarlo, scavalcano letteralmente la signora Eisenkott accasciata al suolo sanguinante. Qualcuno si ferma, bontà sua, da un’occhiata alla vittima e dopo poco riprende a correre, all’inseguimento del terrorista.
Anche Sagit Bracha Eisenkott, nipote di Rachel, ha visto il video:“Cosa siamo diventati? Le persone corrono verso il terrorista, scavalcano mia nonna con un salto, e per almeno un minuto e mezzo nessuno si ferma ad aiutarla.”
Commentando l’episodio, accaduto martedì 3 novembre a Rishon Lezion, la nipote della vittima afferma: “ciò dice qualcosa della nostra società”. Una società che da mesi ormai è costretta a respirare un clima drammatico, dove paura, diffidenza e volontà di vendetta, “scavalcano” i più basilari sentimenti di umanità e democrazia; tale andamento è ben riscontrabile nei risultati del sondaggio condotto da “Peace Index” nell’ottobre scorso.
Stando all’esito dell’inchiesta, pubblicato su Ynet, la maggioranza degli ebrei israeliani si schiera a favore dell’uccisione dei terroristi palestinesi sul luogo della cattura.
Questa l’affermazione con cui il 53% degli intervistati si è trovato d’accordo: “qualsiasi palestinese che abbia compiuto un attacco terroristico contro ebrei dovrebbe essere ucciso sul luogo, anche nel caso in cui sia stato fermato e non rappresenti più una minaccia.”
Un responso che evidentemente mostra tutta la drammaticità del clima di violenza che si respira in Israele, dove sentimenti democratici e di giustizia non sembrano in grado di contrastare la potenza devastante della paura.
Il sondaggio rivela inoltre un apprezzamento da parte della popolazione per l’operato dall’IDF, mentre solo il 39% degli intervistati riconosce al governo la capacità di saper gestire la situazione.